A margine della manifestazione "Io sono Charlie" dell’11 gennaio 2015, 56 capi di Stato e di governo si sono riuniti in una strada adiacente alla processione e si sono fermati per qualche minuto davanti alle telecamere prima di tornare a casa. Sulla base di queste immagini, sono stati presentati essere alla guida di una dimostrazione a cui non hanno mai aderito.

Gli attentati in Francia nel gennaio 2015 hanno scatenato una dimostrazione impressionante ("IO sono Charlie"), e anche una campagna di denuncia di coloro che ne mettono in dubbio il senso. Quasi tutti i principali media hanno dedicato spazio e articoli non per discutere i fatti, ma per demonizzare coloro che ne discutono.

La linea di tale campagna è stata spiegata dalla direttrice politica della redazione di France2 Nathalie Saint-Criq, che è arrivata a spiegare, al telegiornale del 12 gennaio: "Sono proprio coloro che non sono "Charlie" che è necessario individuare. Coloro che, in alcune scuole hanno rifiutato il minuto di silenzio, coloro che "si presentano" sui social network e coloro che non vedono questa lotta come loro. Bene sono costoro che dobbiamo identificare, trattare, integrare o reintegrare nella comunità nazionale".

L’appello mccarthista di Nathalie Saint-Criq

Nathalie Saint-Cricq è la compagna di Patrice Duhamel, direttore generale di France Télévisions incaricato delle antenne, vale a dire di guidare il censimento del servizio pubblico televisivo. Quest’ultimo è il fratello del giornalista Alain Duhamel. Questi tre giornalisti esprimono da molti anni il consenso della classe dirigente francese.

Da dove proviene la preoccupazione che colpisce la stampa francese?

Dopo la pubblicazione de L’ncredibile menzogna e la discussione globale che la riguarda, una parte crescente della popolazione, non solo in Francia ma in tutti gli Stati membri della NATO, e non solo tra loro, non ha più fiducia sull’informazione dei media mainstream. Nel 2002 e negli anni successivi, la credibilità di stampa e radio era scesa al 44%, quella della televisione al 53%. Nel tempo era risalita al 50% per la stampa, al 55% per la radio e al 58% per la televisione [1].

Si osserverà che, per la classe dirigente, la credibilità dei media è misurata per categoria mediatica, non dal contenuto, indicando quasi totale mancanza di pluralismo delle idee.

La pubblicazione di un articolo di Thierry Meyssan [2] nelle ore che seguirono l’attentato a Charlie Hebdo ha improvvisamente riaperto il dibattito sulla fiducia nei media. Dal suo esilio siriano, il giornalista ha sottolineato che il comportamento dei terroristi non avevano alcun rapporto con quello dei jihadisti, ma piuttosto era paragonabile a quello dei commando militari. Pertanto, secondo lui, la cosa importante non è tanto se i terroristi erano musulmani, o se avessero avuto contatti con jihadisti autentici, ma chi ne fosse il mandante. L’articolo è stato ampiamente ripreso in Francia da molti siti, diffuso dalle mailing list e consultato, in tre giorni, più di 800000 volte nella sezione francese del sito di Rete Voltaire [3].

Stranamente, questo problema, affrontato da molti media stranieri tra cui BBC e CNN, non è stato ripreso in Francia dalla stampa mainstream. Peggio ancora, la campagna contro coloro che esprimevano dubbi, citava spesso l’articolo di Thierry Meyssan senza mai rispondere alle argomentazioni.

Nello stesso articolo, il giornalista in esilio ha osservato che l’attentato a Charlie Hebdo mirava a far rivivere la "guerra di civiltà", una strategia che non è mai stata rivendicata dai Fratelli musulmani, al-Qaida o dal SIIL, ma solo dai neoconservatori e falchi liberali statunitensi. Non è più necessario essere accusati di "antisemitismo". In effetti, i neocon erano originariamente un gruppo di giornalisti trotskisti che animava la rivista sionista ebraica Commentary [4].

Anche se tale accusa è assurda, probabilmente mirava a rilevare che le idee di Thierry Meyssan sono state ampiamente riportate, discusse e commentate dai membri di Riconciliazione nazionale, il partito politico appena creato da Alain Soral e Dieudonné. Ora, come suggerisce il nome, questa formazione si propone di riunire cittadini di diversa provenienza politica, compresi coloro che hanno militato nella destra estrema antisemita.

La stampa francese deve affrontare due sfide simultanee: prima, la sfida al dominio anglosassone nel mondo di cui Thierry Meyssan è l’avanguardia e, seconda, l’emergere del nuovo movimento politico francesi che sfida il "tradimento delle élite" intorno Dieudonne e Alain Soral.

Parlando in Parlamento sugli attentati, il primo ministro Manuel Valls indicava anche il comico Dieudonné quale obiettivo prioritario da abbattere, "Che terribile coincidenza, che affronto vedere il recidivo dell’odio tenere il suo spettacolo in sale affollate, lo stesso sabato sera in cui, la Nazione, a Porte de Vincennes, si raccoglieva. Non permetteremo ciò e che la giustizia sia implacabile verso questi predicatori dell’odio! Lo dico con forza qui all’Assemblea Nazionale!" [5]. Il giorno dopo, il comico è stato arrestato e incarcerato. E’ accusato di essersi beffato della mobilitazione "Io sono Charlie" ridicolizzandola con le parole: "Mi sento Coulibaly Charlie" (il nome di uno dei terroristi), che sarebbe un appello all’odio antisemita.

Così, oggi in Francia, la difesa della libertà di espressione significa incarcerare un comico.

Non tutti i francesi sono stati interessati dalla mobilitazione

In tale contesto, di sfida ai media e al potere politico, degli studi sono stati condotti per capire quali francesi hanno resistito alla narrazione pubblica e quale sarebbe l’impatto futuro sui partiti politici. In primo luogo, compare una forte disparità regionale: il tasso di partecipazione dei cittadini alle manifestazioni "Io sono Charlie" ha raggiunto il 71% a Grenoble e Rodez, ma scende al 3% ad Havre o Henin-Beaumont [6].

Mobilitazione "Io sono Charlie"
Fonte: Ifop

Secondo Ifop, la linea di frattura corrisponde a quella del voto al Front National [7], ma potrebbe anche corrispondere a quello del "no" al referendum del 2005 sulla Costituzione europea [8]. Dopo la revisione, l’Istituto respinge l’ipotesi di una correlazione con l’appartenenza religiosa all’Islam.

Il voto al Front National alle elezioni presidenziali del 2012
Fonte: Ifop
Il "no" al referendum del 2005 sulla Costituzione europea.
Fonte: Frédéric Salmon

In altre parole, la sfida all’unanimità di "Io sono Charlie" corrisponde alle aspirazioni degli elettori del Front National, ma probabilmente arriverà a corrispondere a quello dei votanti contrari all’UE anti-repubblicana e anti-democratica.

Il tasso di penetrazione del pensiero critico, chiamato "cospirazionismo", è stato misurato da Ifop per Sud Ouest [9].

Il giornale dice che "deve" essere ricordato, in un’intervista con il politologo Emmanuel Taieb. Sociologo, professore a Sciences Po Lyon, è già noto per un dibattito specialistico sulla pena di morte. Anche se non aveva mai scritto un articolo scientifico sulle "teorie della cospirazione", si presenta, dopo l’attentato a Charlie Hebdo, come uno dei maggiori esperti e viene intervistato da molti media.

Con "teorie della cospirazione", va qui indicata l’"adesione a tesi" contestanti le versioni consensuali di eventi politici. Emmanuel Taieb afferma che queste "teorie" non sono "voci" (termine utilizzato durante la campagna del 2002), ma sono prodotte da persone note (cita Jean-Marie Le Pen, Thierry Meyssan e Lyndon LaRouche) che non sono giornalisti (Thierry Meyssan è ancora legalmente in possesso del tesserino da giornalista ed è redattore di diversi giornali pubblicati in diversi Paesi). Afferma che, in definitiva, "La maggior parte delle teorie del complotto è solo una nuova forma di anti-imperialismo e anti-sionismo".

Logicamente il giornale parte dalla faccenda dell’11 settembre per arrivare ad "Io sono Charlie". Il 21% degli intervistati "non è veramente sicuro che tali attentati (l’11 settembre 2001) siano stati pianificati e realizzati esclusivamente dall’organizzazione terroristica al-Qaida". Questo scende al 16% per gli attentati di gennaio 2015.

Ifop e Sud Ovest del 25 gennaio 2015.
Indagine su un campione di 1051 persone rappresentativo della popolazione francese dai 18 anni in su, condotto con un questionario online auto-somministrato dal 21 al 23 gennaio 2015.

Naturalmente, la formulazione delle domande in parte induce le risposte. In ogni caso, il 16% è già una questione politica rilevante. Lo studio di Ifop prosegue osservando che chi contesta la spiegazione dell’11 settembre è presente in tutto lo spettro elettorale, con una sovrarappresentazione del Front National. Ma ecco, riguardo a "IO sono Charlie", sono più numerosi nel Front de Gauche e nell’UMP che nel Partito socialista o nel Front National. Così la retorica che assimila dissenso a origine dall’estrema destra o a odore di antisemitismo, crolla. I "complottisti" sono in realtà cittadini che si ribellano al sistema in difesa dei valori della Repubblica e della democrazia. Cosa ben compresa da Front National, evoluitosi ampiamente in un decennio da partito di estrema destra a partito patriottico, Front de Gauche e Riconciliazione nazionale, ora, anche se i tre partiti non sono correlati.

Traduzione
Alessandro Lattanzio
(Sito Aurora)

[1Barometro della fiducia nei media, TNS-Sofres

[2"Chi ha ordinato l’attacco contro Charlie Hebdo?”, Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 7 gennaio 2015.

[3Voltairenet.org è disponibile in sedici lingue.

[4"Les New York Intellectuals et l’invention du néo-conservatisme", Denis Boneau, Réseau Voltaire, 26 novembre 2004.

[6Marche républicaine “pour Charlie”: des disparités de mobilisation lourdes de sens, Ifop focus No. 121, gennaio 2015.

[7Nelle elezioni europee del 25 maggio 2014, il Front National (FN) è diventato il primo partito in Francia con il 24,86% dei voti espressi.

[8Alla domanda "Lei approva il disegno di legge che autorizza la ratifica del trattato che adotta la Costituzione per l’Europa? ", il "No"ha vinto con il 54,68% dei voti, il 29 maggio 2005.

[9"Comme l’ombre d’un doute", Sylvain Cottin, Sud Ouest, 25 gennaio 2015.