La Federazione Russa ha venduto il 19,5% del capitale di Rosneft a Glencore [1] e al Qatar. Oltre il 50% del capitale del colosso petrolifero rimane comunque in mano allo Stato russo.

Non si conosce esattamente quale sia ora la ripartizione esatta del capitale di Rosfnet, che è la prima impresa petrolifera mondiale.

Questa decisione è stata presa nel momento in cui l’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump fa presumere che verranno rimosse le sanzioni economiche contro Mosca e, quindi, l’accordo sulla riduzione della produzione petrolifera presa in seno all’OPEC dovrebbe consentire al prezzo del grezzo di continuare a crescere, anche se lentamente.

Peraltro, Rosneft aveva acquisito, appena prima di quest’operazione, la compagnia petrolifera Bachneft. Secondo il Comitato d’inchiesta russo, il ministro dell’economia, Alexei Uliukaev, avrebbe illegalmente incassato 1,8 milioni di euro in cambio dell’assenso all’operazione. Il ministro è stato messo agli arresti domiciliari.

Il valore in borsa di Rosneft è valutato in 55,02 miliardi di euro. La vendita delle azioni a Glencore e al Qatar è stata fatta a un valore inferiore del 2% alla quotazione, ossia per 10,5 miliardi di euro.

Il Qatar è già azionista maggioritario di Glencore.

I 10,5 miliardi di euro di saranno incassati dall’impresa pubblica Rosneftgaz, che dovrebbe riversarne una parte allo Stato, che li utilizzerà per coprire il deficit conseguente alle sanzioni economiche europee.

Separando totalmente politica economica e politica estera, la Russia ha concluso un’alleanza con il Qatar, Paese contro cui combatte militarmente in Siria.

Traduzione
Rachele Marmetti

[1In Italia la Rosneft è presente, con una quota del 12%, nella SARAS (Società Anonima Raffinerie Sarde), operativa nel settore della raffinazione del petrolio e nella produzione di energia elettrica. È guidata da Angelo e Gianmarco Moratti.
In Italia la multinazionale Glencore controlla gli stabilimenti di Portovesme, frazione di Portoscuro, sulla costa, a una settantina di chilometri a ovest di Cagliari. Vi si lavorano piombo, alluminio e zinco, sfruttando impianti rilevati negli anni Novanta dall’EFIM (Ente partecipazioni e finanziamento industrie manifatturiere), ente soppresso nell’ambito della svendita di gran parte dell’ENI ai privati. Ndt.