Per Mahmoud Ahmadinejad, gli statunitensi e gli iraniani dovrebbero unirsi contro il sistema di dominio globale incarnato da Washington, Londra e Tel Aviv.

I presidenti di Iran e Stati Uniti sono impegnati in un insolito duello verbale che è stato raccontato in modo frammentato e distorto dai media occidentali. Mahmoud Ahmadinejad ha parlato il pomeriggio del 23 Settembre 2010 alla tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite [1]. Barack Obama gli ha risposto la mattina successiva, al microfono della BBC TV in lingua persiana [2]. Questi due interventi costituiscono un insieme che illustra il cambiamento di strategia di entrambi i lati. Non si tratta più di atteggiarsi a paladini dei due campi opposti, di due visioni del mondo, di confrontarsi, ma di appellare le rispettive popolazioni alla rivoluzione.

Un anno fa, Washington sperava di rovesciare il governo di Ahmadinejad manipolando le folle in una ennesima edizione delle pretese rivoluzioni colorate [3]. L’operazione, condotta durante le elezioni presidenziali del 2009, fallì. Tuttavia, ha contribuito a creare nell’immaginario occidentale, la rappresentazione fantasmagorica che in Iran ci sarebbe una dittatura. Nel Paese, ha avuto l’effetto opposto a quello voluto. Gli elettori dell’opposizione si sono rivelati nettamente sorpresi e indignati per la malafede del loro candidato e della sua volontà di prendere il potere dalla strada, non avendolo ottenuto attraverso le urne. Quanto al vincitore delle elezioni, ha perso il suo gusto per il compromesso e ha deciso di rilanciare la rivoluzione islamica nella sua radicalità. Il divario tra le classi popolari e l’alta borghesia mercantile si è allargato. La CIA e la NED pianificano nuove azioni, ma non si tratta più, nell’immediato, di abbattere il regime, ma solo di destabilizzarlo, per indebolirlo a livello internazionale.

Da parte sua, Teheran non ha mai pianificato di aggredire gli Stati Uniti. Per anni, sono stati considerati come un blocco, una potenza coloniale alleata e successiva all’impero britannico, un grande Satana che protegge i crimini israeliani. Oggi, l’amministrazione Ahmadinejad ha stretto legami con intellettuali e artisti dissidenti. A suo parere, gli statunitensi sono persone di buona volontà che stanno lentamente prendendo coscienza di essere governati da tiranni. Alla fine, sono prevedibili delle rivolte che assumano una forma rivoluzionaria o secessionista. La rivoluzione islamica deve allearsi con i dissidenti di oggi, per combattere con loro il sistema dominante.

È qui che il discorso di Mahmoud Ahmadinejad interviene. In primo luogo, viene contestata la teoria dello scontro di civiltà, avanzata da Bernard Lewis e popolarizzata da Samuel Huntington [4]. Per questi pensatori, lo scontro è inevitabile. Gli occidentali non hanno altra scelta che prepararsi militarmente ad uccidere, piuttosto che essere uccisi. Per il presidente iraniano, questo è assurdo. Nel momento della globalizzazione, lo sviluppo degli scambi commerciali e culturali permette ai popoli di scoprirsi e apprezzarsi a vicenda. Quanto a ebrei, cristiani e musulmani, la loro comune fede in Dio deve indurre a stabilire relazioni armoniose.

Tuttavia, per Ahmadinejad, se lo scontro di civiltà è l’ideologia artificialmente promossa dal movimento sionista per dividere e dominare il mondo, vi è un conflitto che attraversa l’umanità: quella tra i valori materiali del capitalismo e della società dei consumi con i valori spirituali della Rivoluzione come la giustizia e l’eroismo. Detto questo, il nemico non è l’Occidente, ma il materialismo di cui gli occidentali sono portatori e che contamina il resto del mondo.

L’attuale sistema di dominio è una continuazione della schiavitù, del colonialismo e dell’imperialismo. É attuato da un gruppo transnazionale basato principalmente nel Regno Unito, Stati Uniti e Israele, per raggiungere i suoi fini. Data la superiorità militare di questi stati, rispetto a tutti gli altri stati del mondo messi insieme, sarebbe illusorio sperare di sconfiggerli con le armi. Ma sapendo che utilizzano gli inglesi, gli statunitensi e gli israeliani, spesso a loro danno, è possibile allearsi con loro contro questo sistema di dominio. Proprio come Marx prevedeva di unire i proletari di tutti i paesi contro lo sfruttamento capitalista, Ahmadinejad crede che possa unire gli oppressi contro il sionismo. In questa prospettiva, dovrebbero essere intrapresi degli sforzi per mostrare agli statunitensi che anche loro sono vittime di un sistema che credono erroneamente benefico.

Rivolgendosi all’Assemblea Generale, il Presidente Ahmadinejad ha chiesto l’istituzione di una commissione internazionale d’inchiesta sugli attentati dell’11 settembre.
Per gli Stati membri dell’ONU, ha sviluppato l’argomento della competenza. La risposta che è stata data unilateralmente dagli Stati Uniti a questi attacchi, ha messo la regione del Medio Oriente a ferro e fuoco senza risolvere il problema del terrorismo. Per essere efficace, avrebbe dovuto, nove anni fa, creare questa commissione d’inchiesta, analizzarne i risultati in seno all’ONU e definire la strategia internazionale contro il terrorismo. Non è mai troppo tardi per fre del bene, le Nazioni Unite devono riprendere le loro prerogative per sconfiggere il terrorismo e raggiungere la pace.

Per il pubblico statunitense, Ahmadinejad, sulla base di una recente indagine, ha sollevato le tre ipotesi più frequentemente citate. Primo, gli attacchi sono opera di un potente gruppo straniero; secondo, essi sono stati diretti da un gruppo straniero, ma hanno beneficiato della complicità passiva di elementi interni; terzo, essi sono nati da elementi interni.
Contrariamente al discorso dominante, egli non ha menzionato il fatto che Osama Bin Ladin si è presentato come musulmano, ma il fatto che lui e la sua famiglia hanno avuto affari in comune con Bush. Delle informazioni che ho divulgato nell’ottobre 2001, sul principale settimanale politico ispanofono del Nord America, Proceso ed era stato più volte ripreso da parte della deputata al Congresso USA, Cynthia McKiney.
Questa presentazione si propone di ridefinire il dibattito: il problema non è lo scontro tra Islam e Occidente, ma il dominio del mondo da parte di una cabala comprendente Bush e Osama Bin Ladin.

Durante la presentazione, l’Ambasciatore degli Stati Uniti si è alzato ed ha lasciato l’Assemblea Generale. Su sua richiesta, o su suo ordine, gli ambasciatori di diversi paesi alleati hanno fatto lo stesso.

La macchina di propaganda al solito ha cercato di distorcere e ridurre al minimo le osservazioni di Mahmoud Ahmadinejad. I media occidentali hanno cercato di far credere che il presidente iraniano aveva insultato le vittime dell’11 settembre, a New York stesso, sostenendo che gli statunitensi non sono le vittime ma i colpevoli. Basta fare riferimento al testo del discorso per controllare la manipolazione. Tuttavia, in questo documento, Ahmadinejad ha espresso il suo cordoglio per le vittime. E li pone allo stesso livello di centinaia di migliaia di morti, feriti e sfollati dalla guerra al terrorismo. Si applica a considerare che le sofferenze degli uni sono pari alla sofferenza degli altri. Ciò equivale a dire che, ancora una volta, lo scontro di civiltà è una illusione e che siamo tutti vittime dello stesso sistema.

Il Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, che è stato convocato in emergenza, ha deciso che Barack Obama si sarebbe rivolto al più presto agli iraniani, chiamandoli all’insurrezione per dissuadere Teheran dal perseguire la sua offensiva.

Una intervista è stata realizzata attraverso il canale televisivo in Persiano della BBC, che ha un pubblico più vasto, in Iran, che non le reti in persiano degli Stati Uniti. Tecnicamente, questo compito spetta al consigliere aggiunto della National Security responsabile per le comunicazioni strategiche, Ben Rhodes. Si scopre che Rhodes è la persona che ha redatto il rapporto della Commissione presidenziale Kean-Hamilton sull’11 settembre. Come tale, è lui che ha inciso nella pietra la teoria del complotto islamista, con i suoi 19 attentatori suicidi e il suo bin Ladin sardonico, nascosto in una grotta in Afghanistan.
Il presidente Obama viene intervistato da Kalbasi Bahman, un giornalista iraniano che ha dichiarato di aver abbandonato il suo paese nel 2001 per sfuggire alla dittatura, ma che è stato comunque in grado di ritornarvi liberamente per girare documentari.

All’inizio Kabalsi ha chiesto a Obama di commentare le proposte del suo omologo iraniano sull’11 settembre. Rispose: "E’ stato scioccante. E’ stato odioso. E che ha fatto queste dichiarazioni qui a Manhattan, a nord di Ground Zero, dove le famiglie hanno perduto i loro cari... persone di tutte le religioni, di tutte le origini, vedono questi attacchi come la tragedia essenziale di questa generazione. Per lui, che ha fatto tali dichiarazioni è stato imperdonabile."

Gli iraniani avranno ben da rileggere il discorso di Ahmadinejad, non troveranno nulla di offensivo o di odioso. Nessuna provocazione, solo domande legittime. Indipendentemente da ciò, Obama ha proseguito creando una distinzione tra la reazione emotiva degli iraniani all’indomani dell’11 settembre, causato come in tutto il mondo dalla compassione per le vittime, da quello del "regime".

Nel resto dell’intervista, spiega che la politica dell’amministrazione di Ahmadinejad è in un vicolo cieco. Secondo lui, non può portare dei frutti, e che suscita quelle sanzioni che gli iraniani stanno subendo, e di cui ne subiranno le dure conseguenze nella loro vita quotidiana. Sviluppa questa logica in diversi settori e conclude sulla questione palestinese. Ha assicurato, di nuovo, che il radicalismo non sta andando da nessuna parte, e che la pace passa attraverso un compromesso con Israele.

Questa intervista è un avvertimento velato verso Teheran: non vi azzardate a suscitare moti tra la popolazione degli Stati Uniti o lo faremo anche da voi. Basandosi sull’idea che gli iraniani rinnegano una politica per la quale pagano un prezzo pesante, senza ottenere ancora nulla in cambio. Annuncia una nuova operazione di destabilizzazione, in occasione delle riforme economiche. Per evitare il soffocamento, l’Iran sottoposto ad un embargo delle Nazioni Unite e agli embarghi unilaterali, deve abbandonare le sovvenzioni dei prezzi e aprire il suo mercato interno. Questo adattamento brutale non mancherà di creare degli scontenti. Washington intende unirli contro il governo, intorno a Mir Hossein Mousavi.

Tuttavia, questo progetto deve superare diversi ostacoli. In primo luogo, gli scontenti della riforma economica possono dubitare della capacità di Mousavi a rappresentarli. Egli aveva, infatti, difeso il principio di un’economia liberale, in stile Stati Uniti, durante la sua campagna. Pare, quindi, inadatto a opporsi in modo credibile alla liberalizzare del mercato interno. In secondo luogo, l’argomento del prezzo troppo pesante della politica radicale è improbabile che attecchisca in Iran, uno stato rivoluzionario, dove da 32 anni si coltiva l’eroismo. Può anche sembrare offensivo per molti.

Infine, la scelta di dare questa intervista alla BBC in Persiano è imbarazzante. Invitato da Talebzadeh in Segreti, la principale trasmissione politica del paese, in occasione della commemorazione dell’11 settembre, ho sottolineato la necessità di una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite e avevo discusso della partecipazione della BBC nel complotto dell’11 settembre. Ricordando che quel giorno la Torre 7 del World Trade Center, chiamata la Torre dei Salomon Brothers, crollò nel pomeriggio, senza essere stata colpito da un aereo. Per evitare che questo evento portasse le persone a porsi maggiori domande sul crollo delle Twin Towers, i cospiratori avevano imposto una spiegazione immediata. Nel crollo, le Twin Towers avrebbero scosso la terra e indebolito le fondamenta della 7. Per assicurare che questa versione venisse ripresa, i complottatori la diffusero attraverso la BBC, prima dello stesso crollo della Torre 7.

In questo video vediamo il reporter della BBC commentare il crollo, mentre vediamo alle sue spalle un edificio intatto, che non crollerà che 12 minuti dopo. L’emittente pubblica britannica ha condotto una disinformazione mirata. Si noti incidentalmente, che questo implica una responsabilità del Regno Unito, in quanto stato, nella creazione del mito.

In sintesi, il presidente della Repubblica islamica dell’Iran ha detto al mondo in generale, e agli statunitensi in particolare, che i morti dell’11 settembre non sono vittime dell’Islam. Voleva una commissione d’inchiesta internazionale, i cui risultati siano suscettibili di dimostrare che i morti degli Usa, come anche i morti in Medio Oriente, sono vittime del sistema di dominio mondiale. Da parte sua, il presidente degli Stati Uniti ha affrontato gli iraniani su una rete i cui leader hanno partecipato alla disinformazione sull’11 settembre, suggerendo che non si facciano domande su questi attacchi, altrimenti avrebbero sopportato nuove sanzioni.

In definitiva, la vivacità della reazione di Washington rivela la sua debolezza. Se si è scelto di far salire sul pulpito urgentemente Obama, era perché c’era un pericolo. Il 74% degli statunitensi crede che elementi dell’amministrazione abbiano perpetrato, o lasciato fare, l’11 settembre. Eppure non si ribellano contro le autorità che sono responsabili della morte di quasi 3.000 loro concittadini. È che, fino ad oggi, credono che dei fanatici della sicurezza nazionale possono compiere dei crimini contro il popolo, quando lo immaginano utile alla grandezza del paese. Tuttavia, ciò che suggerisce il presidente Mahmoud Ahmadinejad è il contrario, che i cospiratori agivano nell’interesse di un gruppo transnazionale, a scapito degli interessi degli statunitensi, che sono considerati solo come carne da cannone, destinati a morire sui campi di battaglia della regione del Medio Oriente. Questa idea minaccia il sistema di dominaio del mondo, poiché potrebbe risvegliare la coscienza del popolo statunitense, e spingerlo alla rivolta.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

[1«Discours à la 65ème Assemblée générale de l’ONU», Mahmoud Ahmadinejad, Réseau Voltaire, 23 settembre 2010.

[2«Interview with Barack Obama by BBC Persian», Voltaire Network, 24 settembre 2010.

[3«La CIA e il laboratorio iraniano», «Fallisce in Iran la “rivoluzione colorata” »», Thierry Meyssan; « Iran : la balla dell’ « elezione rubata», James Petras, Rete Voltaire, 17, 19 e 24 Giugno, 2009.

[4«La "Guerre des civilisations"», Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 4 giugno 2004.