Attentato contro Rafik Hariri, Beirut, 14 Febbraio 2005

Silvia Cattori: Come giornalista indipendente, si è trovato a dover indagare, da
solo, sull’ omicidio dell’ ex primo ministro libanese Rafik Hariri, mentre era in
corso un’ inchiesta da parte della commissione ONU, che disponeva di enormi mezzi.
E’ stata dura per lei?

Jürgen Cain Külbel: A cosa serve una squadra di investigatori altamente qualificati,
un’ organizzazione praticamente perfetta sotto l’ aspetto logistico, forense e dei
mezzi messi a disposizione per supportare le ispezioni, se, durante l’ esame del
crimine tutti i più elementari principi della conduzione di un’ inchiesta vengono
deliberatamente infranti? Durante le indagini su un crimine commesso da sconosciuti,
gli investigatori seguono, solitamente, scenari diversi, per poter trovare delle
piste che li portino a scoprire i colpevoli. Nel caso dell’ omicidio di Hariri, le
indagini avrebbero dovuto essere attivate in diverse direzioni, fin dall’ inizio: il
Mossad, la CIA, i partners finanziari (di Hariri) e i libanesi in esilio. Questo non
è mai successo. Così, io mi sono messo a seguire una di quelle piste "trascurate" e,
secondo me, importanti. E’ così che ho cominciato a lavorare sul caso Hariri.

Silvia Cattori: Come è arrivato alla decisione di affrontare un argomento così
impegnativo?

Jürgen Cain Külbel: Sarò franco. Dopo l’ omicidio ho avuto una strano presentimento:
sentivo che il fatto che gli investigatori dell’ ONU seguissero , e ancora seguono,
pervicacemente solo la pista siriana, rappresentasse una battuta d’ arresto, un
ostacolo per le indagini, ma, soprattutto, sentivo che era stato un atto criminale
premeditato, proprio come l’ atto intenzionale, criminale e fino ad’ oggi impunito,
compiuto dagli americani e dai loro lacchè - criminali dai colletti bianchi
appartenenti ai più alti livelli della politica - di fabbricare le finte "prove" che
poi hanno portato alla legittimazione dell’ attacco all’ Iraq - contrario ai
principi del diritto internazionale - nella primavera del 2003. Penso che in
entrambi i casi, fin dall’ inizio, qualcuno abbia cercato di sviare le indagini.
Qualcuno che, sebbene ritenga di rappresentare le Nazioni Unite e di essere un
moderno messaggero della democrazia, sta lavorando, in realtà, allo scopo di rendere
schiavo e dipendente il resto dell’ umanità.
Per rispondere, in fine, alla sua domanda sul caso Hariri le dirò che proprio
quella commissione "con enormi mezzi a disposizione" a me è sembrata proprio uno
strumento di quell’ inganno, usato per confondere le carte anche in questo caso
specifico. Un crimine compiuto all’ interno dell’ indagine criminale stessa. E’
proprio questo che, anche in questo momento, mi fa rabbirvidire.

Silvia Cattori: E’ riuscito a svolgere la sua indagine sul posto?

Jürgen Cain Külbel: Si, ma parlerò di questo in un altro libro. Mi lasci
sottolineare la quantità di prove materiali raccolte dalla commissione ONU. A questo
punto viene da chiedersi se l’ elemento giuridico abbia (ancora) un qualche valore o
no. Cosa ne è stato di questo materiale durante la guerra dello scorso luglio in
Libano? Cos’è che il belga Serge Brammertz ha portato con sé a Cipro, due giorni
dopo l’ inizio delle ostilità, in fuga dalle bombe israeliane?
Così tante mani portebbero averne compromessa l’ integrità durante il bombardamento.
Non è più possibile ricostruirlo. Non è serio.
Un’ altra cosa imperdonabile è l’ aver dimenticato la relazione tra l’ impudente
John Bolton, il rappresentante USA all’ ONU, e Serge Brammertz! Bolton, che un tempo
aveva dichiarato di volere il clone di Mehlis come successore e lo ha poi trovato in
Brammertz, è stato, ad oggi, estremamente compiaciuto della performance del belga. A
questo punto dovremmo sentire un campanello d’ allarme, perchè Bolton, uno dei
peggiori criminali di guerra viventi, è uno che ha avuto un ruolo molto importante
nel manipolare e falsificare le prove a sostegno della guerra in Iraq.
Inoltre, come si può leggere in tutti gli articoli scritti fin’ ora sull’ argomento,
la coomissione ONU non è riuscita a dimostrare di aver trovato niente che potesse
risultare utile alla cattura dei colpevoli. Mehlis ha commesso uno sbaglio enorme,
l’ anno scorso, nell’ ignorare chiarissimi avvertimenti e, supportato dagli USA e
dalle Nazioni Unite, ha pensato di poter mettere in ginocchio Damasco, per gli
interessi di Bush e dei suoi compagni. Il suo "lavoro" , ad esempio gli strani
interrogatori dei testimoni, starebbe bene in una discarica di rifiuti della
criminologia oppure come esempio di "cosa non fare", da insegnare nei seminari dei
futuri avvocati o criminologi.

Silvia Cattori: Considerando gli aspetti più rilevanti della questione, a quali
conclusioni è arrivato? E in che modo le sue conclusioni si contrappongono a quelle
di Mehlis?

Jürgen Cain Külbel: Di solito, le mie conclusioni non hanno niente a che vedere con
quelle di Mehlis. E’ un peccato che il mio libro "The Hariri Murder Case (Il caso
dell’ omicidio Hariri)" non sia stato pubblicato in altre lingue, oltre che in
tedesco ed arabo, perchè continuano a farmi questa domanda continuamente. Con il
mio lavoro non ho mai avuto neanche l’ intenzione di di confutare le due relazioni
di Mehlis. Volevo, invece, mettere in luce l’ assurdità delle indagini della
commissione ONU, che, in termini di strategia criminologica, ci avevano portato in
un vicolo cieco, dimostrando che c’ era un’ altra pista importante in direzione
della quale si dovrebbe investigare, con tutti i mezzi possibili. In genere è
inconcepibile, per investigatori che stiano lavorando onestamente, ignorare in modo
totale tracce come quelle che ho seguito io. Questa ignoranza ci fa dedurre che il
lavoro della commissione si sia svolto a senso unico, sia stato, per così dire,
parziale. In normali circostanze, questo sarebbe come veleno, per un’ indagine
oggettiva, ma risulta invece essere un elisir di lunga vita per i devoti
"investigatori capo" che stanno lavorando solo per favorire gli interessi politici
dei loro datori di lavoro. In ogni caso, questo è un qualcosa che i signori
interessati - chiaramente dei burattini, che si fanno trascinare dalla corrente e
tengono la bocca ben chiusa - servi del sistema, devono domandare alla propria
coscienza, sempre che ne abbiano una.

Ancora una volta chiedo che vengano interrogati Richard Pearle o Daniel Pipes, un
uomo che sta già scontando una condanna (almeno qui in Germania) per istigazione
all’ odio, o Abdelnour, o Naijar o Kahl o altri che ho citato nel mio libro. Tutti
quanti con un bell’ assortimento di scheletri nell’ armadio e Hariri nella loro
lista di persone da assassinare, fortemente propensi ad un colpo di stato in
Libano etc. etc. Avevano già elaborato dei piani di assoluta violenza, anche se solo
teorica, nei confronti di Hariri, alcuni lo avevano già ucciso con le parole o lo
avevano continuamente nel mirino. Come mai nessuno di quegli audaci, instancabili
eroi Investigatori Capo, che lavoravano in Libano in condizioni di continuo pericolo
per le loro vite, ha mai provato ad interrogare qualcuno di questi personaggi? A
questo punto, la commissione è diventata una barzelletta, si è indirettamente
prostituita, che lo volesse o no.

I mezzi di informazione rispettabili devono fare pressione sulla commissione ONU.
Non parlo dei dettagli, degli indizi o del contenuto degli interrogatori. E’
necessario mettere in questione l’ obbiettività delle indagini che sono ormai
compromesse, dal momento che la commissione ha chiuso gli occhi davanti ad indizi
molto importanti. I responsabili, compreso il presidente Chirac, possono spandere
cortine fumogene di bei discorsi quanto vogliono.

Silvia Cattori: E’ arrivato alla conclusione che non ci sia la Siria dietro l’
assassinio di Hariri, come ha invece affermato Bush?

Jürgen Cain Külbel: Gli amici di Bush sapevano esattamente cosa avrebbero messo in
moto quando hanno lasciato dire al loro Fuhrer di Washington, mentre il cadavere di
Hariri era ancora caldo, che chi aveva tirato i fili dell’ omicidio se ne stava a
Damasco. L’ eco di ritorno fu immediato, quello dei Drusi e dei Libanesi
anti-siriani. Già nel marzo del 2005, il primo commissario, l’ irlandese Peter
Fitzgerald, cominciò la solita solfa sulla trascuratezza che avrebbero dimostrato
le autorità libanesi nella salvaguardia della scena del crimine e nelle indagini,
un ritornello calcolato, in stile arrogante e colonialista.
Tutto il mondo sapeva che la polizia libanese, i loro servizi segreti, non avevano
personale all’ altezza, non secondo i nostri standard. Non erano all’ altezza gli
esperti, gli specialisti, le attrezzature tecniche, i metodi di indagine giuridica
e, oltre alla logistica, a loro mancava l’ esperienza e la conoscenza
tattico-criminologica per affrontare dei crimini di così enorme rilevanza. Come
avrebbero potuto? I responsabili, dalle parti del Potomac e nei servizi segreti,
che avevano ben confezionato l’ omicidio di Hariri, avevano calcolato con precisione
che se i libanesi avessero condotto le prime indagini , lo avrebbero fatto
sicuramente ed esattamente con la trascuratezza prevista. C’è da dire che quel tipo
di errori e di sciatteria non sono elementi rari nelle indagini della polizia
criminale, in qualsiasi parte del mondo. In questo caso particolare, l’ omicidio di
Hariri, gli "errori e la sciatteria" dovevano essere usati come pretesto per far
convergere i primi sospetti verso la ’cospirazione Libanese-Siriana".

La commedia trovò, all’ inizio, un sostenitore in Robert Fisk, corrispondente dal
Medio Oriente per il The Independent, che dipinse un’ immagine non corretta della
vicenda, ancor prima della pubblicazione del rapporto Fitzgerald sullo stesso
quotidiano inglese, affermando che gli investigatori erano convinti che le prove
fossero state insabbiate dai "livelli più alti" dei servizi segreti e che il
rapporto della commissione ONU sarebbe stato "devastante". Fisk non citò alcuna
fonte, però predisse che il presidente George W. Bush avrebbe presto dichiarato che
"funzionari siriani, e forse anche libanesi, dei servizi segreti dell’ esercito"
erano coinvolti nell’ omicidio. A quel tempo, la Casa Bianca lo negò, il che
sembrerebbe un atteggiamento piuttosto ipocrita.

Silvia Cattori: Ma perchè Hariri è stato ucciso?

Jürgen Cain Külbel: Si può solo cercare di dedurlo. Nell’ ambito della
restaurazione globale delle relazioni pre-esistenti, esistenti cioè prima che il
mondo venisse diviso tra comunisti e capitalisti, e spinti dagli interessi
geo-strategici ed economici del capitale, gli esponenti delle forme occidentali di
potere, definite erroneamente democrazie, stanno, adesso, cercando di arrivare ad
una versione a buon mercato del colpo di stato, la "rivoluzione democratica", con la
quale cercano di abbattere i governi a loro sfvavorevoli.

Nel 2003, quando gli imperatori dal’ altra parte dell’ Atlantico dichiararono guerra
all’ Iraq, insieme ai loro paladini anglosassoni, i criminali di guerra non
tardarono a notare di essersi allargati un po’ troppo:
non c’ era stata nessuna pacificazione irachena e neanche l’ effetto domino sperato,
che avrebbe dovuto liquidare il pan-arabismo, facendo crollare contemporaneamente
le altre autocrazie e dittature, evento che avrebbe portato poi alla balcanizzazione
di un’ Arabia che sarebbe stata più facilmente controllabile, sfruttabile e che
avrebbe permesso ad Israele una maggiore egemonia .

Il giovane Bush, esasperato, frugò nella gabbietta delle cavie dei potenziali
quadri politici, scelse la gelida afroamericana Condoleeza Rice e la nominò
Segretario di Stato. Da allora la Rice appoggia e finanzia "movimenti di resistenza"
apertamente ed in segreto (proprio come il profittatore-di-guerra e vice presidente
Dick Cheney o Donald Rumsfeld, comandante supremo delle forze del terrore
statunitensi e servo delle grandi compagnie petrolifere) negli ex stati dell’ Unione
Sovietica nel Medio Oriente, per forzare cambiamenti di regime favorevoli agli USA.
Il finanziamento arriva anche in regioni situate in prossimità strategica di
oleodotti esistenti o programmati.

L’ aiuto, sia economico che logistico, proviene anche dalla Freedom House,
presieduta dall’ ex direttore della CIA James Woolsey, dall’ Agenzia Statunitense
per lo Sviluppo Internazionale (USAID), dall’ Open Society Institute di George
Soros, uno dei più ricchi parassiti esistenti, dal National Endowment for Democracy
(NED) ed anche dal governo di Tony Blair.

Dall’ arrivo della Rice, gli spettatori di tutto il mondo, si sono potuti divertire
assistendo a rivoluzioni lampo di tutti i tipi, rivoluzioni "democratiche" alla
frutta e verdura: quella Arancione in Ucraina, quella di Velluto in Georgia, quella
dei Tulipani in Kirghisistan e, nella primavera del 2005, quella dei Cedri,
scatenata, in Libano, dopo l’ omicidio del primo ministro Rafik Hariri. Questa fu
condotta lancia in resta dal re druso Walid Jumblat, lui stesso un assassino
durante la guerra civile libanese.

Silvia Cattori: Ma Hariri non era prossimo alla fine del suo mandato?

Jürgen Cain Külbel: Ma che importanza vuole che abbia? Una figura di primo piano
della vita pubblica e politica doveva essere fatta fuori per attirare l’ attenzione
del pubblico, per rinfocolare la rabbia nell’ anima dei libanesi. Un Hariri morto,
un Signore del Libano, che guidava la nazione come fosse stata sua proprietà
privata e personale, massacrato per poter scatenare la Rivoluzione dei Cedri,
termine tirato fuori dal magazzino dei neocons.

Silvia Cattori: Ha avuto qualche contatto con la commissione di Mehlis, durante le
indagini?

Jürgen Cain Külbel: Mi sembrava una cosa sensa senso perchè io seguivo degli indizi
completamente diversi. Quando ti sei trovato ad esaminare centinaia di files e
fascicoli, ad aver letto le migliaia di pagine che erano passate dalle mani dei
tedeschi (Mehlis) , hai l’ impressione che la Giustizia stessa abbia volgia di
strapparsi la benda dagli occhi e spaccarti il cranio con la bilancia. E allora uno
non si aspetta di sapere niente di nuovo con un semplice contatto. Nonostante tutto,
però, una volta, e su un punto in particolare, ho cercato di contattare Mehlis.
Riguardava i ’jammer’ (apparecchiature per effettuare contromisure di guerra
elettronica, ndt.) che erano stati installati nel convoglio di macchine in cui
viaggiava Hariri e che erano, secondo fonti anonime, costruite in Israele. Allora
lui si appellò al suo dovere alla segretezza e inoltrò la mia richiesta a Brammertz.
Appena la versione tedesca del "Caso dell’ omicidio Hariri" venne lanciata sul
mercato, però, lui infranse sorprendentemente il suo "giuramento sulla segretezza.
Non ho idea se questo fu fatto in accordo con Brammertz o se fu una sua iniziativa
personale. Comunicò al giornale libanese "Daily Star" il 21 aprile 2006: "Alcune
affermazioni fatte nel libro, come quella secondo la quale il sistema di jammer
usato da Hariri era prodotto da una azienda israeliana, sono assolutamente false e
semplicemente ridicole. Alcuni membri della commissione ONU ed io, abbiamo esaminato
la faccenda ed è risultato che il sistema usato da Hariri era importato da un paese
dell’ Europa Occidentale." Ma ’ importato’ non significa affatto ’prodotto’. Questo
ci riporta alla questione fondamentale alla quale Gil Israeli, un ex membro dei
servizi segreti e capo della compagnia israeliana produttrice dei jammers, non ha
mai risposto: "Sta dicendo che non può escludere la possibilità che Hariri avrebbe
potuto ottenere un jammer, prodotto dalla sua compagnia, per altre strade?"
Forse tramite un’ azienda fantoccio in Europa, che avrebbe potuto in "certi casi" e
per "clienti speciali" aggirare le severe regole di esportazione emanate dal
Ministero della Difesa israeliano.

Sia quel che sia, il giorno dopo la dichiarazione di Mehlis, gli scrissi
chiedendogli di rispondermi in merito a questa discrepanza, per amor di chiarezza e
precisione nell’ occasione della traduzione araba del mio libro. A questo punto,
però, lui era già ripiombato nel suo sonno catatonico, come la Bella Addormentata
nel bosco. Non ho mai ricevuto una sua risposta.

Silvia Cattori: Nell’ insieme, però, se non ci fossero stati testimoni che hanno poi
ritrattato le loro accuse, Bush avrebbe avuto il pretesto necessario per mettere
immediatamente in atto il suo progetto di destabilizzazione della Siria?

Jürgen Cain Külbel: Sicuramente. Dopo il Libano, Bush aveva senz’ altro in mente l’
effetto domino e pensava che anche la Siria sarebbe stata una preda facile. L’ uomo
adatto, una specie di Chalabi siriano, era già in attesa: il "leader dell’
opposizione siriana" , il pro-satunitense Farid Ghadry. Lui, nato ad Aleppo, uomo d’
affari e poi presidente del Partito Riformista della Siria (RPS) fondato velocemente
dopo l’ 11 settembre, è un totale sconosciuto per i Siriani. All’ età di otto anni
lui e la sua famiglia immigrarono in Libano, poi negli Stati Uniti, dove ha
studiato Economia e Commercio, ha lavorato per l’ industria bellica ed è diventato
ricco. Dopo l’ 11 settembre 2001 si rese conto che era arrivato il momento di
aiutare la sua patria lontana con "sia economicamente che politicamente, per
ottenere democrazia, prosperità e libertà". Per questo motivo entrò a far parte del
"Comitato USA per il Pericolo Immediato", con membri come Newt Gingrich e l’ ex boss
della CIA James Woolsey. Sotto l’ influenza degli eventi in Libano, Ghadry scrisse
in un’ articolo nel febbraio del 2005:... "La democrazia (in Siria) rimarrà un ’
illusione fintanto che il governo statunitense non sarà disponibile a sostenere
pubblicamente ed a finanziare decentemente le riforme. Un incontro alla Casa Bianca
con un leader siriano democratico potrebbe essere un segnale chiaro per Damasco, un
segnale che i cambiamenti sono in vista".

Alla fine di marzo le sue preghiere erano state già esaudite da Elizabeth Cheney,
figlia del vicepresidente, e dalla persona responsabile nel Dipartimento di Stato,
per gli affari del Vicino Oriente. Insieme al Segretario della Difesa Donald
Rumsfeld, lei dette immediatamente vita al "Progetto di Partnership col Medio
Oriente" (MEPI), che dietro la maschera delle "riforme economiche, politiche e dell’
istruzione" elargiva moneta sonante alle forze di opposizione del mondo arabo. Solo
nel 2003, sono transitati 100 milioni di dollari. La 36enne di ferro organizzò un
incontro "informale" a Washington, al quale partecipò Farid Ghadry, con la sua
"Opposizione siriana". La cricca di Ghadry, tutti dissidenti residenti negli USA e
riunitia sotto l’ ombrello dell’ organizzazione "Syrian Democratic Coalition" (SDC),
ebbe uno scambio di idee con funzionari dell’ ufficio della vicepresidenza, del
Pentagono e del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, su come "indebolire il regime
di Damasco" e su come "dimostrare la condotta criminale di funzionari siriani". Dopo
l’ incontro, Ghadry, che aveva fatto pressione perchè il presidente USA intervenisse
personalmente presso Damasco, tirò le somme di quanto discusso dichiarando che il
richiamo della democrazia in Siria "era preso molto seriamente ai livelli più alti
dell’ amministrazione BUsh". Lui avrebbe "lavorato fianco a fianco con l’
amministrazione USA e con la Comunità Europea" per far sì che "l’ oppressivo regime
baathista in Siria" potesse essere rovesciato. Comunque, Ghadry, che stava
collaborando strettamente con Abdelnour, scomparve dalla scena dopo aver mentito
al Parlamento Europeo e fu espulso dal suo stesso partito per "dubbia condotta".

Tutti pensavano che ormai fosse fuori dal gioco e invece eccolo che riappariva. Tra
il 16 e il 18 giugno del 2006, si è svolto a Beaver Creek (Colorado) il Forum
mondiale del neoconservatore American Enterprise Institute (AEI). Come è risaputo, è
proprio lì che sarebbe stato pianificato un attacco aereo da parte degli USA e
Israele. Inoltre, Cheney avrebbe concesso all’ ex primo ministro israeliano,
Benjamin Netanyahu, presente all’ incontro, il benestare per l’ ultima guerra di
aggressione al Libano. Tra i 64 partecipanti alla conferenza dell’ AEI, il
Segretario della Difesa Rumsfeld ed altri membri dell’ amministrazione Bush. Durante
questa conferenza Cheney incontrò anche Fardi Ghadry. Sicuramente non un buon
segnale.

Silvia Cattori: Che ruolo ha sostenuto Saad Hariri, figlio di Rafik, nello sviluppo
delle indagini? Non stava forse dalla parte di quei libanesi che avevano costretto
membri dei servizi segreti ad incolpare la Siria?

Jürgen Cain Külbel: Le dirò solo questo: Sulemain Franijeh, un pezzo grosso del
partito libanese Marada, spiegò durante un’ intervista televisiva all’ inzio dello
scorso luglio, che quando era stato Segretario degli Interni, aveva subìto pressioni
affinché dichiarasse che la bomba che aveva ucciso Hariri era stata piazzata
sottoterra, in modo che la sua famiglia potesse ottenere il risarcimento dall’
assicurazione. Il figlio di Hariri lo denunciò per diffamazione.

Silvia Cattori: Che ruolo hanno avuto i socialisti Walid Jumblat e Marwan Hamadeh?

Jürgen Cain Külbel: Non voglio parlare di Jumblat, non sono uno psichiatra. Che
Hamadeh abbia pensato alla possibilità di poter essere una cavia per l’ omicidio
di Hariri? Non era la vittima adatta per provocare quel tipo di dissenso pubblico
da incanalare poi in una certa direzione. Ma almeno per Tel Aviv rappresentava una
persona vivente sacrificabile. Da Ministro dell’ Immigrazione aveva dichiarato, dopo
che Elie Hobeika era rimasto vittima di un autobomba : "Appare chiaro che Israele
non vuole testimoni nello storico processo che si sta svolgendo in Belgio, processo
che vedrà Ariel Sharon sicuramente condannato per i massacri nei campi profughi
palestinesi di Sabra e Chatila. Abbiamo già sofferto a causa dei crimini di Sharon
a Beirut e lo stesso sta succedendo in Palestina, per sua stessa mano." parole
forti contro Israele. Anche Hamadeh fu coinvolto nell’ esplosione di un’ autobomba,
il 1 ottobre 2004, a Beirut. Lui è sopravvissuto, ma il suo autista rimase ucciso.

Silvia Cattori: Cosa mi dice dei generali che sono stati arrestati come risultato
dell’ inchiesta di Mehlis?

Jürgen Cain Külbel: Dove sono le organizzazioni per i diritti umani? Brammertz ha
omesso nel suo rapporto la conclusione di Mehlis secondo la quale l’ assassinio di
Hariri non sarebbe mai potuto accadere senza che agenti di alto profilo dei servizi
segreti siriani e libanesi ne fossero a conoscenza. Mentre Mehlis tirava fuori dal
suo cappello magico una prova dopo l’ altra, Brammertz metteva in mostra un insolito
atteggiamento riservato e ci vendvae per nuovo quello che in realtà sappiamo già da
un pezzo. Parla di una "azione terroristica altamente complessa" e dice che chi vi
ha preso parte ha agito in modo "estremamente professionale" e che il crimine "era
stato progettato con ampi margini di successo e fu portato a termine dimostrando un
altissimo livello di autosiciplina, sia individuale che collettiva". "Almeno alcuni
dei partecipanti dovevano avere avuto esperienza di atti terroristici".

Jumblat ci rassicurò dicendo che le cose stavano andando come al solito: "Brammertz
segue la scia di Mehlis. Il fatto che il rapporto (...) veda una connessione tra
tutte le esplosioni che si sono verificate prima e dopo l’ assassinio di Hariri è
una chiara accusa al regime siriano (...) che governava il Libano al tempo dell’
omicidio, una "condanna silenziosa del regime siriano" per così dire, perchè,
secondo Jumblat, "Brammertz sta conducendo l’ inchiesta in modo molto
professionale". Il futuro ci dirà quello che si sta preparando dietro le scene.
Comunque, Brammertz non aveva sollevato alcuna obiezione alla successiva detenzione
dei quattro alti funzionari dei servizi segreti libanesi, presi in custodia l’
estate dello scorso anno su suggerimento di Mehlis, nonostante le prove
circostanziali nei confronti di questi quattro signori siano cadute miseramente e
totalmente nel mese di dicembre. Il Libano, invece, sta preparando un tribunale
insieme all’ ONU. Sarebbe un po’ ingenuo credere che Brammertz avrebbe potuto dare
un’ impronta personale all’ inchiesta, o anche solamente andare in una direzione
favorevole alla Siria. Ci pensa l’ "asse dei servizi segreti" europei da sola a
fare in modo che questo non avvenga: Carla Del Ponte, Pubblico Ministero contro
Milosevic, suggerisce, nella primavera del 2005, che il suo amico del cuore Detlev
Mehlis, venga promosso alla carica di capo delle indagini. Lui, in cambio, nel
dicembre 2005, raccomanda il suo amico Serge Brammertz, come suo successore.
Sicuramente uno che non avrebbe sputato nel piatto dove mangiava.
Rimane comunque sempre da chiedersi se il rappresentante siriano Mohammed Habash,
che si era rallegrato del rapporto Brammertz, avesse poi avuto ragione nel sostenere
che portava "brutte notizie ai nemici della Siria". Le iene si sono gettate sull’
esecutore materiale dei disegni di Bush e non hanno intenzione di mollarlo. Naji
Boustani, uno degli avvocati difensori, mi ha detto: "Per mesi, ogni 10 giorni, mi
sono rivolto puntualmente al giudice istruttore, che aveva seguito il consiglio di
Mehlis di sbattere i quattro in pirgione. Il nostro sistema legale non prevede che
ci si possa opporre agli ordini emanati dal giudice istruttore. E anche Mehlis lo
sapeva. Una volta che sei in galera ci rimani, fino a quando il giudice istruttore
lo ritenga opportuno."

Silvia Cattori: Secondo lei, cosa c’è dietro al suicidio del Ministro degli Interni
siriano?

Jürgen Cain Külbel: Un ricatto, sembrerebbe. Gli USA, nell’ estate del 2005,
avevano congelato i conti di Ghazi Kanaan. Hanno detto a mezza voce che era stato
coinvolto in faccende illegali, in Libano. Un tempo Kanaan aveva forti legami con
Hariri, anche di tipo finanziario. I mezzi di informazione libanesi non solo lo
avevano sottoposto ad una pressione crescente dopo l’ avventura con gli americani,
ma lo avvevano addirittura definito "un corrotto signore della droga". Poi ci fu l’
interrogatorio di Mehlis. Mettiamola così: uno viene e, senza dire una parola mette
sul tavolo dei documenti in base ai quali tu avresti ripetutamente preso soldi alla
vittima e poi scompare di nuovo e non si fa più vedere. Non voglio dire di più,
preferisco far parlare Walid Jumblat, il camaleonte politico del Libano, quando, per
un attimo, si dimenticò di mentire: "Se il suo orgoglio fosse stato ferito a causa
della prossima pubblicazione del rapporto ONU sull’ assassinio di Hariri, allora
quello (il suicidio) sarebbe stato un atto coraggioso di un uomo coraggioso."

Silvia Cattori: Mehlis fu presto accusato di non possedere le capacità professionali
per condurre un’ inchiesta così delicata e di essersi avvalso di fonti israeliane e
di politici libanesi corrotti. Può confermarlo?

Jürgen Cain Külbel: In Germania c’è chi pretende di conoscere Mehlis ed i suoi
metodi di lavoro e dichiara che lui è tecnicamente incompetente, oltre che, ad
essere grossolani, un po’ tonto. Questa era anche l’ opinione generale a livello
internazionale, nel 2005. Io non ho quell’ impressione. Secondo me, Mehlis, proprio
come certi criminali che nel delinquere ripetutamente finiscono per lasciare ’la
firma ed essere identificabili, ha sviluppato un suo stile accusatorio che, come un
filo rosso, si snoda lungo il percorso del suo operato, identificandolo. Che questo
stile non si adatti perefettamente a quelle che sono le nostre idee di giustizia e
moralità è un’ altra storia. A me piace paragonarlo ad un atleta di grande livello e
altamente specializzato. Lo "specialista" Mehlis possiede, evidentemente, delle
caratteristiche tali, o "qualità di prestazione", che gli rendono facile il
fabbricare "esecutori materiali" su commissione: uno gli descrive come dovrebbe
essere il colpevole ideale e lui glielo fabbrica. Questo risponde alla seconda
parte della sua domanda, perchè è stato chiaramente obbligato ad utilizzare
elementi corrotti come quelli ai quali lei ha fatto riferimento.

Vorrei dire però una cosa su Israele: Ibrahim Gambari, Sottosegretario Generale
degli Affari Politici all’ ONU, ha dichiarato, verso la fine dell’ agosto 2005, che
Mehlis aveva creato "una buon rapporto di lavoro con Israele e la Giordania", ma non
con la Siria. Una cosa assurda, considerata la rete di collegamenti del Mossad
scoperta quest’ anno in Libano e che ha, per anni, organizzato attentati con
autobombe, assassinii e terrore. Ma nessuno, all’ ONU, ne ha tenuto conto,
relativamente al caso Hariri. E allora dovremmo chiederci a cosa serva mai questo
insieme di cose e persone che hanno il quartier generale a New York...

Silvia Cattori: Considerato tutto questo, potremmo allora arrivare alla conclusione
che la commissione d’ inchiesta affidata a Mehlis non è stata altro che uno
strumento nella mani dei neocons che volevano fare in modo che l’ omicidio venisse
attribuito alla Siria?

Jürgen Cain Külbel: Ma certamente! Prendiamo Brammertz, per esempio, l’ avvocato
senza scrupoli di John Bolton. Anche se i belgi hanno, fino ad’ ora, evitato di
accusare Damasco dell’ omicidio, come invece sarebbe piaciuto a quelli di
Washington, ed hanno sottolineato che "la cooperazione futura dei siriani è decisiva
per l’ inchiesta", Bolton, notoriamente grossolano, ha tradotto il tutto così:
"Brammertz lo ha detto chiaramente, anche se in modo diplomatico, che la Siria non
sta cooperando in maniera soddisfacente". Il che significa che si deve "aumentare la
pressione sui siriani", possibilmente con "una nuova risoluzione del Consiglio di
Sicurezza dell’ ONU".

Ad una prima occhiata sembrerebbe che i belgi stiano cercando di andare oltre la
trascuratezza e le manipolazioni di Mehlis. Quindici mesi dopo l’omicidio, lui crede
adesso che Hariri sia stato ucciso da un’ esplosione provocata sia sottoterra che in
superficie. Questo è ciò che i testimoni avevano già dichiarato. Mehlis aveva
rifiutato di prendere in considerazione queste testimonianze perchè mal si
adattavano alla sua fabbricazione di una cospirazione da addossare alla Siria. Lui
era più favorevole alla bomba in superficie, provocata da una Mitsubishi Cancer
caricata con 1000 kg di esplosivo. Attribuì il gesto ai Siriani e poi tirò fuori
una bottiglia di un cocktail che lui chiamò "testimoni". Brammertz non parla più
di questi "testimoni", ovviamente perchè avevano reso la loro "testimonianza" sotto
minaccia di tortura o dietro corruzione. Però, non si è del tutto sbarazzato del
materiale dilettantistico dell’ investigatore tedesco perchè, a causa di una
testimonianza sospetta, i quattro Libanesi ex funzionari dei servizi segreti, di
cui prima, accusati da Mehlis di collaborazione con i servizi segreti siriani,
succede che siano ancora in isolamento.

Questi quattro uomini se la stanno passando male perchè Bolton sa che "noncurante
delle apparenti differenze, Brammertz sta basando le sue indagini sulle conclusioni
del suo predecessore. E’ chiaro cheandrà nella stessa direzione." Brammertz vorrebbe
essere lui stesso a capo del tribunale, a Cipro, nel 2007, e sarà quindi onere
suo, e dei suoi giudici, valutare le "dichiarazioni" di quei "testimoni d’ accusa",
che Mehlis aveva creato. Il tedesco ha fatto il lavoro sporco, facendo un sacco di
rumore e la stampa, gli ha assegnato, oltre a vari commenti malevoli, anche la
Medaglia D’ Onore della Germania. Poi si è fatto rispettosamente da parte, insieme
al suo ruolo di "poliziotto cattivo", ed ha lasciato che il suo amico Brammertz
prendesse il suo posto, nel ruolo, però, di quello "buono": un gioco di ruolo degno
di un romanzetto da quattro soldi, ma molto gradito ai neocons.

Silvia Cattori: Mehlis lavorava, come è stato detto, in centri di ricerca dei
servizi segreti negli Stati Uniti?

Jürgen Cain Külbel: Durante il caso "La Belle", nel 1996, lui si trovava là, in
effetti, per qualche motivo.
Non credo per andare a sciare ad Aspen, in Colorado, con membri della CIA. Mehlis
è, ovviamente, uno strumento dei servizi segreti. Senza di loro non potrebbe
intrallazzare in aree così delicate, da lavoro sporco. Questo è poco ma sicuro. Lei
crede che i grandi poteri siano così sciocchi da perdere tempo con investigatori
"onesti", spinti da un sincero e semplice bisogno di verità?

Ma ritorniamo ai suoi collegamenti con i servizi segreti israeliani. Mehli iniziò a
"lavorare" con l’ UNIIIC (la commissione Hariri) nel maggio 2005. Poche settimane
dopo, il 20 luglio, il quotidiano francese Le Figaro gli chiese: "Perchè ha chiesto
aiuto ad Israele ed alla Giordania?" Mehlis rispose: "E’ risaputo che Israele
possiede un ottimo apparato di sicurezza, in particolar modo sotto l’ aspetto
tecnologico. Abbiamo chiesto loro di darci dei dati relativi all’ omicidio. Ci hanno
dato delle informazioni interessanti".

In seguito, nel suo primo rapporto del 19 ottobre 2005, scrisse nelal prefazione, al
paragrafo 19: "...esprimo rammarico per il fatto che nessun Stato Membro abbia
ritenuto opportuno consegnare tali informazioni alla Commissione". Mehlis non dice
la verità. Perfino la stampa israeliana aveva scritto di incontri tra agenti dei
servizi israeliani ed il suo team, in Europa.

Naturalmente nessuno di loro considera l’ idea di indagare sulla possibilità che
potesse essere proprio il Mossad a tirare i fili dell’ omicidio di Hariri. Non fa
parte del programma stilato dai loro datori di lavoro. Dovevano soddisfare una sola
richiesta: mettere la Siria alla gogna. Sono i classici robot, vittime ed artefici
del sistema: uno si adatta, per poter sopravvivere, alle menti perverse e contorte
dietro le maschere pulite, puttane del sistema, che, come mi piace spesso dire,
disponibili ad ogni tipo di nefandezza. Heinrich Mann, uno scrittore tedesco,
fratello del famoso Thomas Mann, aveva già descritto questo tipo di essere umano nel
1914 in maniera del tutto impeccabile, nel romanzo "Der Untertan". Oggi, questa
definizione non si applica più solo ai tedeschi.

Silvia Cattori: Pensa che Serge Brammertz sia migliore?

Jürgen Cain Külbel: Brammertz ha ovviamente preso in giro il mondo intero con i
suoi "rapporti tecnici", sia il primo che il secondo. E’ stato detto che nelle
ultime settimane avesse ’rispolverato’ uno dei pirncipali testimoni di Mehlis,
Mohammad Zuheir Siddiq.

Il 9 settembre scorso Siddiq ha dichiarato ad Al Arabiyya che "il presidente siriano
Bashar Assad e la controparte libanese Emile Lahoud, hanno dato ordini di eliminare
l’ ex primo ministro Rafik Hariri", aggiungendo poi che "alcuni degli assassini sono
attualmente in prigione, gli altri sono in Siria". Il riferimento è ai quattro ex
agenti della sicurezza che sono stati detenuti per oltre un anno sulla base di una
"dichiarazione" e su raccomandazione di Mehlis. Sono l’ ex capo della General
Security, il Gen. di brigata Jamil Sayyed, l’ ex dirigente dei servizi segreti
dell’ esercito, Gen. Raymond Azar, l’ ex capo del Corpo di Guardia presidenziale,
Gen. di brigata Mustafa Hamdan e l’ ex dirigente delle Forze di sicurezza degli
Interni, Ali Haij. Il giornale tedesco Der Spiegel ha già rivelato, il 22 ottobre
2005, che Siddiq era in realtà una persona di dubbia credibilità, con trascorsi
criminali, un truffatore. Il presunto ex funzionario dei servizi segreti siriani era
già stato detenuto più di una volta per illeciti penali relativi all’
appropriazione indebita di somme di denaro. Il giornale riportò che la commissione
d’ inchiesta dell’ ONU era assolutamente consapevole che quelle raccontate da Siddiq
fossero bugie belle e buone. Prima aveva dichiarato di aver lasciato Beirut un mese
prima dell’ assalto omicida a Hariri, poi aveva dovuto ammettere, alla fine del
settembre 2005, il suo coinvolgimento diretto nella realizzazione del crimine.

Siddiq dichiarò a Mehlis di aver messo il proprio appartamento di Beirut a completa
disposizione dei cospiratori, tra i quali i funzionari dei servizi segreti siriani
detenuti. In quanto a lui stesso, ha dichiarato di aver raccolto informazioni dai
servizi segreti siriani su alcuni campi profughi palestinesi in Libano. Alcune
settimane prima, però, il governo siriano aveva inviato una documentazione su Siddiq
a vari governi occidentali, nella speranza di impedire a Mehlis di cadere nella
trappola di questo famoso impostore.
Poi, è risultato abbastanza ovvio che Siddiq avesse ricevuto un compenso per la sua
deposizione, considerato che i suoi complici avevano rivelato di aver ricevuto una
telefonata , da Parigi, verso la fine dell’ estate, con la quale Siddiq annunciava:
"Sono diventato milionario!" Ulteriori dubbi sulla credibilità di quest’ uomo sono
stati poi rinvigoriti dalla rivelazione che Siddiq sarebbe stato raccomandato a
Mehlis dal rinnegato siriano di lungo corso Rifaat al-Assad, uno zio del presidente
siriano che più di una volta si era offerto come "presidente sostituto della Siria".

Il Libano emise un mandato di cattura nei confronti di Siddiq, il quale venne poi
inserito nella lista dei sospetti dal capo indagini dell’ ONU, ma le autorità
francesi rifiutarono l’ estradizione, per il motivo che in Libano è ancora in
vigore la pena capitale.

Nessuno dei quattro funzionari è stato accusato formalmente dalla magistratura e
nessuno di loro ha avuto un confronto con Siddiq, come è previsto dalla legge.

Il 9 settembre 2006 Siddiq ha ribadito le sue accuse da Parigi: "Ho visto preparare
la macchina (sospettata di contenere l’ esplosivo) nel campo di addestramento dei
servizi segreti siriani a Zabadani, nella Bekaa. Ho consegnato nelle mani dell’ ex
capo delle indagini ONU documenti e foto inequivocabili, di cui ho ancora i
negativi. Ed ho ancora molto da raccontare."

Questa volta Siddiq dichiarò: "i servizi segreti siriani avevano cercato di
corrompermi per convincermi a tornare in Siria, mi hanno offerto forti somme di
denaro e la fama di eroe". Tutto questo se avesse revocato le accuse fatte. Afferma
di essere in possesso di una "cassetta registrata di un alto funzionario siriano"
mentre gli chiedeva, il mese scorso, di accusare i leader delle’ Forze del 14
marzo’ di aver cercato di convincerlo ad accusare la Siria dell’ assassinio di
Hariri.

Normalmente, magistrati e pubblici ministeri sani di mente sono coscienti del fatto
che una testimonianza del genere potesse presentare dei problemi e si chiederebbero:
"chi ha avuto interesse a creare questo super testimone?" Ma sono sicuro che non si
faranno domande del genere e che a Brammertz, tutto sommato, Siddiq vada a genio.

Silvia Cattori: Non trova disturbante il fatto che Kofi Annan abbia assegnato ad
una persona del genere un incarico così delicato?

Jürgen Cain Külbel: Kofi Annan è la terza persona di colore al mondo che non vorrei
trovare sulla mia strada, subito dopo O.J. Simpson e Condoleeza Rice.

Silvia Cattori: E’ un fatto del tutto casuale che Carla del Ponte, il procuratore
che riveste lo stesso ruolo di Mehlis nel TPI (il tribunale che Jacques Verges
considera un’ istituzione illegale), abbia raccomandato proprio Mehlis per questa
inchiesta?

Jürgen Cain Külbel: Sono tutti della stessa pasta. Carla del Ponte, o Carlita "la
peste", ha raccomandato Mehlis e Mehlis a sua volta ha raccomandato il suo amico
Brammertz come successore.

Silvia Cattori: Ma Mehlis non aveva già fatto abbastanza scandalo per aver concluso
che la Libia era da ritenere responsabile per l’ attentato alla discoteca "La Belle"
di Berlino, nel 1986? Fu in seguito a questa accusa che gli Stati Uniti
bombardarono Tripoli e Bengasi ed isolarono la LIbia.

Jürgen Cain Külbel: Si, Mehlis ha condotto l’ inchiesta "La Belle". Una nota a
margine: piuttosto curioso che ad indicare la Libia come mandante dell’ attentato
fu proprio il bersaglio stesso, il proprietario della discoteca della Berlino
occidentale "La Belle". Discoteca frequentata per lo più da militari americani,
dove una giovane donna turca e due militari furono fatti a pezzi e circa duecento
persone rimasero ferite, alcune delle quali gravemente, a causa dell’ esplosione. Il
6 aprile 1966, il giorno dopo l’ attacco, lui dichiarò: "Ultimamente si sente
parlare talmente tanto di atti terroristici e di Gheddafi che ne sarebbe l’
organizzatore, e io temevo che un giorno o l’ altro la mia discoteca sarebbe
potuta diventare un bersaglio". Fino a che punto quest’ uomo fosse coinvolto nel
commercio di droga o nel traffico di armi, come alcuni hanno testimoniato, e
potesse perciò rappresentare la pedina ideale per certi servizi, nessuno cercò mai
di scoprirlo.

E’ tutta una faccenda di imbrogli, di intrighi ed illegalità, accuratamente tessuta
da servi borghesi che devono confezionare accuse a vantaggio dei loro datori di
lavoro. Ne parlerò ampiamente nel mio prossimo libro, ho fatto molte ricerche, molto
dettagliate.

Silvia Cattori: Nel caso "La Belle" hanno avuto una parte decisiva anche alcuni
messaggi radio inviati dal Mossad per inchiodare la Libia. Come hanno considerato
questo "materiale" che difficilmente può essere definito una "prova", Mehlis e gli
altri investigatori?

Jürgen Cain Külbel: Immediatamente dopo l’ attacco, il presidente USA di allora,
Ronald Reagan, non ha avuto dubbi che dietro l’ attentato ci fosse proprio il
presidente libico Gheddafi. Un messaggio radio, intercettato dall’ Agenzia di
servizi segreti statunitensi NSA, inviato presumibilmente dall’ Ufficio del Popolo
della Libia (l’ ambasciata) a Berlino, capitale della Germania Est, doveva servire
da prova. Diceva: "Alle 1:30 del mattino è stata portata a termine con esito
positivo l’ operazione. Non è stata lasciata alcuna traccia. L’ ufficio del Popolo,
Berlino."

Durante il processo per i fatti di Lockerbie, l’ ex colonnello dei servizi segreti
israeliani Victor Ostrovsky, aveva testimoniato sotto giuramento che le Forze
Speciali avevano, allora, installato un cavallo di Troia a Tripoli: un
trasmetttitore che inviava messaggi falsi sull’ esito dell’ esplosione della bomba
di Berlino. Secondo Ostrovsky il messaggio intercettato era stato confezionato dal
Mossad.

Silvia Cattori: Cosa sa lei di questi presunti messaggi radio?

Jürgen Cain Külbel: Beh, Mehlis si era consultato con l’ "Agenzia Federale dei
Servizi Segreti" tedesca (BND) a Pullach, vicino Monaco. Mehlis sapeva dei messaggi
ed aveva insistito per averli come prove.
Poi, il 4 ottobre 1996, si tenne una riunione tra Mehlis e gli impiegati del
dipartimento "Acquisizioni Tecniche" della BDN, durante il quale gli venne promesso
che la sua richiesta sarebbe stata accolta. Un po’ di giorni dopo, l’ 8 ottobre
1996, lui ricevette una lettera dalla BND contenente il testo dei messaggi radio
sospetti.

Per essere precisi, si parla di cinque presunti telex, presumibilmente scambiati tra
Tripoli e l’ Ufficio del Popolo della Libia, a Berlino Est, nel periodo tra il 25
marzo ed il 5 aprile 1986. La BDN era entrata in possesso di queste informazioni,
per dirla elegantemente, nel contesto di un certo sopralluogo avvenuto in terra
straniera. I Servizi hanno spiegato che i messaggi erano stati trovati, in forma
codificata, grazie a certi "servizi amici", con molta probabilità americani, ed
erano stati recapitati alla BND. Questo servizio desiderava rimanere segreto e disse
alla BND che in condizioni di anonimato avrebbero autorizzato la consegna di quei
rapporti intercettati all’ ufficio del pubblico ministero e del tribunale.

Due anni dopo, il 6 ottobre 1998, quando la BND consegnò le testimonianze ufficiali
al tribunale, questo sottolineò che il materiale ottenuto con questo tipo di
procedura poteva essere stato oggetto di manipolazioni, nonostante la BND non avesse
avuto alcun riscontro in merito.

I servizi segreti tedeschi dichiararono di aver prima decodificato e poi tradotto i
testi dall’ arabo al tedesco. Ed è a questo punto che la faccenda si fa scottante.
I servizi avrebbero addossato al tribunale la colpa del fatto che la BND non fosse
più in possesso della versione originale in codice e dei testi originali in arabo.
Circostanze ambedue insolite, secondo i signori di Pullach, l’ Ufficio Centrale dei
servizi segreti in Germania, perchè, di regola, la procedura da seguire in questi
casi, prevede che una volta che il messaggio sia stato decodificato e tradotto, la
versione venga sostitutita all’ "originale" e lo rimpiazzi.

Evidentemente questi messaggi radio, per quanto possano essere stati il parto della
fertile mente del Mossad, come Ostrovsky ha testimoniato sotto giuramento, sono
riusciti ad entrare, per vie poco trasparenti, nelle aule dei tribunali tedeschi.

Certo, questo è un intrigo di infimo livello e così spudorato che chiunque abbia un
minimo di sale in testa
troverà incredibile che si siano potute fare delle manipolazioni del genere.

Silvia Cattori: Considerato quindi che Mehlis aveva già insabbiato un’ azione del
Mossad, a Berlino, possiamo giungere alla conclusione che lui sia l’ uomo di Israele
e degli Stati Uniti?

Jürgen Cain Külbel: Per i motivi che lei ha citato, io concordo con gran parte dell’
analisi del politologo londinese Nafeez Nossadeq Ahmed: "Come Pubblico Ministero
nel processo di Berlino, Mehlis ha inavvertitamente, ma sostanzialmente, ignorato l’
evidenza degli interessi statunitensi, israeliani e dei servizi segreti tedeschi
nell’ attacco del 1986, ha attivamente partecipato alla progettazione di fatti e
circostanze politicamente e selettivamente motivati all’ incriminazione dei
sospetti, senza mai avere nessun riscontro concreto di reato, mentre ignorava e
proteggeva un gruppo di indiziati i cui legami con servizi segreti occidentali
erano ben documentati."

Silvia Cattori: Brammertz ha richiesto una proroga di un anno delle indagini.
Secondo lei c’è un motivo particolare?

Jürgen Cain Külbel: Sicuramente. Gli agenti dell’ inquisizione ONU hanno il fiato
grosso. Ad esempio, le prove portate contro i quattro ex agenti dei sevizi segreti
libanesi detenuti, fanno acqua da tutte le parti, nonostante che per i loro clienti,
l’ amministrazione USA, sembrino sufficienti per continuare a tenere la Siria sulla
graticola, almeno per un altro anno. Verrebbe da pensare che Bush abbia qualche
altro progetto di guerra imperiale in serbo per il suo secondo mandato.

Silvia Cattori: Il "movimento 14 marzo" è, secondo lei, finanziato dagli Stati Uniti?

Jürgen Cain Külbel: Si riferisce a quella teppaglia al servizio degli assassini
americani dalla Rivoluzione dei Cedri?

Silvia Cattori: Sono forse utili al progetto di Ziad Abdelnour, l’ uomo che sia Tel
Aviv che Washington stanno pensando di mettere a capo di un regime a loro
favorevole? Nel suo libro lei cita Ziad K. Abdelnour, presidente del "Comitato
Statunitense per la libertà del Libano", come persona che sostiene un ruolo
determinante nella promozione dei programmi dell’ amministrazione Bush!

Jürgen Cain Külbel: Lui è senz’ altro uno dei maggiori colpevoli tra i "colletti
bianchi". Non ha mai tralasciato occasione di fare propaganda, per l’ incriminazione
della Siria e della situazione in Libano. Gli è perfino venuto in mente di imporre
condizioni di tipico capitalismo in Arabia. Ma non credo che portà più mantenere il
suo ruolo, dopo la pubblicazione del mio libro. Comunque, va da sè che gli interessi
economici suoi e dei suoi clienti saranno curati e protetti da un regime fantoccio.
Dopo tutto, è questo il vero scopo di Wall Street. Un paese arabo fuori dai ranghi
rappresenta solamente una perdita finanziaria per gente del suo stampo. Ad esempio,
tra il 5 ed il 7 giugno 2006, nell’ Hotel Madinat Jumeirah di Dubai, negli Emirati
Arabi Uniti, partecipò ad una conferenza sull’ "Investire nel Venture capital"
nella regione araba. Abdelnour parlava in qualità di presidente e amministratore
delegato della Blackhawk Partners, LLC, USA, davanti ad un pubblico di pezzi grossi
delle grandi banche e delle multinazionali europee, statunitensi e del Vicino e
Medio Oriente, oltre che alcuni rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale.

Silvia Cattori: La destabilizzazione del Libano, ha, secondo lei, favorito i
candidati finanziati da Israele e dagli Stati Uniti, come Magi N. Najjar e Chalabi
Jr?

Jürgen Cain Külbel: Nessun libanese che si rispetti potrebbe sopportare uno come
Najjar, che collabora da tempo con Israele. Neanche un lustrascarpe. Le persone
come lui, così immorali, il tipico servitore di due padroni, possono esistere solo
nella zona grigia che si trova tra la politica ed i servizi segreti ed è proprio là
che giocano al meglio, come i collaboratori di cui prima e quelli che muovono i fili
dietro le quinte.
Il ruolo di questi "strateghi" richiederebbe una maggiore capacità investigativa di
quella che ho messo in campo io. Alla fine di febbraio, Etienen Sakr, leader dei
Guardiani dei Cedri, una milizia progettata per la guerra civile sul modello
fascista, organizzò una delegazione di "dissidenti libanesi in esilio" e di membri
del parlamento britannico per discutere della situazione in Libano ed in Siria.
Najjar, naturalmente, era della partita. Gli esiliati, che in Libano sono passibili
di incriminazione per aver collaborato con Israele durante la guerra civile,
reclamarono il diritto di tornare in patria e di prendere parte al processo politico
per dichiarare guerra al fondamentalismo islamico. Inoltre, hanno criticato Beirut
per non aver disarmato gli Hezbollah. Sakr, condannato a morte in Libano, ha
richiesto l’ esercizio di una pressione maggiore da parte di Londra e Washington
sul governo di Damasco., che rappresenterebbe un’ area di instabilità nella regione
per il suo "appoggio" al terrorismo ed agli Hezbollah. Al Club degli Ufficiali di
Londra, ambedue le parti hanno raggiunto un accordo per tenere d’ occhio la
situazione e coordinarsi con la Francia.

Quasi contemporaneamente, il 17 marzo, per coincidenza, anche quattordici politici
siriani in esilio si incontrarono a Bruxelles e dichiararono che "la Siria ha
bisogno di essere liberata dal regime autocratico che ha indebolito il paese". I
gruppi di opposizione liberali, comunisti, curdi ed il Progetto di fratellanza
Musulmana avrebbero dovuto invalidare la costituzione, installare un governo
provvisorio, organizzare elezioni e quindi risolvere la crisi con un cambio di
regime.

"Una delle sfide più difficili è quella di abbattere il muro della paura", ha
dichiarato Najib Ghadbian del Syrian National Council, un ’ associazione che
riunisce i gruppi di opposizione negli Stati Uniti. Inoltre, Ghadbian, docente all’
Università dell’ Arkansas, è uno dei membri più in vista del "Centro di Studi su
Islam e Democrazia" di Washington (CSID), un’ organizzazione di dissidenti che
cooperano strettamente con l’ USAID di Cheney e della Rice. Si stanno inventando il
"Nuovo Medio Oriente" che tanto piace alla inflessibile Rice.

Silvia Cattori: L’ arresto di alcuni membri del Mossad nel sud del Libano, avvenuto
nel giugno scorso, ha un qualche collegamento con il caso Hariri?

Jürgen Cain Külbel: Il 26 giugno ho scritto una lettera aperta a Kofi Annan e Serge
Brammertz, pubblicata su alcuni quotidiani arabi. Ho scritto loro di non esitare ad
espandere l’ inchiesta sull’ assassinio di Hariri in altre direzioni, verso altri
sospetti, compresi "Israele e Mossad" ed i loro collaboratori. Considerato che i
crimini commessi in paesi stranieri dal Mossad, come il recente caso di Majzoub,
sono stati, senza dubbio alcuno, autorizzati dal primo ministro israeliano, ho
consigliato ad Annan di autorizzare immediatamente l’ UNIIIC, tramite una
risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU se necessario, ad interrogare i
responsabili all’ interno del governo israeliano, a cominciare dal Primo Ministro
Ehud Olmert ed dal capo del Mossad Meir Dagan. Perchè, come hanno dimostrato le
indagini svolte dall’ esercito libanese, Israele è in possesso di una vasta
esperienza e di un sofisticato bagaglio tecnico nella criminale e vigliacca materia
di fabbricazione di autobomba. In più, con Serge Brammertz ed i suoi infaticabili
collaboratori, l’ UNIIIC ha l’ occasione straordinaria di penetrare in una
struttura del terrore operante ai più alti livelli, sia tecnici che logistici ed ha,
di conseguenza, la possibilità (se non altro per avere una comprensione maggiore o
per avere dei termini di comparazione) di trovare delle risposte alle molte
questioni messe sul tavolo dall’ inchiesta, compresa quella di capire con quali
tecnologie sia stato messo in atto l’ omicidio di Harriri.

Silvia Cattori: Tutti gli analisti internazionali dotati di un minimo di
imparzialità sono d’ accordo nel ritenere la Francia responsabile dell’ attuale
situazione disastrosa in Libano, per avere sostenuto la risoluzione 1559 dell’ ONU
fin dal 2004. Lei riesce a capire per quale motivo la Francia si sarebbe messa in
una posizione che la espone ad un rischio enorme nei confronti del mondo arabo?

Jürgen Cain Külbel: Ovviamente la Francia è una dei maggiori responsabili della
catastrofe che ha colpito il Libano dall’ assassinio di Hariri. Jacques Chirac non è
uno che si fa trascinare al rimorchio dalle decisioni e dagli accordi statunitensi
nell’ area del Levante, ha perfino provato energicamente a convincere Bush a dare
mano libera alla Francia nelle aree dove l’ influenza ex colonialista è ipù forte.
Il testo della risoluzione 1559, con la quale si richiedeva un ritiro delle truppe
siriane dal Libano, è stato predisposto da un consigliere dell’ Eliseo, insieme al
Segretario di Stato Condoleeza Rice. Né il Segretario generale dell’ ONU, Kofi
Annan, né il Ministro degli Esteri francese ne furono informati. A giudicare da
quello che è successo dopo, sembra che Chirac, Bush e Sharon siano arrivati ad un
accordo sulla divisione dei ruoli nella cospirazione per far cadere il presidente
siriano Assad e sciogliere il partito Baath.

Silvia Cattori: Pensa che la guerra, in questa regione, sarà lunga? E Israele,
secondo lei, sta combattendo questa guerra per distruggere non solo gli Hezbollah,
ma anche i popoli di questi paesi?

Jürgen Cain Külbel: Al momento presente Israele ha preso come ostaggio la comunità
intera del paese. Le corti reali "democratiche" europee e del resto del mondo,
stanno inviando 15.000 dei loro giovani in Terra Santa, con un "forte mandato" che
dovrebbe provvedere alla loro sicurezza nello stato ebraico. Naturalmente, sarà chi
paga le tasse nei rispettivi paesi a pagare il conto. Quindi, rischi zero e nessuna
spesa per Israele. Per i cadaveri che torneranno a casa, squilli di tromba e 21
salve di cannone. I tesorieri delle corti si dimostrano solitamente generosi in
questo settore, perchè non richiede molto sforzo. Comunque nessuno sa fino a che
punto questo "forte mandato" potrà comprendere il dare una mano alla preparazione di
un attacco israeliano o statunitense all’ Iran. E’ possibile che i caschi blu dell’
ONU si debbano trovare a coprire le retrovie dei paesi arabi orientali nel momento
esatto in cui gli aerei imperiali ed i caccia israeliani attaccheranno Teheran. In
questi ultimi anni gli Stati Uniti hanno ridotto l’ ONU ad una testa rinsecchita,
incapace di agire e pensare, ed ha minacciato di metterla a fuoco lento,
prosciugandone i finanziamenti, se non obbedisce agli imperatori del Potomac. A
questo punto perchè mai gli americani non dovrebbero disporre a loro piacimento
delle forze militari inviate in missione di pace ed usarle per scopi bellici e per
gli interessi della clique di Bush e Cheney?

Silvia Cattori: Il Mossad e la CIA devono considerarla un nemico ormai e suppongo
che tutti i suoi movimenti e contatti siano sottoposti a stretta sorveglianza. Non
ha paura che potrebbero metterla a tacere in modo violento?

Jürgen Cain Külbel: Si, ci ho pensato. Ma anche durante il lavoro di Mehlis la gente
continuava a morire reoglarmente, per incidenti o per depressione. E’ il soggetto
del mio prossimo libro.

Tradotto da Patrizia Messinese per www.peacelink.it