Il generale Martin Dempsey, presidente del Joint Chiefs of Staff statunitense.

Una delle conseguenze delle sanzioni imposte alla Russia dagli Stati "occidentali" sono i legami più stretti tra Mosca, Pechino e New Delhi, un irrigidimento che ha avuto una svolta drammatica quando il Presidente Vladimir Putin ha deciso di giocare la carta geoenergetica [1].

Negli Stati Uniti, gran parte dei "civili" guerrafondai della classe politica, per non parlare della disinformazione su tutti i media, non è ben informata quanto l’esercito, che sul piano militare ha una profonda ammirazione per Russia e Cina.

Sei giorni prima del 20 maggio, data di arrivo a Shanghai dello zar della geoenergia mondiale Putin, per una visita di due giorni, il generale Martin Dempsey, Capo di stato maggiore congiunto degli Stati Uniti, teneva una conferenza dal titolo "Difesa destabilizzante: protezione dinamica nell’era della nuova tecnologia" ai membri del Consiglio Atlantico, un think tank di Washington vicino al Partito Repubblicano e alla NATO [2].

Durante il suo intervento, assai appropriato, Martin Dempsey ha detto che "Russia e Cina sono diventati due pesi massimi globali che gravano sulle decisioni strategiche riguardo i principali aspetti della sicurezza globale", illustrando allo stesso tempo il nuovo ordine geostrategico tripolare già delineato in queste pagine [3].

Il generale statunitense riassume il "nuovo modello (degli Stati Uniti sula) sicurezza con la formula mnemonica "2, 2, 2, 1" che significa avere come nemici "due pesi massimi (Russia e Cina), due pesi medi (Iran e Corea democratica), due reti (al-Qaida e la malavita internazionale) e un sistema (informatico)".

Ha detto che al-Qaida ed i suoi affiliati si estendono da Afghanistan e Pakistan, attraverso la penisola arabica, a Siria orientale, Iraq occidentale, Yemen, Somalia, dall’Africa del Nord a quella occidentale passando per la Nigeria.

Secondo lui, gli Stati Uniti utilizzano vari strumenti di potere, diplomatici, economici e militari, a seconda di con chi hanno che fare, con uno Stato-nazione dal peso medio desideroso di aumentare la propria influenza oltre il lecito e che, quindi, rischia di trasformarsi in uno Stato canaglia". Ha detto che i mezzi di pressione che agiscono sugli "Stati-nazione" non hanno alcun effetto sulle due reti non statali.

Da quando l’esercito statunitense è divenuto assai dipendente dalla tecnologia della sicurezza informatica, ritiene che ci siano due aree di preoccupazione al riguardo: 1) il fatto che gli Stati Uniti siano poco preparati a respingere un attacco cibernetico, soprattutto nel campo finanziario; 2) "la corruzione dei dati (precisione, navigazione e tempo)" che provoca sfiducia nei sistemi operativi.

Di certo, la Cina è una potenza significativa nel campo della "guerra cibernetica" [4].

Martin Dempsey ritiene che, in campo militare, la "corruzione dei dati" sia "più allarmante della mancanza di dati".

Ha spiegato la necessità di affrontare ciascuno degli avversari, reali o potenziali, da una angolazione diversa in quanto nessuno di essi "reagisce allo stesso modo ai vari mezzi di pressione". Quindi le due caratteristiche principali del nuovo militarismo degli Stati Uniti sono "flessibilità" e "innovazione".

Il generale ha annunciato che avrebbe partecipato ad una riunione della NATO a Bruxelles [5], durante la storica visita di Putin in Cina e ha detto che per via della crisi ucraina, i cui "effetti potrebbero sconvolgere seriamente la vita dei Paesi europei, sia nel sud che altrove in Europa", l’atlantismo è al "crocevia" in quanto deve "rivedere" il suo "fianco sud (Portogallo, Spagna , Italia e Grecia) strettamente collegato a Medio Oriente e Nord Africa".

In breve, sembra che l’Europa sia minacciata da tutti i lati. Hanno capito in Germania e in Francia cosa sia in realtà la spettrale spada di Damocle di al-Qaida? [6]

In risposta ad una domanda sulla situazione in Ucraina, il generale Dempsey ha detto che la crisi incombe sulla NATO, che deve mostrarsi ’molto preoccupata’, mentre “gli Stati Uniti usano le armi economiche in vari modi" come "mezzo di persuasione e di punizione".

Riteniamo che il generale non sia molto convinto dalle sanzioni economiche. Ha sentito un gruppo di economisti che non è riuscito a spiegargli i rischi derivanti dalla loro applicazione come strumento di potere. Tanto più che gli Stati Uniti hanno una buona conoscenza delle capacità delle forze militari russe e del valore aggiunto del fattore (psicologico) rappresentato da Putin, in considerazione del fatto che gran parte della popolazione russa è pronta a correggere (sic) gli eccessi dei primi anni ’90.

Basandosi sul contributo teorico del gruppo di economisti, il generale ha detto che "per poter in futuro utilizzare gli strumenti del potere in modo diverso, dobbiamo rivedere i nostri modelli di valutazione del rischio".

Secondo lui, ciò che caratterizza Vladimir Putin è il suo "desiderio di passare alla storia e d’assicurare il benessere economico della Russia".

Nel dire ciò, il generale pensa alle nuove armi non convenzionali a disposizione dei russi, armi che scoraggiano chiunque.

A una domanda di Leandra Bernstein di RIA Novosti, Martin Dempsey ha detto che gli Stati Uniti "non dovrebbero impegnarsi nuovamente in una guerra fredda contro la Russia", in quanto "Washington collabora con Mosca in molti campi, dal futuro dell’Artico allo spazio, passando per la lotta al narcotraffico e alla pirateria, quindi è necessario trovare un terreno comune".

Ha aggiunto che lo scenario peggiore sarebbe far rivivere la Guerra Fredda con la Russia e schierare truppe in Polonia e Stati baltici per la crisi in Ucraina e altre "perturbazioni geopolitiche".

Ha sostenuto che la globalizzazione non ha avuto lo stesso effetto della strategia della guerra fredda, una strategia "molto stabile" perché si concentrava sul contenimento fino al cambio dell’Unione Sovietica stessa.

Dopo la conferenza, Martin Dempsey ha avuto colloqui con il suo omologo cinese, con cui ha trascorso la giornata successiva presso l’Università della Difesa Nazionale. Si ricordi!

Il generale tira una linea sul passato, al punto che nel fare ciò fa eco a un saggio della Quadriennal Defense Review 2004 [7], ritenendo che "i nuovi strumenti sono necessari per gestire dinamicamente un ambiente della sicurezza più complesso", pur temendo che gli Stati Uniti "non sappiano rinnovarsi abbastanza velocemente da far fronte alle nuove sfide che dovranno affrontare".

Nonostante l’instabilità politica, Martin Dempsey ritiene che gli Stati Uniti fino al 2025 "non dovranno apportare modifiche dirompenti", perché "hanno un esercito notevolmente efficiente per condurre conflitti su grande e piccola scala" e che i tagli di bilancio per ridurre la spesa del Pentagono in uomini, spese accessorie ed infrastrutture hanno per obiettivo "facilitare l’innovazione nel campo della Forza di schieramento preventiva" che potrà imporre una "presenza più dinamica del mondo, dove più necessaria".

Allo stato attuale, i militari degli USA devono "fare meno con meno, senza fare peggio", così da dover “pensare seriamente a stabilire le priorità".

È significativo che non abbia affrontato la questione controversa dell’"inversione" di Obama sull’accerchiamento della Cina, ma si sia concentrato solo sulla Russia con cui non è pronto ad andare così lontano quanto gli economisti daltonici dalle pose da giustizieri che infestano i corridoi del Pentagono.

Fonte
La Jornada (Messico)

Traduzione di Alessandro Lattanzio (Aurora)

[1«Visita de Putin a China: próximo acuerdo histórico de venta de gas ruso», Alfredo Jalife-Rahme, La Jornada, 14 maggio 2014.

[2«Disrupting Defense», generale Martin Demsey, The Atlantic Council, 14 maggio 2014.

[4«Las cinco armas chinas de mayor peligro para EE.UU.», Russia Today, 15 maggio 2014.

[5«La Nato spinge la Ue nella nuova guerra fredda», Manlio Dinucci, Il Manifesto/Réseau Voltaire, 24 maggio 2014.

[6«Lettre ouverte aux Européens coincés derrière le rideau de fer israélo-US», Hassan Hamadé, Réseau Voltaire, 21 maggio 2014.

[7Relazione Quadriennalesullo stato della Difesa statunitense redatto dal Pentagono su richiesta del Congresso.