La CIA sta conducendo una campagna, presentata come “reinformazione”, per sostenere che, benché il COVID-19 sia comparso per la prima volta in Cina, la Russia vorrebbe far credere a un complotto statunitense.

Secondo l’agenzia Reuters, il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) (European External Action Service) ha così redatto un documento confidenziale di nove pagine ove accusa la Russia di aver diffuso 80 notizie tendenziose (Fake news) per seminare il panico nell’Unione [1].

Secondo quanto dichiarato dalla Task Force per la Disinformazione del SEAE il 19 marzo, l’azione della Russia si appoggerebbe, in particolare, su un articolo dell’universitario australiano Binoy Kampmark, pubblicato da Oriental Review, e su un’analisi di Alexander Dugin, pubblicata da Geopolitica. Non ci sono tuttavia elementi per accusare i due autori della benché minima distorsione della realtà.

Il dibattito sull’origine del COVID-19 è stato aperto il 12 marzo da un tweet di Zhao Lijian (foto), portavoce del ministero degli Esteri cinese: una reazione all’audizione del direttore del CDC (Centers for Disease Control and Prevention), Robert R. Redfield, davanti alla Commissione di Controllo e di Riforma (House Oversight and Reform Committee) della Camera dei Rappresentanti. Redfield si era lasciato sfuggire che il COVID-19 era stato rinvenuto su cadaveri di statunitensi ritenuti morti per l’influenza stagionale. Zhao Lijian si è quindi domandato se il virus non fosse comparso per la prima volta negli Stati Uniti e ha invitato le autorità americane a maggiore trasparenza. Non gli è mai stato risposto.

Il 23 marzo l’ambasciata della Repubblica Popolare di Cina a Parigi (non quella della Federazione Russa) ha postato via tweet tre domande alle autorità statunitensi:
 «Prima domanda: quanti casi di COVID-19 ci sono stati tra i 20 mila morti per l’influenza cominciata nel settembre scorso? Gli Stati Uniti hanno forse tentato di mascherare la polmonite del nuovo coronavirus con la normale influenza?
 La seconda domanda riguarda l’improvvisa chiusura, a luglio scorso, del più grande centro di ricerca americano di armi biologiche, la base di Fort Detrick, in Maryland [2]. Dopo la chiusura del centro sono comparsi negli Stati Uniti una serie di casi di polmonite o di malattie simili.
 Terza domanda: perché numerosi alti funzionari americani hanno venduto molti titoli azionari prima del tonfo della borsa, pur continuando ad assicurare alla popolazione che negli Stati Uniti l’epidemia di COVID-19 era sotto controllo?»

Traduzione
Rachele Marmetti

[2Deadly Germ Research Is Shut Down at Army Lab Over Safety Concerns”, Denise Grady, The New York Times, August 5, 2019.