«Sono appena ritornato da Alessandropoli, una visita strategicamente importante che ha messo a fuoco sia le eccezionali relazioni militari fra Stati uniti e Grecia, sia l’investimento strategico che il governo degli Stati uniti sta facendo ad Alessandropoli»
lo ha dichiarato il 16 settembre l’ambasciatore statunitense in Grecia Geoffrey Pyatt (nominato nel 2016 dal presidente Obama).

Il porto di Alessandropoli, nella Grecia nord-orientale confinante con Turchia e Bulgaria, è situato sull’Egeo a ridosso dello Stretto dei Dardanelli che, collegando in territorio turco il Mediterraneo e il Mar Nero, costituisce una fondamentale via di transito marittima soprattutto per la Russia.

Quale sia l’importanza geostrategica di questo porto, che Pyatt ha visitato insieme al ministro greco della Difesa Nikolaos Panagiotopoulos, lo spiega la stessa Ambasciata Usa ad Atene: «Il porto di Alessandropoli, grazie alla sua ubicazione strategica e alle sue infrastrutture, è ben posizionato per appoggiare esercitazioni militari nella regione, come ha dimostrato la recente Saber Guardian 2019».

L’«investimento strategico», che Washington sta già effettuando nelle infrastrutture portuali, mira a fare di Alessandropoli una delle più importanti basi militari Usa nella regione, in grado di bloccare l’accesso delle navi russe al Mediterraneo.

Ciò è reso possibile dalle «eccezionali relazioni militari» con la Grecia, che da tempo ha messo le sue basi militari a disposizione degli Stati uniti: in particolare Larissa per i droni armati Reapers e Stefanovikio per i caccia F-16 e gli elicotteri Apache.

Quest’ultima, che sarà privatizzata, verrà acquistata dagli Usa. L’ambasciatore Pyatt non nasconde gli interessi che portano gli Usa a rafforzare la loro presenza militare in Grecia e altri paesi della regione mediterranea: «Stiamo lavorando con altri partner democratici nella regione per respingere malefici attori come la Russia e la Cina che hanno interessi differenti dai nostri», in particolare «la Russia che usa l’energia quale strumento della sua malefica influenza». Sottolinea quindi l’importanza assunta dalla «geopolitica dell’energia», affermando che «Alessandropoli ha un ruolo cruciale di collegamento per la sicurezza energetica e la stabilità dell’Europa».

La Tracia Occidentale, la regione greca in cui è situato il porto, è infatti «un crocevia energetico per l’Europa Centrale e Orientale». Per capire che cosa intenda l’ambasciatore basta dare uno sguardo alla carta geografica.

La limitrofa Tracia Orientale – ossia la piccola parte europea della Turchia – è il punto in cui arriva, dopo aver attraversato il Mar Nero, il gasdotto TurkStream proveniente dalla Russia, in fase finale di realizzazione.

Da qui, attraverso un altro gasdotto, il gas russo dovrebbe arrivare in Bulgaria, Serbia e altri paesi europei. È la contromossa russa alla riuscita mossa degli Stati uniti che, con il determinante contributo della Commissione europea, bloccarono nel 2014 il gasdotto South Stream che avrebbe dovuto portare il gas russo in Italia e da qui in altri paesi della Unione europea.

Gli Stati uniti cercano ora di bloccare anche il TurkStream, obiettivo più difficile poiché entrano in gioco i rapporti, già deteriorati, con la Turchia. Fanno per questo leva sulla Grecia, a cui forniscono crescenti quantità di gas naturale liquefatto in alternativa al gas naturale russo.

Non si sa che cosa stiano preparando in Grecia gli Stati uniti, anche contro la Cina che intende fare del Pireo un importante scalo della Nuova Via della Seta.

Non ci sarebbe da stupirsi se, sul modello dell’«Incidente del Golfo del Tonchino», si verificasse nell’Egeo un «Incidente di Alessandropoli».

Fonte
Il Manifesto (Italia)