Diverse settimane fa il presidente venezuelano Nicolas Maduro aveva parlato della formazione, nella giungla colombiana, di un’unità di mercenari filo-USA da addestrare per sferrare un attacco sotto falsa bandiera alla Colombia, da attribuire al Venezuela e creare così i presupposti di una guerra in America Latina.

Il 1° marzo 2019 il Protettore dello Stato di Táchira, nonché direttore nazionale delle CLAP (organismo per la distribuzione delle razioni alimentari), Freddy Bernal, ha accusato l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati di aver preso in carico 435 mercenari stranieri e disertori venezuelani. Bernal ha affermato che i mercenari sono alloggiati negli hotel Bolívar, Caravana e Cavalier de Cúcuta (in Colombia, a nord di Santander) e comandati dal generale-traditore venezuelano Clíver Alcalá Cordones: starebbero preparando l’azione sotto falsa bandiera denunciata dal presidente Maduro.

Ricordiamo che, a novembre 2011, il rappresentante speciale del segretario delle Nazioni Unite per la Libia, Ian Martin, ex direttore mondiale di Amnesty International, organizzò il trasferimento via nave di 1.500 membri di Al Qaeda libici. Erano comandati da Abdelhakim Belhaj (ex numero 3 di Al Qaeda) e da Mehdi el-Harati. Sbarcati in Turchia, stazionarono dapprima in un campo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (all’epoca diretto dall’attuale segretario generale dell’ONU, António Guterres). I parlamentari turchi che chiesero di visitare il campo, che ospitava solo uomini, non furono autorizzati a entrare. In seguito, i libici furono trasportati in pullman dai servizi segreti turchi (MİT) a Jabal Al-Zouia, in Siria, dove costituirono la prima unità del sedicente Esercito Siriano Libero e realizzarono le prime sequenze video sulla “rivoluzione siriana”, utilizzate dai media occidentali e del Golfo.

La vicenda fu rivelata al Consiglio di Sicurezza dell’ONU dall’ambasciatore russo Vitali Tchourkine.

L’Alto Commissariato per i Rifugiati è oggi diretto da Filippo Grandi, che nel 2011 era il vice di António Guterres.

Traduzione
Rachele Marmetti