Bombardando alcune installazioni del PKK in Iraq e arrestando alcuni dei responsabili del partito in Turchia, il 24 luglio 2015, il governo turco ha, allo stesso tempo, aggredito l’Iraq e rotto la tregua che aveva sancito con il PKK.

Nulla lasciava presagire un cambiamento di politica dell’amministrazione Erdoğan. Ttanto più che alle elezioni legislative di un mese e mezzo fa, il Partito Democratico dei Popoli (HPD), che riunisce 33 associazioni e 7 partiti politici, tra cui gli schieramenti kurdi, ha ottenuto il 13% dei voti.

Le formazioni kurde turche lottano per l’uguaglianza dei diritti, qualunque sia l’etnia, il sesso o la religione; considerano che il conflitto siriano non è una guerra civile, ma un’aggressione straniera, alla quale partecipa la Turchia.

Fino al 1998, il presidente fondatore del PKK, Abdullah Öcalan, era un rifugiato politico a Damasco. Tuttavia la Siria, non poté più assicurare la sua protezione dal momento in cui, l’ allora presidente Süleyman Demirel, la minacciò di entrare in guerra. Il sig. Öcalan partì allora per l’ Italia, poi la Russia, prima di essere sequestrato in Kenya dal Mossad, processato in Turchia e condannato alla reclusione a vita.

I rifugiati kurdi in Siria, hanno ottenuto la nazionalità siriana nel 2012. Il governo di Damasco gli ha concesso un’autonomia regionale in Rojava (Kurdistan Occidentale) e gli rifornisce armi per la propria difesa.

Secondo il quotidiano turco Hürriyet, il presidente Obama avrebbe autorizzato la Turchia a creare una "no fly zone" in Siria. Si tratterebbe di una area di 90 km di larghezza, lungo la frontiera turca, che permetterebbe un accesso al Mediterraneo da parte del Kurdistan iracheno, alleato di Israele e della Turchia.

Tuttavia, questo annuncio, che tra l’altro si contrappone agli status della NATO, è stato vigorosamente smentito dal Dipartimento di Stato.

Traduzione
Federico Vasapolli