Silvia Cattori: In occasione di uno scrutinio che è stato considerato dagli osservatori internazionali come libero e sincero, i Palestinesi hanno votato per Hamas. Ciononostante il risultato non è stato accettato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, che si rifiutano sempre ancora di riconoscere la legittimità del nuovo governo. Peggio ancora, l’Unione europea ha subordinato il proseguimento degli aiuti finanziari alla sua eliminazione. Si è così visto per la prima volta nella storia un popolo in stato di occupazione essere colpito da sanzioni internazionali per aver scelto coloro che lo difendono. Come volete superare questo ostacolo ed evitare ad una popolazione già molto provata dall’occupazione nuove sofferenze?

Naser Shaer: C’è un malinteso. Un incredibile malinteso da parte dell’Occidente nei confronti nostri e del nostro governo. Devo ricordare che i due terzi dei ministri e dei deputati che hanno accettato di lavorare con il governo di Hamas non sono membri di Hamas. Questo nuovo governo è formato da tecnici, da professori, da uomini e donne istruiti, diplomati presso università occidentali, specializzati in ambiti diversi.

Silvia Cattori: Lei a quale partito politico appartiene?

Naser Shaer: Non ho mai fatto politica e non appartengo a nessun partito.

Silvia Cattori: I Palestinesi che incontro giorno per giorno non capiscono la punizione che infliggono loro questi paesi che parlano sempre dei diritti dell’uomo e danno così poca importanza ai crimini che commette Israele. Non vi converrebbe formare un nuovo governo per uscire da questo dilemma?

Naser Shaer: Dopo aver vinto le elezioni Hamas aveva tre possibilità per formare un nuovo governo. La prima consisteva nel formare un governo costituito unicamente da membri di Hamas. La seconda nel formare un governo con tutti i partiti. La terza nel formare un governo composto in parte da membri di Hamas e in parte da persone non appartenenti a Hamas. Hamas ha agito in modo prammatico. La scelta è avvenuta in base alle competenze delle persone e non alla loro appartenenza o no a Hamas. Nel governo abbiamo dei cristiani. Il ministro della pianificazione, per esempio, prima aveva lavorato in questo ambito, dimostrando reali competenze. Per ciò che mi concerne, come ministro dell’educazione ho quindici anni di esperienza in questo ambito. Ciò significa che questo governo, che a torto è stato chiamato islamico, è formato da una maggioranza di tecnici e specialisti altamente qualificati.

Silvia Cattori: Allorquando Israele nel giugno 2006 ha sequestrato qui in Cisgiordania la metà del vostro governo, ossia otto ministri e quindici deputati, il vostro nome non era sulle loro liste?

Naser Shaer: Hanno voluto arrestarmi, ma la sera della razzia non ero a casa. È per questo che sono costretto a prendere delle precauzioni per sfuggire ad un arresto da parte loro. Vede, ho spento il mio telefono. Non dormo mai nello stesso luogo, cambio posto ogni notte. Spero che ora la situazione diventi più facile di queste ultime settimane.

Silvia Cattori: L’esercito può comparire da un momento all’altro?

Naser Shaer: Sì, è possibile. È per questo che non resto più di alcuni minuti allo stesso posto e tra poco dovrò partire.

Silvia Cattori: È possibile governare in queste condizioni?

Naser Shaer: È molto difficile. Ciononostante continuiamo il nostro lavoro. I nostri impiegati al ministero continuano a lavorare. Quando il governo Hamas è stato costituito non abbiamo proceduto a nessun cambiamento di personale.

Silvia Cattori: Non ci sono state reticenze da parte di quelli che, fedeli al governo precedente, non hanno accettato l’arrivo di Hamas?

Naser Shaer: Prima dell’arresto di una parte del governo tra i Palestinesi esistevano delle tensioni. Abbiamo fatto del nostro meglio per porre fine ai dissensi. Lavoriamo insieme, siamo uniti, ci aiutiamo a vicenda. Siamo contenti che ora non ci siano dei problemi seri, anche se esiste qualche disaccordo su questo o quel punto. Ma in generale c’è l’accordo, siamo pronti a lavorare e a spartire il potere con il presidente Abou Mazen. Si tratta di formare un nuovo governo. Ma non prima che i nostri ministri e deputati imprigionati da Israele siano liberati.

Silvia Cattori: Lei sembra molto ottimista...

Naser Shaer: Sì, ottimista.

Silvia Cattori: Con le loro azioni Israele, gli Stati Uniti e l’Unione europea non hanno nascosto di voler far cadere Hamas. Attendono che il popolo, una volta sopraffatto da una crescente disperazione, finisca per rivoltarsi contro di voi. Può riuscire la loro strategia?

Naser Shaer: Hanno già fallito. Non sono riusciti a far cambiare d’opinione il popolo. Ragione per cui in questi ultimi giorni hanno permesso il versamento di alcune decine di milioni di dollari da una banca egiziana. Per noi ciò significa che si trovano in una situazione moralmente inaccettabile e che devono trovare un modo per mettere fine a queste sanzioni.

Silvia Cattori: Come capire che l’Unione europea sia arrivata ad allinearsi sulla posizione di Israele e degli Stati Uniti e a paragonare il governo palestinese ad una entità terrorista?

Naser Shaer: A causa della propaganda israeliana che in occidente è molto determinante. E forse anche perché l’Unione europea e gli Stati Uniti non vogliono ascoltare la nostra voce, non vogliono saperne delle nostre sofferenze. Come lei sa, la maggior parte di noi ha studiato e vissuto cinque, dieci, quindici anni in America e in Europa. Conosciamo la cultura occidentale. Io stesso ho studiato all’università di Manchester. Dopo aver ottenuto la laurea mi sono recato all’università di New York. Conosciamo tutto l’occidente. I problemi non concernono le nostre persone, la nostra cultura, la nostra religione. Il problema è che Israele non vuole che il governo Hamas abbia successo. È perciò che Israele non cessa di dire al mondo che non ha interlocutori palestinesi con i quali parlare. Per prima cosa ci tengo a precisare che il nostro governo non chiude la porta, ognuno è benvenuto. Siamo aperti, siamo pronti ad entrare in contatto con tutti i governi e con i loro rappresentanti. Teniamo la porta aperta, siamo pronti ad intraprendere relazioni con ogni governo in tutto il mondo. In secondo luogo quando la gente, al di fuori, pensa che noi, dopo sei mesi di questo regime di sanzioni, siamo destinati a fallire, può invece costatare che il nostro popolo è sempre con noi, al nostro fianco, nonostante che non ci siano né soldi, né salari e che la vita quotidiana peggiori. Può andare nelle strade e chiedere alla gente cosa pensa. Vi diranno che ci vogliono bene, che è necessario andare avanti in modo dignitoso e assumere una posizione onorevole. Mi creda, se dei soldati israeliano dovessero venire improvvisamente con l’intenzione di arrestarmi, vedrebbe subito gente accorrere per avvertirmi di lasciare questo posto. Entro un minuto sarei lontano da qui, al sicuro.

Silvia Cattori: Vuole dire che la maggioranza della gente qui non si distanziano da Hamas, anche se l’Occidente persiste nella sua politica di repressione?

Naser Shaer: Sì. E perché? Perché sanno che questo governo, che l’Occidente condanna, lavora nell’interesse di tutti i palestinesi e non nell’interesse di questo o di quel gruppo. Per loro è chiaro che le autorità che hanno eletto vogliono il loro bene, vogliono riuscire, vogliono fare tutto per diminuire le loro difficoltà e affrontare l’occupazione. È per questo che la gente ci vuole bene. È per questo che questo governo non fallirà. È per questo che i governi occidentali cercano di dividerci e di fare pressioni ricattandoci con il denaro.

Silvia Cattori: Il problema è che il 27 dicembre 2001 il Consiglio dei ministri dell’Unione europea ha iscritto l’Hamas –le brigate Izz al-Din al Qassem - sulla lista delle organizzazioni terroristiche; il sei settembre 2003, rispondendo alla volontà di Israele e degli Stati Uniti, hanno messo sulla lista Hamas stesso. Se non c’è speranza che questi ultimi riconsiderino la loro posizione, pensa che l’Unione europea finirà almeno essa, a rivedere la sua?

Naser Shaer: È il mio augurio. I Palestinesi hanno bisogno di sostegno in numerosi ambiti ed il ministero dell’educazione che dirigo è terribilmente colpito da questa situazione. L’educazione è d’importanza vitale per la nostra gioventù brutalizzata dall’occupazione e non possiamo abbandonarla a se stessa, per così dire nel vuoto.

Silvia Cattori: Ci sono Stati, come ad esempio la Svizzera, che non hanno messo il movimento Hamas sulla lista dei «terroristi». Non sono perciò legati a sanzioni. Possono in parte colmare questo vuoto?

Naser Shaer: Sì, lo possono; tutti gli Stati sono benvenuti. Siamo pronti ad accoglierli.

Tradotto dal francese da "Discorso libero" (Edizione italiana di
Zeit-Fragen)