Parte I: la Siria arriva nel Caucaso russo

Il 28 agosto Sheikh Said Afandi, noto leader spirituale della Repubblica autonoma russa del Daghestan, veniva assassinato. Un’attentatrice suicida jihadista era riuscita ad entrare in casa sua e a far esplodere un ordigno esplosivo. L’obiettivo dell’omicidio era stato accuratamente selezionato. Sheikh Afandi, 75enne leader musulmano Sufi, aveva svolto un ruolo critico nel tentativo di giungere ad una riconciliazione in Daghestan, tra i salafiti jihadisti sunniti ed altre fazioni, molti dei quali, in Daghestan, si considerano seguaci Sufi. Senza una sostituzione della sua statura morale e del suo ampio rispetto, le autorità temono un focolaio di guerra settaria nella piccola repubblica autonoma russa. [1]

La polizia ha riferito che l’assassino era una donna di etnia russa convertitasi all’Islam e legata alla rivolta fondamentalista islamica salafita contro la Russia ed i governi regionali fedeli a Mosca, nelle repubbliche autonome e in tutta l’instabile regione musulmana del Caucaso settentrionale. Le popolazioni musulmane in questa regione della Russia e nell’ex Unione Sovietica, tra cui Uzbekistan e Kirghizistan, e nella provincia cinese dello Xinjiang, sono oggetto di varie operazioni di intelligence degli Stati Uniti e della NATO dalla fine della Guerra Fredda nel 1990. Washington vede nella manipolazione dei gruppi musulmani il veicolo per indurre un caos incontrollabile nella Russia e nell’Asia centrale. Attuato dalle stesse organizzazioni impegnate nel creare caos e distruzione in Siria contro il governo di Bashar al-Assad. In un certo senso, come i servizi di sicurezza russi hanno capito chiaramente, se non riescono a fermare l’insurrezione jihadista in Siria, essa si rivolgerà in patria attraverso il Caucaso. I recenti omicidi dei leader moderati Sufi e di altri musulmani del Caucaso, fanno apparentemente parte di ciò che sta diventando sempre più chiaro come, forse, la più pericolosa operazione di intelligence degli Stati Uniti, che sempre opera a livello mondiale con il fondamentalismo islamico. In precedenza, i servizi segreti statunitensi e alleati avevano giocato a tira e molla con le organizzazioni religiose o settarie in tale o tal altro paese. Ciò che rende la situazione particolarmente pericolosa, in particolare dopo la decisione di Washington di scatenare gli sconvolgimenti della malnominata primavera araba, che hanno avuto inizio alla fine del 2010 in Tunisia, diffondendo come un incendio in tutto il mondo islamico, dall’Afghanistan in Asia centrale al Marocco, è l’ondata incalcolabile di uccisioni, odi, distruzione di intere culture che Washington ha scatenato in nome di quel sogno sfuggente chiamato “democrazia”. Utilizzando presunti gruppi salafiti di al-Qaida, sauditi o wahhabiti, o i discepoli del movimento turco di Fethullah Gülen, per incendiare l’odio religioso nell’Islam e contro le altre fedi, che potrebbe richiedere decenni per essere estinto. E che infine potrebbe facilmente sfociare in una nuova guerra mondiale.

La minaccia del fondamentalismo in Caucaso

Dopo lo scioglimento dell’URSS, i mujahidin radicali afghani, islamisti dall’Arabia Saudita, da Turchia, Pakistan e altri paesi islamici, dilagarono nelle regioni musulmane dell’ex Unione Sovietica. Uno dei meglio organizzati di questi gruppi era il movimento di Fethullah Gülen, leader di una rete globale di scuole islamiche e che risulta avere un’influenza importante sulla politica di Erdogan, del partito AKP della Turchia. Gülen si era affrettato a creare The International Daghestan-Turkey College nel Daghestan. Durante i giorni caotici del crollo sovietico, il Ministero della Giustizia della Federazione Russa aveva ufficialmente registrato e autorizzato la libera attività di una serie di fondazioni e organizzazioni islamiche. Tra queste, la Lega del Mondo Islamico, l’Assemblea Mondiale della Gioventù Musulmana, la sospetta fondazione saudita ‘Ibrahim ben Abd al-Aziz al-Ibrahim‘, vicina ad al-Qaida. La lista nera comprendeva anche la fondazione saudita al-Haramein, che sarebbe legata ad al-Qaida, e l’IHH [2], un’organizzazione turca vietata in Germania, che avrebbero raccolto fondi per i combattenti jihadisti in Bosnia, Cecenia e Afghanistan, e accusata dall’intelligence francese di avere legami con al-Qaida. [3]

Molti di questi enti di beneficenza erano coperture dei fondamentalisti salafiti e del loro ordine del giorno speciale. Molti islamisti stranieri in Cecenia e Daghestan erano coinvolti nei disordini regionali e nelle guerre civili, quindi le autorità russe revocarono il permesso per le attività alla maggior parte delle scuole e delle istituzioni islamiche. In tutto il Caucaso del Nord, al momento della guerra Cecena alla fine degli anni ’90, vi erano più di due dozzine di istituti islamici, circa 200 madrase e numerose maktabas (scuole di studio coraniche) presenti in quasi tutte le moschee. L’International Daghestan-Turkey College era stato costretto a chiudere i battenti in Daghestan. Il Collegio era gestito dall’organizzazione di Fethullah Gülen. [4] Al culmine della repressione della diffusione dell’insegnamento salafita in Russia, alla fine degli anni ’90, ci fu un esodo di centinaia di giovani del Daghestan e di studenti musulmani Ceceni in Turchia, Arabia Saudita, Pakistan e in altri luoghi del Medio Oriente, dove avrebbero ricevuto una formazione presso il movimento di Gülen e varie organizzazioni finanziate dai sauditi, tra cui quelle salafite. [5] Si ritiene che gli studenti formati in Russia dai sostenitori di Gülen o dai centri salafiti sauditi e di altri fondamentalisti, siano stati rimandati in Daghestan e nel Caucaso del Nord per diffondere il loro radicalismo islamico. Entro il 2005 la situazione nel Caucaso era così influenzata da questo intervento salafita, che il salafita ceceno Doku Umarov, citato dal Consiglio di sicurezza dell’ONU per i collegamenti con al-Qaida [6], aveva dichiarato unilateralmente la creazione di ciò che chiamava ‘Emirato del Caucaso’, annunciando che aveva intenzione di creare uno stato islamico basato sulla sharia, comprendente l’intera regione del Caucaso del Nord, tra cui il Daghestan. Modestamente si proclamò emiro dell’Emirato del Caucaso. [7]

Parte II: il salafismo in guerra con la tradizione Sufi

Il salafismo, noto in Arabia Saudita come wahhabismo, è un ceppo fondamentalista dell’Islam che ha attirato l’attenzione del mondo e divenne famoso nel marzo 2001, poco prima degli attacchi dell’11 settembre. Fu allora che il governo salafita dei taliban in Afghanistan, distrusse volontariamente le storiche gigantesche statue del Buddha di Bamiyan, sulla Via della Seta, risalenti al 6° secolo. I leader salafiti taliban vietarono come “anti-islamico” anche tutte le forme di immagini, musica e sport, tra cui la televisione, in conformità con ciò che consideravano la stretta interpretazione della Sharia. Fonti afgane riferirono che l’ordine di distruggere i Buddha proveniva dal jihadista wahhabita saudita Usama bin Ladin, che alla fine convinse il Mullah Omar, leader supremo dei taliban all’epoca, ad attuarlo. [8] Mentre i Sufi incorporano il culto dei santi e le preghiere cerimoniali nella loro pratica, i salafiti condannano come idolatria qualsiasi forma di culto non tradizionale. Chiedono inoltre l’istituzione del governo politico islamico e una sharia rigorosa. Il Sufismo è la culla del grande patrimonio spirituale e musicale dell’Islam, secondo gli studiosi islamici, fornisce una dimensione interiore e mistica, o psico-spirituale, all’Islam, che risale a secoli indietro. Uno studioso Sufi ha descritto il nucleo del Sufismo: “Mentre tutti i musulmani credono di essere sul sentiero di Dio e di avvicinarsi a Dio, in Paradiso, dopo la morte e il ‘Giudizio Universale’; i Sufi credono anche che sia possibile avvicinarsi a Dio e vivere questa vicinanza, mentre si è vivi. Inoltre, il raggiungimento della conoscenza viene ottenuta con una tale intimità con Dio, affermano i Sufi, che è il vero scopo della creazione. Qui parlano del qudsi hadith, in cui Dio afferma, ‘Ero un tesoro nascosto e ho apprezzato il fatto che io sia conosciuto, così ho creato la creazione, al fine di essere conosciuto.’ Quindi, per i Sufi c’è già uno slancio, una continua attrazione esercitata nei loro cuori da Dio, trascinando, con l’amore, verso Dio“. [9]

La corrente mistica del sufismo islamico e la sua aspirazione ad avvicinarsi a Dio, è in netto contrasto con la corrente salafita jihadista o wahhabita, che è armata con armi mortali, predica la falsa dottrina della jihad, e un senso perverso del martirio, impegnandosi in innumerevoli atti di violenza. Non c’è da stupirsi che le vittime della jihad salafita siano per lo più le altre forme pacifiche dell’Islam, tra cui soprattutto i Sufi. L’autorevole 75enne Afandi aveva pubblicamente denunciato il fondamentalismo islamico salafita. Il suo omicidio fece seguito a un attacco coordinato del 19 luglio, contro due alti mufti nella Repubblica del Tatarstan russa, sul Volga. Entrambe le vittime erano capi religiosi riconosciuti dallo Stato che avevano attaccato l’Islam radicale. Quest’ultima serie di omicidi apre un nuovo fronte nella guerra salafita contro la Russia, attacca in particolare i leader sufi musulmani moderati. Se il Daghestan sprofondi o meno in una guerra civile religiosa, che poi si diffonda in tutto il Caucaso russo geopoliticamente sensibile, non è ancora certo. Ciò che è quasi certo è che gli stessi circoli che alimentano violenza e terrore in Siria contro il regime del presidente alawita Bashar al-Assad, sono dietro l’uccisione dello sceicco Afandi, così come degli atti di terrorismo o dei disordini nel Caucaso musulmano in Russia. In modo assai reale, rappresenta uno scenario da incubo per la Russia, una “Siria che arrivi in Russia.” Dimostrando drammaticamente perché Putin ha compiuto uno sforzo così determinato nel fermare la discesa nell’inferno omicida della Siria.

Salafismo e CIA

L’esistenza del cosiddetto marchio jihadista salafita dell’Islam in Daghestan è piuttosto recente. È stato anche deliberatamente importato. Il salafismo è a volte chiamato anche col vecchio nome saudita di wahhabismo. Il wahhabismo era originariamente una forma minoritaria beduina di fede originaria dell’Islam, dominante in Arabia Saudita dal 1700. Irfan al-Alawi e Stephen Schwartz del Centro per il pluralismo islamico danno la seguente descrizione delle condizioni saudite sotto il rigido marchio wahhabita dell’Islam: “Le donne che vivono sotto il governo saudita devono indossare l’abaya, il mantello totale del corpo, e il niqab, il velo sul viso, hanno scarse opportunità di istruzione e di carriera, gli è fatto divieto di guidare veicoli, di contatti sociali con uomini che non siano parenti, e tutte le attività personali devono essere sorvegliate, anche aprire i conti bancari, da un familiare di sesso maschile o da un “custode“. Queste regole wahhabite vengono applicate dal mutawiyin, o milizia morale, conosciuta anche come “polizia religiosa”, ufficialmente designata dalla Commissione per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio (CPVPV), che pattuglia le città saudite, armata di bastoni rivestiti in pelle, liberamente utilizzata contro presunti ribelli. Compiono raid nelle case alla ricerca di alcol e droghe, e molestano i musulmani non-wahhabiti e i credenti in altre fedi“. [10] E’ ampiamente noto che l’oscenamente opulenta e la non così tanto moralmente elevata famiglia reale saudita abbia stretto un accordo faustiano con i leader wahhabiti. L’accordo, presumibilmente, rende i wahhabiti liberi di esportare il propria fanatica forma d’Islam alle popolazioni islamiche del mondo, in cambio di lasciare la famiglia reale saudita al potere. Vi sono, tuttavia, altri oscuri e sporchi cucchiai che agitano lo stufato wahabita-salafita saudita.

Poco conosciuto è il fatto che l’attuale forma aggressiva di wahhabismo saudita, sia in realtà una sorta di fusione tra salafiti jihadisti importati dalla Fratellanza musulmana, in Egitto, e i fondamentalisti wahhabiti sauditi. Importanti membri salafiti della Fratellanza musulmana egiziana furono introdotti dalla CIA nel regno saudita, negli anni ’50, con una complessa serie di eventi, quando Nasser usò la mano pesante contro i Fratelli musulmani, in seguito ad un tentativo di assassinio. Negli anni ’60, l’afflusso in Arabia Saudita di membri egiziani dei Fratelli musulmani in fuga dalla repressione nasseriana, aveva occupato molte importanti cattedre nelle scuole religiose saudite. Tra gli studenti vi era un facoltoso giovane saudita, Usama bin Ladin. [11] Durante il Terzo Reich, la Germania di Hitler aveva sostenuto i Fratelli musulmani come arma contro gli inglesi in Egitto e in altre parti del Medio Oriente. Marc Erikson descrive le radici naziste della Fratellanza musulmana egiziana così: “…Mentre il fascismo italiano e tedesco cercavano una maggiore presenza in Medio Oriente negli anni ’30 e ’40, per contrastare il controllo degli inglesi e dei francesi, una stretta collaborazione tra gli agenti fascisti e leader islamici ebbe inizio. Durante la Rivolta Araba del 1936-1939, l’ammiraglio Wilhelm Canaris, capo dell’intelligence militare tedesca, aveva inviato agenti e denaro per sostenere la rivolta palestinese contro gli inglesi, così come il fondatore dei Fratelli musulmani e “guida suprema”, Hassan al-Banna. Un individuo chiave nel legame fascista-islamista tra i nazisti e al-Banna fu il Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin el-Husseini.” [12] Dopo la sconfitta della Germania, l’intelligence inglese si mosse per assumere il controllo della Fratellanza musulmana. In ultima analisi, per ragioni finanziarie e di altro tipo, gli inglesi decisero di consegnare le loro attività con i Fratelli musulmani ai loro colleghi della CIA, negli anni ’50. [13]

Secondo l’ex cacciatore di nazisti del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, John Loftus, “nel corso degli anni ’50, la CIA evacuò i nazisti dei Fratelli musulmani in Arabia Saudita. Ora, quando arrivarono in Arabia Saudita, alcuni dei protagonisti dei Fratelli musulmani, come il dottor Abdullah Azzam, divennero insegnanti nelle madrasse, le scuole religiose. E unirono le dottrine del nazismo con questo strano culto islamico, il wahhabismo”. [14] “Tutti pensano che l’Islam sia una religione fanatica, ma non lo è“, continua Loftus. “Pensano che l’Islam, la versione saudita dell’Islam, sia tipica, ma non lo è. Il culto wahhabita è stato condannato come eresia più di 60 volte dalle nazioni musulmane. Ma quando i sauditi divennero ricchi, comprarono un grande silenzio. Si tratta di un culto molto duro. Il wahhabismo è praticato solo dai taliban e dall’Arabia Saudita, per quanto sia estremo. Non ha davvero nulla a che fare con l’Islam. L’Islam è una religione molto pacifica e tollerante. Ha sempre avuto buoni rapporti con gli ebrei, nei primi mille anni della sua esistenza“. [15] Loftus ha individuato il significato di quello che oggi sta emergendo dall’ombra, consegnando l’Egitto al Presidente Morsi dei Fratelli musulmani, e il cosiddetto Consiglio nazionale siriano, in realtà dominato dai Fratelli musulmani e pubblicamente guidato dal più “politicamente corretto” o presentabile degli artisti del calibro di Bassma Kodmani. Kodmani, portavoce per gli Affari esteri del CNS, è stata due volte ospite al raduno dell’élite del Bilderberg, più recentemente a Chantilly, in Virginia, all’inizio di quest’anno. [16]

La caratteristica più bizzarra e allarmante dei cambi di regime finanziati dagli USA, avviati nel 2010, e che hanno portato alla distruzione del regime arabo laico di Hosni Mubarak in Egitto, di Muhammar Gheddafi in Libia e del regime laico del presidente Ben Ali in Tunisia, e che hanno portato alla distruzione selvaggia in tutto il Medio Oriente, in particolare negli ultimi diciotto mesi in Siria, è l’emergente modalità di presa di potere dei rappresentanti salafiti della torbida Fratellanza musulmana. Secondo fonti informate, i Fratelli musulmani, islamici sunniti finanziati dai sauditi, domina i membri del Consiglio nazionale siriano in esilio, sostenuti dalla Segretaria del Dipartimento di Stato USA, Clinton e dalla Francia di Hollande. La Fratellanza musulmana siriana è legata, non a caso, alla Fratellanza musulmana egiziana del presidente Mohammed Morsi, che di recente, alla riunione dei Paesi Non Allineati in Iran, aveva chiesto apertamente la rimozione di Assad dalla Siria, un passo logico affinché i suoi Fratelli musulmani in Siria, presenti nel Consiglio Nazionale, prendano le redini del potere. I sauditi dicono anche di aver finanziato l’ascesa al potere in Tunisia del governo islamista del partito Ennahda, [17] e sono documentati i finanziamenti della Fratellanza musulmana, che domina il Consiglio nazionale siriano contrario al presidente Bashar al-Assad. [18]

Parte III: il regno del terrore salafita di Morsi

Indicativo del vero programma attuale della Fratellanza musulmana e dei jihadisti collegati, è il fatto che una volta che avranno il potere, faranno cadere il velo della moderazione e della riconciliazione, e riveleranno le loro radici violentemente intolleranti. Questo è visibile in Egitto oggi, con il presidente dei Fratelli musulmani Mohammed Morsi. Non vengono trasmessi dai principali media occidentali, fino ad oggi, gli allarmanti rapporti diretti delle organizzazioni missionarie cristiane in Egitto, secondo cui i Fratelli musulmani di Morsi hanno già cominciato a far cadere il velo della “moderazione e conciliazione“, mostrando i loro colore da brutali salafiti totalitari, similmente a quanto fecero in Iran le forze radicali della Sharia di Khomeini, dopo aver preso il controllo nel 1979-81.

In una lettera diffusa dalla missione Christian Aid (CAM), un missionario cristiano egiziano ha scritto che la Fratellanza musulmana di Morsi “ha annunciato che avrebbe distrutto il paese, se Morsi non avesse vinto, ma hanno anche detto che si vendicheranno di tutti coloro che hanno votato per [il suo avversario Ahmed] Shafiq, soprattutto i cristiani, in quanto sono sicuri che abbiamo votato per Shafiq. Ieri hanno cominciato uccidendo due credenti ad al- Sharqiya, a causa di ciò“, ha aggiunto il missionario, parlando in condizione di anonimato. [19] La presente relazione è stata pubblicata poche settimane dopo che la TV di Stato egiziana (sotto il controllo di Morsi) ha mostrato le immagini del spaventoso video di un convertito dall’islam al cristianesimo ucciso da musulmani. Il filmato ha mostrato un giovane costretto da uomini mascherati con un coltello alla gola. Mentre si sente un uomo cantare preghiere musulmane in arabo, che per lo più condannavano il cristianesimo, un altro che teneva il coltello alla gola del convertito cristiano cominciava a decapitarlo, lentamente, tra grida di “Allahu Akbar” (“Allah è grande”), secondo le trascrizioni. Nella lettera, il missionario egiziano aggiungeva che, “subito dopo che Morsi ha vinto, ai cristiani in Egitto è stato impedito con la forza di andare in chiesa.” Molti musulmani, la lettera affermava, “hanno cominciato a dire alle donne, in strada, che dovevano indossare l’abbigliamento islamico compreso di copricapo. Si comportano come se avessero il controllo del paese, e lo hanno, ora“. [20]

Già nel 2011 i seguaci salafiti di Morsi hanno cominciato ad attaccare e a distruggere le moschee Sufi in tutto l’Egitto. Secondo l’autorevole quotidiano al-Masry al-Youm (l’Egiziano oggi), 16 moschee storiche di Alessandria appartenenti ad ordini Sufi, sono state contrassegnati per essere distrutte dai cosiddetti “salafiti”. Alessandria dispone di 40 moschee associate ai Sufi, ed è la sede di 36 gruppi Sufi. Mezzo milione di Sufi vive in città, su un totale di quattro milioni di persone. L’aggressione contro i Sufi in Egitto, include un raid contro la moschea più illustre di Alessandria, che prende il nome, e alloggia, la tomba del 13° secolo del Sufi Al-Mursi Abul Abbas. [21] In particolare, il cosiddetto regime “democraticamente eletto” in Libia, dopo il rovesciamento nel 2011 di Muammar Gheddafi, grazie alle bombe della NATO, è stato anch’esso zelante nel distruggere le moschee e i luoghi di culto Sufi. Ad agosto di quest’anno, la Direttrice Generale dell’UNESCO, Irina Bokova, ha espresso “grave preoccupazione” per la distruzione da parte dei jihadisti, dei siti islamici Sufi a Zliten, Misurata e Tripoli, e ha invitato gli autori a “cessare immediatamente le distruzioni“. [22] In fondo, dietro le quinte, il governo libico è dominato da jihadisti e dai seguaci dei Fratelli musulmani, come in Tunisia e in Egitto. [23]

Il cocktail esplosivo di violenze insito nel permettere l’ascesa al potere degli islamisti salafiti in tutto il Medio Oriente, è abbastanza chiaro; simbolicamente la notte dell’11 settembre scorso, una folla di sostenitori arrabbiati del gruppo salafita fanatico Ansar al-Sharia, assassinava l’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia e tre diplomatici statunitensi, bruciando il consolato statunitense a Bengasi, in segno di protesta per la pubblicazione su YouTube di un film di un regista statunitense, che mostra il profeta Maometto indulgere in affari sessuali multipli e mettere in dubbio il suo ruolo di messaggero di Dio. Ironia della sorte, l’ambasciatore degli Stati Uniti aveva avuto un ruolo chiave nel rovesciare Gheddafi aprendo la porta alla conquista salafita della Libia. Allo stesso tempo, folle inferocite di migliaia di salafiti circondavano l’ambasciata statunitense a Cairo, in segno di protesta per il film degli Stati Uniti. [24] Ansar al-Sharia (Partigiani della “legge islamica” in arabo) sarebbe una derivazione di al-Qaida e reclama una presenza in tutto il Medio Oriente, dallo Yemen alla Tunisia, Iraq, Egitto e Libia. Ansar al-Sharia afferma di voler riprodurre il modello ristretto di sharia o legge islamica abbracciato dai taliban in Afghanistan, e dallo Stato islamico dell’Iraq, un gruppo militante ombrello che comprende al-Qaida in Iraq. Il nucleo del gruppo sono dei jihadisti che provengono da uno “stato islamico”, sia l’Afghanistan di metà degli anni ’90, o i jihadisti in Iraq, dopo l’invasione degli USA nel 2003. [25]

La detonazione deliberata, oggi, di un nuovo ciclo di terrore fondamentalista jihadista salafita nelle regioni musulmane del Caucaso russo, ha origini squisitamente politiche, in tempo per esercitare la massima pressione interna sul governo della Russia di Vladimir Putin. Putin e il governo russo sono i sostenitori più forti ed essenziali del governo siriano di Bashar al-Assad, e per la Russia il mantenimento della sola base navale del Mediterraneo della Russia, nel porto di Tartus in Siria, è di vitale importanza strategica. Allo stesso tempo, il messaggio subdolo di Obama a Medvedev di attendere la rielezione di Obama per valutare l’intenzione degli Stati Uniti nei confronti della Russia, e il recente commento criptico di Putin, secondo cui un compromesso con il ri-eletto presidente Obama potrebbe essere possibile, ma non con un Romney presidente, [26] indicano che la tattica di Washington con Mosca del “bastone e carota” o del poliziotto buono – poliziotto cattivo, potrebbe tentare la Russia a sacrificare le principali alleanze geopolitiche, forse anche la speciale e recente stretta alleanza geopolitica con la Cina. [27] Se ciò accadesse, il mondo potrebbe assistere al “reset” nelle relazioni USA-Russia, con conseguenze catastrofiche per la pace nel mondo.

Traduzione di Alessandro Lattanzio (SitoAurora)

[1Dan Peleschuk, Sheikh Murdered Over Religious Split Say Analysts, RIA Novosti, 30 Agsto 2012.

[2Mairbek Vatchagaev, The Kremlin’s War on Islamic Education in the North Caucasus, North Caucasus Analysis Volume: 7 Issue: 34

[3Iason Athanasiadis, Targeted by Israeli raid: Who is the IHH?, The Christian Science Monitor, 1 Giugno 2010.

[4Ibid.

[5Mairbek Vatchagaev, op. cit.

[6UN Security Council, QI.U.290.11. DOKU KHAMATOVICH UMAROV, 10 Marzo 2011. La dichiarazione delle Nazioni Unite recita: “Doku Umarov Khamatovich è stato inserito il 10 marzo 2011 ai sensi del paragrafo 2 della risoluzione 1904 (2009) come associati ad al-Qaida, Usama bin Ladin o ai taliban per “aver partecipato al finanziamento, pianificazione, facilitazione, preparazione o esecuzione di atti o attività di, in collaborazione con, nel nome di, per conto di o a sostegno, reclutamento, rifornimento, vendita o trasferimento di armi e materiale bellico” e “altri atti o attività di sostegno” al Gruppo della Jihad islamica (QE.I.119.05), al Movimento islamico dell’Uzbekistan (QE.I.10.01), al Battaglione ricognizione e sabotaggio dei Martiri ceceni Riyadus-Salikhin (RSRSBCM) (QE.R.100.03) e all’Emarat Kavkaz (QE.E.131.11).”

[8The Times of India, Laden ordered Bamyan Buddha destruction, The Times of India, 28 Marzo 2006.

[9Dr. Alan Godlas, Sufism — Sufis — Sufi Orders

[10Irfan Al-Alawi and Stephen Schwartz, Wahhabi Internal Contradictions as Saudi Arabia Seeks Wider Gulf Leadership, Center for Islamic Pluralism, 21 Maggio 2012.

[11Robert Duncan, Islamic Terrorisms Links to Nazi Fascism, AINA, 5 Luglio 2007.

[12Marc Erikson, Islamism, fascism and terrorism (Part 2), AsiaTimes.Online, 8 Novembre 2002.

[13Ibid.

[14John Loftus, The Muslim Brotherhood, Nazis and Al-QaedaJewish Community News, 11 Ottobre 2006

[15Ibid.

[17Aidan Lewis, Profile: Tunisia’s Ennahda Party, BBC News, 25 Ottobre 2011.

[20Ibid.

[21Irfan Al-Alawi, Egyptian Muslim Fundamentalists Attack Sufis, Guardian Online [London], 11 Aprile 2011

[22Yafiah Katherine Randall, UNESCO urges Libya to stop destruction of Sufi sites, 31 Agosto 2012, Sufi News and Sufism World Report.

[23Jamie Dettmer, Libya elections: Muslim Brotherhood set to lead government, 5 Luglio 2012, The Telegraph, London.

[25Murad Batal al-Shishani, Profile: Ansar al-Sharia in Yemen, 8 Marzo 2012 .

[26David M. Herszenhorn, Putin Says Missile Deal Is More Likely With Obama, The New York Times, 6 Settembre 2012. Secondo un’intervista che Putin ha dato alla TV statale di Mosca RT, riferisce Herszenhorn, “Putin ha detto di ritenere che se Obama viene rieletto a novembre, un compromesso potrebbe essere raggiunto sulla questione controversa dei piani statunitensi sul sistema di difesa antimissile in Europa, che la Russia fortemente contrasta. D’altra parte, Putin ha detto, se il signor Romney diventa presidente, Mosca dovrà temere che il sistema missilistico che è, nonostante le assicurazioni statunitensi, diretto in realtà contro la Russia, quasi certamente diventerà una realtà. “E’ possibile trovare una soluzione al problema, se l’attuale presidente Obama viene rieletto per un secondo mandato? In teoria, sì“, ha detto Putin, secondo la trascrizione ufficiale pubblicato sul sito Web del Cremlino. “Ma questo non è solo il presidente Obama. Per quanto ne so, il suo desiderio di trovare una soluzione è abbastanza sincero“, ha proseguito Putin. “L’ho incontrato di recente a margine del vertice del G-20 a Los Cabos, in Messico, dove abbiamo avuto la possibilità di parlare. E anche se abbiamo parlato per lo più della Siria, potevo ancora fare un bilancio della mia controparte. La mia sensazione è che è un uomo molto onesto, e che vuole sinceramente fare molti cambiamenti positivi. Ma può farlo? Saranno in grado di farglielo fare?”

[27M.K. Bhadrakumar, Calling the China-Russia split isn’t heresy, Asia Times, 5 Settembre 2012.