In prima fila i presidenti Barack Obama degli Stati Uniti, Xi Jinping della Cina e Vladimir Putin della Russia durante il vertice APEC di Pechino.

Il vertice APEC a Pechino ha dato risultati migliori rispetto al G-20 di Brisbane, che ha approfondito il divario tra G7 e BRICS.

Al di là della supposta fuga del Presidente Putin, spacciata dai media anglosassoni, pugnaci nella disinformazione, fonti russe sussurravano che in realtà sia stato oggetto di minacce di morte e che perciò aveva fatto inviare dalla Russia le navi da guerra, l’incrociatore lanciamissili Varjag e il cacciatorpediniere Marshal Shaposhnikov, al largo delle coste australiane, fatto confermato dall’ambasciata russa a Canberra [1].

Il G-20 in Australia, aggressivo membro dell’anglosfera e sottilmente assediato dalle navi da guerra russe, non è stato così comune.

Il Presidente Putin aveva denunciato qualche giorno prima che l’economia russa non sarà dominata dalla dittatura del dollaro [2] e che si prepara, sotto l’influenza delle gravi sanzioni, alla guerra economica con la banca centrale russa che acquistava 55 tonnellate di oro durante il terzo trimestre [3].

Il presidente russo che boicotta i petrodollari e tesorizza l’oro è doppiamente temerario; sappiamo che fine hanno fatto altri capi di Stato, Sadam Husayn e Muammar Gheddafi, che avevano seguito tattiche simili.

Luisa Corradini, del quotidiano argentino La Nación [4] rivela che al banchetto offerto al presidente russo dal mandarino Xi, a margine del vertice APEC, fu detto che Cina e Russia dovrebbero resistere alla pressione degli Stati Uniti e restare uniti nell’interesse del mondo.

Quasi nulla è trapelato sulla stampa occidentale, totalmente controllata da Stati Uniti e anglosfera, sul mini-vertice dei cinque Paesi BRICS tenutosi a margine del G-20, denunciando la posizione degli Stati Uniti, criticati per non aver ratificato la riforma del Fondo monetario internazionale nel 2010, minandone legittimità e fiducia accordategli [5]. Si apriva una nuova grave frattura tra G7 e BRICS.

La frattura nel G-20 è su tutti i livelli, aperta oscenamente dai media dell’anglosfera, Regno Unito, Canada, Australia, quando insultavano a getto continuo il Presidente Putin sul contenzioso ucraino, mentre i rappresentanti BRICS sceglievano la moderazione.

Il quotidiano ufficiale cinese Global Times [6] diagnosticava che il G-20 di Brisbane aveva deviato, mentre uno dei obiettivi principali era stimolare crescita e occupazione, con ogni attenzione del pubblico che invece si concentrava sulla rivalità tra occidente e Russia.

Lo stesso organo ritiene che la Cina abbia assai meglio gestito il summit dei 21 Paesi APEC, che non l’Australia il vertice del G-20. Non si potrebbe dire meglio...

Solo il quotidiano Le Monde, portavoce non ufficiale della diplomazia francese, ammette che oltre l’intensa retorica tra occidente e Russia, la vera rivalità sia oggi tra Cina e Stati Uniti [7]. Sylvie Kauffmann, analista de Le Monde, è d’accordo con Philip Stephens del Financial Times [8]: la Russia è "una potenza in declino, dalle ambizioni regionali", ha detto.

Ma deve essere riconosciuto che sul piano economico, militare e scientifico la Russia è molto più potente di Francia e Regno Unito, due ex-potenze coloniali al collasso.

Tale distorsione incredibile è al centro del problema della sottovalutazione della Russia e della sopravvalutazione dell’occidente.

Più cauto dei suoi bellicosi colleghi inglesi, Andrew Critchlow del Daily Telegraph [9] ammetteva che l’economia globale soffrirà, nonostante il pio desiderio del G-20 a Brisbane di cui non rimarrà alcuna traccia se non il ricordo dell’uscita frettolosa di Vladimir Putin. A suo avviso, se l’obiettivo era mostrare Putin isolato sulla scena mondiale, infliggendo un duro colpo alla sua popolarità nel proprio Paese, la manovra è fallita rivelando la profonda incomprensione della mentalità russa.

Aggiungeva che invece dell’obiettivo del G-20 di una crescita del 2%, "il pericolo per l’economia globale è la controversia tra occidente e Russia, ampiamente riconosciuta come nuova guerra fredda, che agirà da freno significativo della crescita nei prossimi anni", essendo la Russia già l’ottava economia mondiale.

Andrew Critchlow aggiungeva che l’occidente già risente delle dolorose conseguenze dell’isolamento di Mosca, mentre l’Europa ha più bisogno dei petrodollari che non la Russia dello scalcinato blocco economico di 27 Paesi che litigano per decidere se restare uniti (mi correggo: 28 non 27).

Lasciando da parte il risentimento personale verso Putin, David Cameron, primo ministro del principale Paese dell’anglosfera, il Regno Unito, decimo PIL mondiale, mentre il Canada è il 14.mo e l’Australia il 18.mo, avvertiva, in chiusura del G-20, dell’imminente secondo crash globale, mentre il Giappone, altro Paese molto bellicoso e privo di memoria nucleare, cadeva nell’ennesima recessione e la zona euro è sull’orlo di una terza [10]. Si comprende l’isteria del G7...

Da Pechino (APEC) a Brisbane (G-20), Obama ha illustrato una personalità multipla: è passato dalla prestanza seducente alla brutalità retorica, raggiungendo l’apice all’University of Queensland, quando ha declassato la minaccia globale della Russia a terza (dopo averla piazzata seconda) dopo jihadisti ed ebola, mentre pontificava, verso la Cina, sulla gestione statunitense della regione Asia/Pacifico che secondo il sito WSWS equivaleva alla minaccia di una guerra [11].

Obama ha sparato contro la Cina senza menzionarla: un efficace ordine di sicurezza per l’Asia non dovrebbe basarsi sulle sfere di influenza, coercizione o intimidazione, in cui grandi Paesi sottomettono i piccoli, ma su mutue alleanze su sicurezza, diritto e norme standard internazionali, aveva detto.

Al di fuori della realtà multipolare, per non parlare del nuovo disordine geostrategico, Obama ha assicurato il suo costante sostegno agli alleati regionali, quale unica iper-potenza mondiale [12].

Frank Sieren, analista di Deutsche Welle, da parte sua affermava che il recente trattato di libero scambio tra Australia e Cina “ha inorridito gli Stati Uniti” [13], secondo cui sarebbe una minifrattura del blocco occidentale, nell’ambito della macro-frattura tra G7 e BRICS.

Più cauti della vuota spavalderia dell’anglosfera e dell’insostenibile solipsismo unipolare, Robert Blackwill e Dimitri Simes dell’importante sito The National Interest consigliavano di aprire un canale privato con Putin, e cercare di porre fine al confronto USA/Russia sull’Ucraina prima che vada fuori controllo [14].

Sì, il mondo è in pericolo, non c’è bisogno che ce lo dicano Gorbaciov e Kissinger...

Traduzione
Alessandro Lattanzio
(Sito Aurora)
Fonte
TeleSUR (America Latina)

[3Putin "Prepares For Economic War", Buys Whopping 55 Tonnes Of Gold In Q3”, Tyler Durden, Zero Hedge, 13 November 2014.

[4«El equilibrio del poder se reparte entre EE.UU., Rusia y China», Luisa Corradini, La Nación (Argentina), 16 de noviembre de 2014.

[6G20 will better connect China and world”, Global Times, 17 November 2014.

[7«A l’Est, rien de nouveau», Sylvie Kauffmann, Le Monde, 15 septembre 2014.

[8Gorbachev is wrong about a new cold war”, Philip Stephens, Financial Times; 13 November 2014.

[9Global economy to suffer as Putin quits G20 early”, Andrew Critchlow, Daily Telegraph, 16 November 2014.

[10Red lights are flashing on the global economy”, David Cameron, The Guardian, 17 November 2014.

[11Obama’s speech in Australia: A threat of war against China”, James Cogan, WSWS, 17 November 2014.

[13Sieren’s China: US sidelined by Australia-China trade deal”, Frank Sieren, Deutsche Welle, 17 November 2014.

[14Dealing with Putin”, Robert Blackwill e Dimitri Simes, The National Interest, 16 November 2014.