Fonte
Megachip-Globalist (Italia)

Da quando la NATO ha messo in campo un vasto sistema per accusare la Russia di perpetuare la propaganda dell’Unione Sovietica, un’isteria si è impadronita di Washington. Nel tentativo di screditare il nuovo presidente degli Stati Uniti, i media dominanti lo accusano di dire qualsiasi cosa; in risposta, lui li accusa di diffondere notizie false. Questa cacofonia è amplificata dall’improvviso sviluppo dei social network, precedentemente promossi come armi del Dipartimento di Stato contro i regimi nazionalisti, oggi forum popolari contro gli abusi delle élite di ogni tipo; Washington in primo luogo.

Personalità fortemente contestata dagli stessi membri dell’amministrazione Trump, Jared Kushner gode della piena fiducia del presidente. La sua missione era quella di riordinare il Medio Oriente secondo il "principio di realtà", contro l’opinione prevalente di ciascuna parte. Dopo tangibili successi in Arabia Saudita, ora affronta la questione arabo-israeliana.

Mentre i neoconservatori intendevano realizzare una "rivoluzione mondiale" esportando la loro "democrazia" attraverso la guerra, il presidente Trump basa la sua politica estera sul rispetto della sovranità degli Stati. Di conseguenza, ha interrotto ogni sostegno USA ai separatismi. Thierry Meyssan ricorda qui le ambiguità della posizione statunitense sulle secessioni, poi rivela le analogie fra gli avvenimenti in Kenya, Iraq e Spagna.

Dalla fine di luglio il presidente degli Stati Uniti ha dato l’impressione di essere uno sbruffone che mette a repentaglio la pace mondiale con le sue dichiarazioni sconsiderate. Thierry Meyssan dimostra che dietro questi interventi avventati, Donald Trump persiste tranquillamente nella sua politica estera nonostante l’opposizione quasi unanime del Congresso. E dunque si tratta, a suo avviso, di quel che oggi chiamiamo un "artificio di comunicazione" e un tempo un "doppio gioco". Inoltre, il presidente sta cercando di convincere i suoi amici a prendere il controllo del Partito Repubblicano, cosa che gli consentirebbe di razionalizzare la sua comunicazione e di attuare ancora più rapidamente la sua politica antimperialista.
Il Pentagono prepara una nuova guerra in Asia sudorientale
L’Islam politico contro la Cinadi
Thierry Meyssan

Probabilmente siete consapevoli di essere informati in modo incompleto su ciò che sta accadendo in Myanmar e probabilmente non avete sentito parlare della coalizione militare che si sta preparando ad attaccare questo paese. Tuttavia, come qui spiega Thierry Meyssan, gli eventi attuali sono stati organizzati da Riad e da Washington fin dal 2013. Non prendete posizione prima d’aver letto questo articolo e averne assimilato le informazioni.

In un mondo in cui le immagini contano più che le realtà, la stampa evoca un referendum democratico per l’indipendenza del Kurdistan iracheno. Tuttavia, oltre al fatto che costituzionalmente questo referendum dovrebbe tenersi in tutto l’Iraq e non solo nella zona indipendentista, molti milioni di elettori non curdi sono già stati mandati via dalle loro case e non potranno tornarvi. Nei seggi elettorali, solo gli indipendentisti controlleranno la regolarità di questo scrutinio. Thierry Meyssan rivela questa truffa e gli interessi che nasconde.

Mentre l’esercito arabo siriano, l’aeronautica russa e Hezbollah si stanno preparando a porre fine a Daesh, il Pentagono sta progettando una nuova guerra contro la Siria, stavolta con truppe curde. Proprio come la missione del Califfato era quella di creare un Sunnistan a cavallo tra l’Iraq e la Siria, anche la missione del "Rojava" è quella di creare un Kurdistan a cavallo tra due Stati, così come il Pentagono prevede pubblicamente da quattro anni in qua.

Continuando la sua analisi della politica di Donald Trump sul Medio Oriente allargato, Thierry Meyssan dimostra che, contrariamente all’opinione comunemente ammessa, il presidente USA non ha cambiato strategia. Rompendo con i suoi predecessori, egli cerca di tagliare il sostegno del Pakistan ai jihadisti in Afghanistan così come ha fatto per il ruolo dell’Arabia Saudita con i jihadisti nel Levante. Per inciso, il nostro autore spiega che mentre alcuni degli elettori di Trump possono essere preoccupati nel vederlo schierare nuovi soldati, dovrebbero tuttavia logicamente approvare questa decisione.

I francesi rimangono turbati quando scoprono - soltanto un po’ troppo tardi - che non sanno davvero chi sia il loro nuovo presidente, Emmanuel Macron. Nell’interpretare le recenti dichiarazioni di Macron e i suoi atti alla luce della relazione che ha redatto nel 2008 per la Commissione Attali, Thierry Meyssan anticipa in quale direzione è "En marche!".

La classe dirigente statunitense si sente minacciata dai cambiamenti internazionali sospinti dal Presidente Trump. Si è appena coalizzata per sottoporlo all’autorità del Congresso. In una legge approvata quasi all’unanimità, ha introdotto sanzioni contro la Corea del Nord, l’Iran e la Russia e ha fracassato gli investimenti dell’Unione europea e della Cina. Per essa si tratta di fermare la politica di cooperazione e di sviluppo del presidente e tornare alla dottrina Wolfowitz di contrasto e di signoria sovraordinata.

La politica del Presidente Trump nel Medio Oriente allargato comincia a materializzarsi. Mentre fino ad ora gli Stati Uniti ei loro alleati hanno tentato di distruggere gli Stati e imporre il caos, ora legittimano le alleanze contro i jihadisti. Anche se in teoria l’Iran, la Siria e l’Hezbollah sono ancora nemici da sconfiggere, in pratica sono diventati partner. Alla fine, questo nuovo accordo potrebbe consentire agli Stati della regione di respingere le multinazionali dalla sfera politica e ristabilire la pace.
Una rete di traffici d’armi che coinvolge almeno 17 Stati
Miliardi di dollari in armi contro la Siriadi
Thierry Meyssan

Negli ultimi sette anni, in Siria sono stati illegalmente introdotti armamenti per diversi miliardi di dollari, un fatto che in sé è sufficiente a smentire la narrazione secondo cui questa guerra sarebbe una rivoluzione democratica. Numerosi documenti attestano che il traffico è stato organizzato dal generale David Petraeus, dapprima in veste pubblica, tramite la CIA, di cui è stato direttore, poi in veste privata, tramite la società finanziaria KKR con l’aiuto di alcuni funzionari di alto livello statunitensi e internazionali, fra cui il segretario generale aggiunto dell’Onu. Così il conflitto, che era inizialmente un’operazione imperialista degli Stati Uniti e del Regno Unito, è diventato un’operazione capitalistica privata, mentre a Washington l’autorità della Casa Bianca veniva contestata dallo Stato profondo. Nuovi elementi mostrano ora il ruolo segreto dell’Azerbaigian nell’evoluzione di questa (...)

Mentre ci avviciniamo alla fine della guerra contro la Siria, nessuno degli obiettivi iniziali degli anglosassoni è stato pienamente raggiunto: non solo i Fratelli Musulmani non hanno trionfato nella primavera araba, ma sembrano sconfitti in tutta la regione, tranne che in Qatar e in Turchia; se la Siria è in gran parte distrutta, la società siriana e il suo modello multiconfessionale hanno resistito; infine la via della seta dovrebbe essere ripristinata. Tuttavia, Israele e Turchia stanno per tirare le castagne dal fuoco tanto da risultare, a modo loro, perfino vincitori anch’essi della guerra.

Nell’arrogarsi la qualifica di "Quarto Potere", la stampa statunitense si è posta alla pari con i tre Poteri democratici, benché sia sprovvista di legittimità popolare. Conduce una campagna massiccia, sia in patria che all’estero, per denigrare il presidente Trump e provocare la sua destituzione; una campagna che ha avuto inizio la sera della sua elezione, ossia ben prima del suo arrivo alla Casa Bianca. Essa ottiene un grande successo presso l’elettorato democratico e gli Stati alleati, la cui popolazione è convinta che il Presidente degli Stati Uniti sia uno svitato. Ma gli elettori di Donald Trump tengono botta mentre lui riesce a lottare efficacemente contro la povertà.

Mentre gli Stati del Medio Oriente allargato si dividono tra sostenitori e oppositori del clericalismo, Washington, Mosca e Pechino negoziano un nuovo accordo. Thierry Meyssan valuta l’impatto di questo terremoto sui conflitti palestinese, iracheno-siriano e yemenita.

Il discorso di Donald Trump a Riad ha scatenato un’ondata di prese di posizione contro il terrorismo e contro l’Islam politico. Il mondo arabo esprime la sua sete di laicità quando quest’ultima viene snaturata in Europa e utilizzata contro le religioni. Di fronte a questo soffio di libertà, i britannici organizzano il campo dell’Islam politico intorno al Qatar, all’Iran, alla Turchia e ai Fratelli Musulmani.

Mentre il presidente Trump sembra aver più o meno risolto i suoi problemi di autorità interna, il conflitto ormai si manifesta in seno alla NATO. Washington sta parlando attualmente contro la manipolazione del terrorismo, mentre Londra non ha intenzione di rinunciare a uno strumento così utile per estendere la propria influenza. Il gruppo Bilderberg, inizialmente organizzato come una cassa di risonanza dell’Alleanza, è appena stato teatro di un difficile dibattito tra i partigiani e gli avversari dell’imperialismo in Medio Oriente.

Thierry Meyssan osserva le azioni del presidente Trump volte a convincere i suoi alleati e partner a lasciar perdere i jihadisti da loro sostenuti, armati e inquadrati. Contrariamente a quanto rappresentato dalla stampa internazionale e dai suoi avversari politici, la Casa Bianca continua senza sosta da quattro mesi una politica anti-imperialista che comincia a dare i suoi frutti: il processo di cessazione del sostegno saudita ai Fratelli musulmani, la fine del coordinamento dei jihadisti da parte della NATO e il processo di cessazione del finanziamento occidentale ai Fratelli musulmani.

Cresce la preoccupazione in America Latina: gli Stati Uniti e il Regno Unito stanno preparando una "primavera", sul modello delle "primavere arabe". Certo, stavolta non si tratterà di diffondere la guerra dividendo le popolazioni lungo linee religiose - i Latinos sono quasi tutti cristiani - ma di utilizzare elementi di identità locali. L’obiettivo sarebbe comunque lo stesso: non tanto rimpiazzare dei governi con degli altri, bensì distruggere gli Stati per sradicare qualsiasi possibilità di resistenza all’imperialismo.

Dopo aver eletto come Presidente della Repubblica in successione un agente della CIA e un impiegato degli emiri del Golfo, i francesi si son fatti truffare una terza volta, ora da un prodotto israeliano. Credono di avere allontanato lo spettro del fascismo votando per un candidato sostenuto dalla NATO, dai Rothschild, da tutte le società quotate dell’indice CAC40 e dalla stampa unanime. Lungi dal misurare il loro errore, sono ancora sotto ipnosi e non dovrebbero svegliarsi prima della fine delle elezioni legislative.

Contrariamente alle apparenze, l’amministrazione statunitense, lungi dal comportarsi in modo irregolare, tenta di fissare il profilo della sua politica estera. Il presidente Donald Trump sta negoziando con un portavoce di quello Stato profondo che governa il suo paese dall’11 settembre 2001. Sembra che abbiano trovato un accordo quadro, i cui dettagli sono ancora da precisare. I membri dell’amministrazione dovrebbero chiarire la nuova politica estera della Casa Bianca a fine maggio, davanti a una commissione del Congresso.

Mentre la stampa internazionale descrive la grande giravolta di Donald Trump, Thierry Meyssan dimostra che non è proprio così: lungi dall’aver abbandonato il suo ideale di pace, il presidente degli Stati Uniti urla e bombarda, facendo però attenzione a non commettere nulla di irreversibile.

Le cancellerie e la stampa assicurano che il presidente Trump ha cambiato la sua politica e tradito i suoi elettori, nell’accettare le dimissioni del generale Flynn e nel bombardare Chayrat. Thierry Meyssan, da parte sua, rileva incongruenze che suggeriscono il contrario: l’aggressione militare statunitense contro la Siria potrebbe in realtà essere diretta alla fine contro gli alleati di Washington.

Un passo significativo è stato appena intrapreso dall’amministrazione Trump: i suoi principali diplomatici hanno annunciato di riconoscere il diritto dei siriani alla democrazia. Ammettono che questi hanno scelto sovranamente Assad come presidente. È finita la retorica della "democratizzazione" che ha accompagnato tutte le avventure militari delle amministrazioni precedenti.

Mentre Washington moltiplica i segnali che confermano la sua intenzione di distruggere Daesh, i britannici e i francesi, seguiti dall’insieme degli europei, stanno pensando di andare da soli. Londra e Parigi hanno coordinato l’attacco a Damasco e Hama per costringere l’esercito arabo siriano ad andare a difenderle e quindi a indebolire la sua presenza intorno a Raqqa. Gli europei sperano di organizzare la fuga dei jihadisti verso il confine turco.

La volontà del presidente Trump di combattere Daesh e porre fine al terrorismo internazionale è estremamente difficile da attuare. Infatti, danneggia gli Stati che l’hanno organizzato e comporta un riorientamento della politica internazionale. Il nuovo presidente statunitense non sembra in grado di dare ordini di passare all’attacco alle sue truppe fino a quando non avrà trovato e sigillato delle nuove alleanze.

Due mesi dopo il suo ingresso alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dovrebbe chiarire la sua posizione rispetto al piano dei suoi predecessori di rimodellamento del Medio Oriente allargato. Se auspica davvero di mettere fine al jihadismo, dovrà riconoscere la resilienza della Siria e riposizionare sia il Regno Unito, sia l’Arabia Saudita e la Turchia.

In pochi mesi, il contenuto dei media nazionali e internazionali è profondamente cambiato in Occidente. Stiamo assistendo alla nascita di un Patto di cui non conosciamo i veri iniziatori né gli obiettivi reali, ma di cui da subito osserviamo le conseguenze dirette contro la democrazia.

Questo articolo è un avvertimento: nel novembre 2016, un vasto sistema di agitazione e di propaganda è stato messo in campo al fine di distruggere la reputazione e l’autorità del presidente Donald Trump, non appena sarebbe arrivato alla Casa Bianca. È la prima volta che una tale campagna è scientificamente organizzata contro un Presidente degli Stati Uniti, e con tale dovizia di mezzi. Sì, stiamo davvero entrando in una era di post-verità, ma i ruoli non sono quelli che vi aspettereste.
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