Il viaggio del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva in Israele e Cisgiordania, è stata una riuscita operazione di comunicazione, ma a quale scopo?

Ufficialmente, il Brasile intende ormai esercitare le prerogative legate alla sua posizione di potenza emergente. Brasilia, desidera quindi svolgere un ruolo in Medio Oriente, allo stesso titolo dei membri del Quartetto. Egli nota l’assenza del Brasile dal passato coloniale della regione, le sue buone relazioni con le varie parti in conflitto e la mancanza di interesse economico, a breve termine, per proporsi come mediatore neutrale.

Lula da Silva s’è fatto notare, nel rifiutarsi di visitare la tomba di Theodor Herzl, fondatore del sionismo ebraico. Ciò gli è valsa la stima dei palestinesi e una rampogna dal ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Liberman. Tuttavia, s’è raccolto allo Yad Vashem, una visita che ha descritto come "obbligatoria per ogni capo di Stato".

In tal modo, il presidente brasiliano ha convalidato il mito che Israele non è stato stabilito dai sionisti cristiani, dopo che avevano arruolato Herzl alla loro causa, ma dai vincitori della seconda guerra mondiale, come risarcimento dei crimini nazisti.

Lula da Silva è stato ricevuto alla Knesset. Prima di parlare, il Primo Ministro Netanyahu ha pronunciato un discorso inaugurale. Ha ricordato la storica sottrazione territoriale di Gerusalemme est, e ha confermato la costruzione di 1600 nuove case, riservate agli ebrei. Poi, ha invitato il Brasile ad aderire all’azione collettiva per impedire all’Iran di acquisire armi nucleari.

Nella sua risposta, il presidente brasiliano non ha sollevato la questione dell’annessione territoriale, che ha messo nel conto dei profitti e delle perdite. Poi, ha criticato il modo in cui Israele intende costringere l’Iran ad abbandonare il suo programma di armi nucleari, e ha rilevato che l’America Latina e i Caraibi sono una zona denuclearizzata. Questa fermezza era, si sospetta, destinata a mostrare la sua indipendenza nei confronti di Israele.

Tuttavia, il presidente brasiliano ha semplicemente replicato uno scenario ben oliato, durante la polemica sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein: Tel Aviv lancia un’accusa che tutti sanno essere falsa, ma un fantoccio pretesa neutra, la convalida discute i dettagli delle sanzioni, contribuendo in ultima analisi, a giustificare l’aggressione militare. Così ha denunciato il pericolo di isolare l’Iran, per meglio ripetere la falsa propaganda, sostenendo che il paese cerca di costruire la bomba atomica.

Lula da Silva ha partecipato a Betlemme, a fianco del primo ministro dell’Autorità palestinese Salam Fayyad, a un forum di imprenditori palestinesi e brasiliani per lo sviluppo economico dei Territori, rafforzando la sua immagine di un uomo pragmatico al servizio della pace.

In realtà, il presidente brasiliano ha solo applicato la parola d’ordine di Benjamin Netanyahu per una pace "economica" con Fatah, in Cisgiordania (in opposizione alla guerra contro gli elettori di Hamas, nella Striscia di Gaza). Ha rilasciato belle parole ai palestinesi, mentre firmava un accordo concreto con gli israeliani, per aprirgli le porte del Mercosur.

In definitiva, nulla dimostra che il Brasile si sia invitato come negoziatore in Medio Oriente, anche se potrà svolgere un ruolo di sostegno alla messa in scena per legittimare il governo fantoccio di Fayyad, e per corroborare le accuse contro l’Iran. Resta che il signor Lula da Silva è un candidato alla successione di Ban Ki-Moon, come Segretariato generale delle Nazioni Unite, e che questo viaggio ha segnato l’apertura della sua campagna.

Traduzione di Alessandro Lattanzio