Facebook ha annunciato la revoca degli account in inglese della televisione panamericana TeleSur.
Il direttore di Facebook, Mark Zuckerberg, il 7 agosto 2018 ha personalmente coordinato con Apple, Google, Spotify e YouTube (ma non Twitter) la soppressione, per «complottismo», degli account collegati ad Alex Jones e a InfoWars. Ora vuole epurare Facebook anche dalla «propaganda comunista» (sic!).
TeleSur, creata per iniziativa del presidente Hugo Chavez, è una rete pubblica d’informazione continua che trasmetteva inizialmente in Argentina, Bolivia, Cuba, Equador, Uruguay e Venezuela. Argentina ed Equador si sono successivamente ritirati.
Nel 2005, dopo il Congresso Axis for Peace, organizzato a Bruxelles da Thierry Meyssan, TeleSur, allora diretta da Aram Aharonian, prese in considerazione un possibile partenariato con Al-Jazeera. Non se ne fece nulla perché la rete del Qatar cambiò linea editoriale e divenne portavoce dei Fratelli Mussulmani. TeleSur ha invece concluso un accordo con Angola, Guinea Bissau e Mozambico per programmi in portoghese e ha realizzato uno scambio di programmi con la rete libanese Al-Mayadeen.
TeleSur produce anche programmi in inglese, quelli che Mark Zuckerberg vuole eliminare dalla rete. È infatti assolutamente necessario per il comando USA dell’America Latina (US SouthCom) impedire alle autorità venezuelane di comunicare ai cittadini statunitensi la loro versione della crisi del Paese [1].
Nel 1999, durante l’attacco dell’attuale Serbia, la NATO bombardò la televisione jugoslava. Durante l’attacco all’Afghanistan e all’Iraq, il presidente Bush aveva pensato di bombardare Al-Jazeera, in Qatar, ma il primo ministro britannico, Tony Blair, gli annunciò che, con i Fratelli Mussulmani, stava per riprendere le redini della rete televisiva. Nel 2006, durante l’attacco israeliano al Libano, gli Stati occidentali oscurarono la rete dello Hezbollah, Al-Manar; Tsahal la bombardò. Nel 2011 la NATO bombardò la rete nazionale libica.
[1] “Il “colpo da maestro” degli Stati Uniti contro il Venezuela”, di Stella Calloni, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 13 maggio 2018.
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