Alla vigilia della seconda guerra mondiale, il ministro dell’Informazione, George Mandel, propose di eleggere a suffragio universale un Consiglio di sorveglianza delle nascenti reti radiofoniche e televisive. Un’istituzione democratica che non vide mai la luce. Oggi questo ruolo è svolto da una commissione amministrativa, il CSA.

Prima ancora dell’inizio della campagna elettorale, il Consiglio Superiore per l’Audiovisivo (CSA) l’ha distorta imponendo il conteggio del tempo a disposizione di un editorialista, candidato potenziale; per conservare il diritto a esprimersi su altri media, costui è stato costretto a dimettersi dalla rete televisiva per cui lavorava, che a sua volta non avrebbe potuto mantenerlo al suo posto senza rischiare una censura del CSA.

È un attacco intollerabile alla democrazia e una violazione della legge (art. 3, comma 1 bis, della legge modificata 62-1292, del 6 novembre 1962).

In Francia la libertà di espressione è la regola (art. 11 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, preambolo della Costituzione); non sono però ammessi reati quali pregiudizio alla vita privata, ingiuria e diffamazione, nonché l’istigazione all’odio. Il CSA è istanza di regolamentazione dell’audiovisivo, istituita non per svolgere compiti di polizia − prerogativa anche in questo campo della Giustizia − ma per garantire che tutti gli orientamenti possano esprimersi sulle onde hertziane, disponibili in numero limitato. Il CSA ha inoltre la responsabilità di vigilare sull’equità del tempo di parola a disposizione di ciascun candidato, a partire dalla pubblicazione delle liste da parte del Consiglio Costituzionale [1].

Con la presidenza di Dominique Baudis, il CSA si è trasformato in organo di censura: nel 2002 vietò ai media dell’audiovisivo di dare voce a Thierry Meyssan. Nel 2005 vietò ai protagonisti della televisione via cavo di ritrasmettere la rete libanese Al-Manar, ordinando loro di offuscarla. In entrambi i casi la decisione non si fondava su provvedimenti giudiziari, bensì sull’opinione dei suoi membri.

Il CSA ha in seguito dissuaso le reti radiofoniche e televisive dall’invitare parecchie personalità, basandosi però su condanne giudiziarie.

Solo il Consiglio di Stato può annullare le decisioni del CSA. Ma deve essere il candidato in pectore a farvi ricorso. In ogni caso, tenuto conto degli stretti legami tra i membri delle due istituzioni, è assai poco probabile che il Consiglio di Stato imponga il rispetto di una legge che il Consiglio Superiore dell’Audiovisivo vìola.

Per quanto riguarda il Codice Elettorale, è possibile impedire la manipolazione della campagna elettorale perseguendo penalmente i membri del CSA che, abusando del proprio potere, adottino una decisione lesiva della democrazia. È diritto del presidente della repubblica in carica, ossia del guardiano delle istituzioni, nonché di tutti i candidati alla successione ricorrere al procuratore della Repubblica.

Traduzione
Rachele Marmetti

[1Art. 1 bis della legge modificata 62-1292 del 6 novembre 1962: «A far data dalla pubblicazione della lista dei candidati e fino al giorno precedente l’inizio della campagna elettorale, gli editori dei servizi di comunicazione audiovisiva rispettano, sotto il controllo del Consiglio Superiore dell’Audiovisivo, il principio di equità per quanto concerne la riproduzione e i commenti alle dichiarazioni scritte dei candidati, nonché la presentazione di loro stessi».