Ricevendo il principe ereditario saudita, MBS, il presidente Trump ha ricapitolato le ordinazioni dispendiose di Riad agli Stati Uniti e ha concluso sorridendo: «Ve lo potete permettere, vero?»

La vicenda Khashoggi è uno dei molteplici esempi di etica a geometria variabile degli occidentali.

L’Arabia dei Saud

Sono ormai settant’anni che si vuole ignorare un fatto incontrovertibile: l’Arabia Saudita non è uno Stato come gli altri. È proprietà privata del re e coloro che lo abitano non sono che servi. Il suo nome, Arabia “Saudita”, lo designa infatti come residenza dei suoi proprietari, i Saud.

Nel XVIII secolo una tribù di beduini, i Saud, si allea alla setta dei wahhabiti e si rivolta contro l’Impero Ottomano. Riescono a costituire un regno a Hedjaz, regione della penisola arabica in cui si trovano le città sante dell’islam, Medina e La Mecca. La ribellione viene subito domata dagli Ottomani.
All’inizio del XIX secolo un sopravvissuto della tribù solleva una nuova sommossa. Ma il suo clan si spacca e la rivolta fallisce.
Alla fine nel XX secolo i britannici puntano sui Saud per rovesciare l’Impero Ottomano e poter così sfruttare le risorse d’idrocarburi della penisola arabica. Con l’aiuto di Lawrence d’Arabia fondano l’attuale regno, il terzo della tribù dei Saud.

Il Foreign Office contava sul fatto che Saud e wahhabiti sono detestati dai propri servi e incapaci di andar d’accordo con i vicini. Inoltre, tenuto conto della disparità fra la potenza militare delle spade saudite e quella delle moderne armi britanniche, la famiglia dei Saud mai avrebbe potuto ribellarsi da sola ai padroni occidentali. Ma, alla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti, approfittando dell’indebolimento dei britannici, ne prendono il posto. Il presidente Franklin Roosevelt e il fondatore del Regno stipulano il Patto del Quincy: gli Stati Uniti s’impegnano a proteggere i Saud in cambio dei loro idrocarburi e i Saud s’impegnano a non opporsi alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina. Il Patto è rinnovato dal presidente George W. Bush.

Il fondatore del wahhabismo, Mohammed bin Abdelwahhab, riteneva che chi non si fosse unito alla setta dovesse essere sterminato. Moltissimi studiosi hanno rilevato l’affinità tra lo stile di vita wahhabita e quello di certe sette ebraiche ortodosse, come pure le analogie tra i ragionamenti dei teologi wahhabiti e quelli di alcuni pastori cristiani puritani.

Tuttavia, per conservare la propria influenza sul Medio Oriente, i britannici decidono di combattere i nazionalisti arabi e sostenere la Confraternita dei Fratelli Mussulmani e dei Nachqbandis. Per questa ragione chiedono ai Saud di fondare nel 1962 la Lega Islamica Mondiale e, nel 1969, l’organismo che oggi chiamiamo Organizzazione per la Cooperazione Islamica. Il wahhabismo ha ammesso al proprio interno l’islam sunnita, fino a quel momento combattuto. Ora i wahhabiti si presentano come i protettori del sunnismo, tuttavia seguitano a combattere le altre forme d’islam.

Assillato dalla necessità di evitare i fratricidi che segnarono la storia della famiglia del XIX secolo, Ibn Saud istituisce un sistema di successione tra fratelli. Il fondatore del regno aveva avuto 32 mogli che gli diedero 53 figli e 36 figlie. Il più vecchio dei figli ancora in vita, re Salman, ha 82 anni. Per salvare il regno, il Consiglio di famiglia nel 2015 decide di mettere fine alla regola di successione adelfica e di designare principi ereditari i figli del principe Nayef e del nuovo re Salman. Successivamente, Mohammed Bin Salman fa escludere il figlio di Nayef, diventando così l’unico principe ereditario dell’Arabia Saudita.

I costumi dei Saud

Nell’antichità il termine “arabo” designava i popoli aramaici che vivevano dal lato siriano dell’Eufrate. Secondo questa definizione i Saud non sono arabi. Tuttavia, essendo stato il Corano collazionato dal Califfo di Damasco, la parola “arabo” oggi designa i popoli che parlano la lingua del Corano, quindi quelli dell’Hejaz. Questo termine generico cela civiltà fra loro molto differenti: quella dei beduini del deserto e quella dei popoli di città d’un insieme geografico che va dall’Oceano Atlantico al Golfo Persico.

Passata repentinamente dal cammello all’aereo privato, nel XXI secolo la famiglia dei Saud conserva la cultura arcaica del deserto. Per esempio, l’odio per la Storia. I Saud distruggono le vestigia storiche del proprio Paese. È la stessa mentalità degli jihadisti all’opera in Iraq e Siria. Non esiste altra ragione perché i Saud distruggano la casa di Maometto o perché Daesh distrugga le tavolette amministrative sumeriche.

Gli Occidentali, così come si sono serviti dei Saud per respingere gli Ottomani — fatto che oggi nessuno più contesta — hanno utilizzato gli jihadisti, finanziati dai Saud e inquadrati dai wahhabiti, per distruggere Iraq e Siria.

L’abbiamo dimenticato, ma, agli inizi dell’aggressione contro la Siria, quando la stampa occidentale inventava la «primavera araba», l’Arabia Saudita esigeva unicamente l’allontanamento di Bashar al-Assad. Riad accettava la conferma dei suoi consiglieri, dei suoi ministri, del suo esercito e dei suoi servizi segreti, cui non aveva nulla da rimproverare. Pretendeva unicamente la testa di Assad per la sola ragione che non è sunnita.

Quando il principe Mohammed Bin Salman (detto MBS) diventa il più giovane ministro della Difesa al mondo avanza la pretesa di sfruttare i giacimenti petroliferi del “Quarto Vuoto”, zona a cavallo tra Arabia Saudita e Yemen. Di fronte al rifiuto yemenita, ansioso di coprirsi di gloria come il nonno, MBS dà il via a una guerra. In realtà, nessuno mai è riuscito a istallarsi durevolmente nello Yemen, non più che in Afghanistan. Ma non importa, il principe ereditario può esibire la propria potenza privando di cibo sette milioni di persone. Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU tutti si preoccupano della crisi umanitaria dello Yemen, ma nessuno si permette di criticare il valoroso principe MBS.

In veste di consigliere, MBS propone al padre di eliminare il capo dell’opposizione interna, sceicco Nimr Baqr al-Nimr [1], un pacifista, ma, nell’ottica wahhabita, un infedele perché sciita. Lo sceicco viene decapitato senza che gli Occidentali muovano un dito. Successivamente, MBS fa distruggere Moussawara e Chouweikat nella regione di Qatif. Tutti sciiti! E anche in quest’occasione gli Occidentali fingono di non vedere le città rase al suolo dai blindati e i servi massacrati.

Non tollerando di essere contraddetto, a giugno 2017 MBS spinge il padre a rompere con il Qatar, che aveva osato prendere le difese dell’Iran nei confronti dell’Arabia Saudita. MBS intima a tutti gli Stati arabi di seguire il suo esempio, riuscendo a far retrocedere temporaneamente l’Emirato.

Dopo essersi insediato alla Casa Bianca, il presidente Trump cerca di salvare il salvabile. Abbandona gli yemeniti alla loro agonia, a condizione che Riad smetta di sostenere gli jihadisti.

Ed è così che il consigliere di Trump, Jared Kushner, ha l’idea di recuperare il denaro versato per il petrolio per riportare a galla l’economia USA. L’immensa fortuna dei Saud altro non è che il denaro che gli Occidentali, in generale, e gli Stati Uniti, in particolare, hanno meccanicamente versato per i loro idrocarburi. Non è frutto di lavoro, bensì una rendita di loro proprietà.

Il giovane principe organizza il colpo di Palazzo di novembre 2017 [2]. 1.300 membri della famiglia reale, incluso il bastardo del clan Fadh, primo ministro libanese Saad Hariri, sono messi agli arresti domiciliari. Alcuni vengono appesi a testa in giù e torturati. Tutti devono «offrire» al principe ereditario metà del loro patrimonio. MBS incassa a proprio nome almeno 800 miliardi di dollari in denaro e azioni [3]. Errore fatale!

Il patrimonio dei Saud, fin qui frazionato fra tutti i membri della famiglia reale, ora è in una mano sola, che però non è quella del re, dunque non è quella dello Stato. Basta torcere quella mano per recuperare il bottino.

Smanioso di appropriarsi di ricchezze altrui, MBS minaccia il Kuwait di riservargli la stessa sorte dello Yemen, se non regala al Regno le riserve petrolifere frontaliere che gli appartengono. Ma il tempo passa in fretta.

L’operazione Khashoggi

Bastava aspettare. Il 2 ottobre 2018 MBS fa assassinare nel consolato saudita a Istanbul uno dei nanutengoli del principe al-Waleed Bin Talal, il giornalista Jamal Khashoggi, violando l’articolo 55 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari [4].

Il medico personale di re Abdul Aziz era il nonno di Khashoggi. Il mercante d’armi Adnan Khashoggi, che equipaggiò l’aeronautica militare saudita e poi rifornì per conto del Pentagono l’Iran sciita contro l’Iraq sunnita, era suo zio. Samira Khashoggi, sua zia, è la madre del mercante d’armi Dodi Al-Fayed (eliminato con la compagna, la principessa britannica Lady Diana [5]).

Jamal Khashoggi era stato coinvolto nel colpo di Palazzo che il vecchio principe al-Waleed stava preparando contro MBS. Sicari mozzarono le dita al principe, lo smembrarono e presentarono la sua testa al loro padrone, MBS. L’operazione fu accuratamente registrata dai servizi segreti turchi e statunitensi.

A Washington stampa e parlamentari chiedono al presidente Trump di adottare sanzioni contro Riad [6].

Un consigliere di MBS, Turki Al-Dakhil, replica che, qualora gli Stati Uniti prendano misure contro il Regno, l’Arabia Saudita è pronta a sconquassare l’ordine mondiale [7]. Secondo la tradizione dei beduini del deserto, ogni insulto deve infatti essere vendicato, costi quel che costi.

Secondo Turki Al-Dakhil, il Regno sta preparando una trentina di provvedimenti, di cui elenchiamo quelli di maggiore rilievo:
  Riduzione della produzione di petrolio a 7,5 milioni di barili al giorno, con conseguente rialzo dei prezzi a circa 200 dollari il barile. Il Regno esigerà inoltre di esser pagato in valuta diversa dal dollaro, causando così la fine dell’egemonia della moneta statunitense.
  Allontanamento da Washington e avvicinamento a Teheran.
  Acquisto di armi da Russia e Cina. Il Regno offrirà una base militare alla Russia a Tabuk, nella parte nord-occidentale del Paese, ossia in prossimità di Siria, Israele, Libano e Iraq.
  Sostegno dall’oggi al domani ad Hamas e Hezbollah.

Consapevole dei disastri che un uomo feroce come MBS può provocare, la Casa Bianca chiama alla riscossa. Ricordandosi in ritardo dei loro bei discorsi sui «Diritti dell’Uomo», gli Occidentali dichiarano in coro che non sopportano più questo tiranno medievale [8]. I leader economici di tutti i Paesi si conformano, uno alla volta, alle istruzioni di Washington e annullano la partecipazione al Forum di Riad. Ricordandosi che Khashoggi era «residente statunitense», il presidente Trump e il consigliere Kushner parlano di confisca dei beni di MBS per placare l’ira degli Stati Uniti.

A Tel Aviv è il panico. MBS è il miglior partner di Benjamin Netanyahu [9], gli aveva chiesto di formare uno stato-maggiore comune in Somaliland per annientare gli yemeniti. A fine 2017 MBS si è recato segretamente in Israele. L’ex ambasciatore USA a Tel Aviv, Daniel B. Shapiro, avverte i propri correligionari israeliani: con un simile alleato, Netanyahu mette in pericolo il Paese [10].

Il patto del Quincy protegge solo il re, non i pretendenti al trono.

Traduzione
Rachele Marmetti

[1« La mort du cheikh El-Nimr fait vaciller le régime des Saoud », par André Chamy, Réseau Voltaire, 3 janvier 2016.

[2Colpo di Palazzo a Riyadh”, di Thierry Meyssan, Traduzione Alessandro Lattanzio, Rete Voltaire, 11 novembre 2017.

[3Saudis Target Up to $800 Billion in Assets”, Margherita Stancati & Summer Said, Wall Street Journal, November 8, 2017.

[4« Convention de Vienne sur les relations consulaires », Réseau Voltaire, 24 avril 1963.

[5Lady died, par Francis Gillery, Fayard éd., 2006. “Francis Gillery: "ho studiato il meccanismo della menzogna di Stato nel caso Diana"”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 29 agosto 2007.

[6The disappearance of Jamal Khashoggi”, by Manal al-Sharif, Washington Post (United States) , 9 October 2018. “Letter by the Senate Foreign Relations Committee on the disappearance of Jamal Khashoggi”, 10 October 2018.

[7US sanctions on Riyadh would mean Washington is stabbing itself”, Turki Al-Dakhil, Al-Arabiya, October 14, 2018.

[9Esclusivo: i progetti segreti di Israele e Arabia Saudita”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 22 giugno 2015.

[10Why the Khashoggi Murder Is a Disaster for Israel”, Daniel Shapiro, Haaretz, October17, 2018.