Wendy Sherman e Sergey Riabkov hanno preso atto che gli Stati Uniti non intendevano discutere con la Russia.

Questo articolo è il seguito di:
 1 – «La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», 4 gennaio 2022.
 2 – «In Kazakistan Washington porta avanti il piano della RAND, poi toccherà alla Transnistria», 11 gennaio 2022.

La stampa occidentale non riesce a seguire le relazioni fra i tre grandi (Cina, Stati Uniti e Russia) perché le segmenta. Considera ogni problema separatamente e non tiene conto dei collegamenti. In particolare, ignora la differenza tra il diritto anglosassone e quello delle Nazioni Unite, cadendo così in numerosi errori d’interpretazione.

La scorsa settimana Stati Uniti e Russia si sono incontrati tre volte per discutere le garanzie di pace:
– a Ginevra, a livello di viceministri degli Esteri;
– a Bruxelles, nella Commissione Nato-Russia;
– infine a Vienna, all’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa).

Gli Stati Uniti hanno rinnovato l’ammonimento riguardo alla presenza di 100 mila soldati russi alla frontiera con l’Ucraina; la Russia s’è invece indignata per il rifiuto degli USA di discutere la proposta di pace.

Frattanto il Congresso degli Stati Uniti discuteva di sanzioni contro la Russia; il dipartimento di Stato allargava alla Cina l’atteggiamento adottato verso la Russia e il dipartimento della Difesa valutava un incremento dell’arsenale militare.

Sullo sfondo, due iniziative di Washington: l’operazione di destabilizzazione del Kazakistan e il blocco economico totale della Transnistria, adottato dall’Unione Europea su pressione degli Stati Uniti.

Se gli Stati Uniti insistono a rifiutarsi di prendere in considerazione i rimproveri e le argomentazioni della Russia, Mosca minaccia di dispiegare proprie truppe nel bacino dei Caraibi.

L’unico passo in avanti è stata la possibilità di rilanciare i negoziati fra Stati Uniti e Russia sul controllo dei missili nucleari a media raggio, un Trattato rifiutato a suo tempo dal presidente Donald Trump.

Il contenuto dei negoziati

Dopo aver cenato amabilmente con gli omologhi russi all’arrivo a Ginevra, il mattino seguente, all’avvio dei negoziati, la delegazione statunitense li ha informati di avere ricevuto mandato solo per discutere del dispiegamento in Ucraina delle truppe americane e russe.

«Per noi le priorità più importanti sono altre: il non-allargamento della NATO, l’eliminazione dell’infrastruttura creata, la rinuncia ad alcune misure, non su base reciproca, bensì unilaterale da parte dell’Occidente» aveva dichiarato Sergey Riabkov sin dall’arrivo a Ginevra [1].

I russi hanno replicato che il mandato della delegazione USA non rispondeva, se non in via accessoria, all’obiettivo ufficiale dell’incontro: trovare garanzie che assicurino la pace mondiale. Wendy Sherman e Sergey Riabkov hanno poi passato in rassegna i temi su cui avrebbero potuto discutere, trovandone infine uno solo: un nuovo Trattato di riduzione dei missili nucleari a medio raggio; il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) era stato infatti ricusato dal presidente Donald Trump.

Il giorno successivo Sherman ha partecipato alla riunione della Commissione Nato-Russia a Bruxelles. Viste le difficoltà degli ambasciatori alleati a valutare le intenzioni di Washington dopo l’abbandono dell’Afghanistan ai talebani e il tradimento della Francia con l’accordo AUKUS, Sherman ha permesso loro di prendere la parola per primi, per poi dichiarare infine alla delegazione russa: «Certo, voi siete uno e rispetto a voi noi siamo trenta, ma la nostra posizione è una sola». Ha poi delineato cosa accadrebbe all’Europa se Washington cedesse a Mosca: diventerebbe un continente nuovamente diviso in due zone d’influenza, una atlantista, l’altra russa, proprio come durante la guerra fredda.

Parole che hanno risvegliato drammatici ricordi, sicché gli ambasciatori alleati non sono stati più in grado di ascoltare altro. I dinieghi della delegazione russa – che ricordava di non essere sovietica e di non voler dividere il continente – erano solo un brusio di fondo. Forse i russi hanno presentato di nuovo le richieste di rispetto della Carta dell’Onu e della parola data, ma nessuno se ne ricorda.

I commenti della stampa statunitense hanno rilevato che la riunione ha dato alla Nato – denigrata dai presidenti Donald Trump ed Emmanuel Macron – una nuova ragione per esistere: combattere la Russia.

In queste condizioni, la terza riunione, quella dell’OSCE a Vienna, è stata solo, per usare l’aggettivo di Sergey Lavrov, «dilatoria». L’OSCE non ha poteri decisionali, è un forum istituito durante la guerra fredda per vagliare le posizioni. La presidenza svedese del Consiglio permanente dell’OSCE rispecchia la posizione di questo Paese: ufficialmente neutrale, al proprio interno dibatte la futura adesione alla Nato. Gli alleati si sono tenuti sulla difensiva, mentre gli stessi Stati Uniti cercavano di guadagnare tempo. Al termine della riunione non c’è stato nemmeno un comunicato finale.

Mosca s’aspettava un rifiuto in blocco da parte di Washington, ma è stata comunque disgustata dalla modalità usata dai diplomatici statunitensi per manipolare i membri della Nato e dell’OSCE. Per la seconda volta Putin si è scontrato con l’irrazionale comportamento degli europei dell’Unione: nel 2007, nell’intento di allontanarli dal sovrano statunitense, si recò infatti alla conferenza sulla Sicurezza di Monaco, esortando gli europei occidentali a interrogarsi su quale fosse il loro vero interesse [2]. Come oggi, anche allora il presidente russo aveva creduto, a torto, di poter catturare la loro attenzione, in particolare quella dei tedeschi.

È inevitabile prendere atto che la maggior parte dei dirigenti europei, salvo l’importante eccezione dei russi, non desidera l’indipendenza: rinunciano alla responsabilità e preferiscono essere proni a un ordine mondiale illegittimo e crudele.

Isteria a Washington

A Washington, la Casa Bianca è conscia di non possedere più i mezzi per perseguire la propria politica globale, ma non lo è la classe dirigente. Il Congresso è stato teatro di magniloquenti interventi di denuncia dell’impudenza russa, in particolare del presidente Vladimir Putin. I parlamentari sono arrivati al punto di discutere della possibilità di sanzionarlo personalmente, il che implicherebbe rompere le relazioni diplomatiche con la Russia. Nessuno sembra consapevole che gli Stati Uniti non sono più la prima potenza militare mondiale e che sono stati sostituiti da Russia e Cina.

Il Congresso si è diviso soprattutto sul possibile ripristino delle sanzioni contro il gasdotto Nord Stream 2, argomento meno stupido delle sanzioni contro il presidente russo. Il senatore repubblicano Marco Rubio ha difeso l’idea di sanzionare i tedeschi venuti a patti con «il diavolo», compreso l’ex cancelliere social-democratico Gerhard Schröder, che avrebbe pilotato la costruzione del gasdotto per far sì che i tedeschi non avessero scelta [3]. I Democratici invece, su consiglio della Casa Bianca, hanno sostenuto che sarebbe più assennato indurre i tedeschi a scegliere da soli il giusto campo, invece di costringerveli. Il governo ucraino ha appoggiato questa opzione di buon senso, ricordando che i tedeschi hanno negoziato garanzie affinché la Russia non utilizzi le forniture di gas come arma [4].

Il grottesco dibattito è nato perché tutti si sono dimenticati del motivo che indusse il presidente Joe Biden a togliere le sanzioni contro Nord Stream 2 poco prima del vertice russo-statunitense di Ginevra [5]: fu un mezzo per girare agli europei la fattura dei danni della guerra in Siria: avrebbero pagato il gas russo a buon mercato, ma un po’ meno a buon mercato del previsto. Nessuno ricorda nemmeno più che gli Stati Uniti hanno perso la guerra contro la Siria.

Tutto continua come se nulla fosse

Lungi dal cedere sulla questione di fondo, il dipartimento di Stato ha esteso la propria versione delle intenzioni russe alla Cina, che sostiene la Russia: ora non c’è più soltanto la Russia che vuole invadere l’Ucraina ed estendere la propria legge all’intera Europa orientale e centrale, c’è anche la Cina che vuole conquistare l’intero Mar Cinese.

Se la controversia con la Russia è posteriore alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, quella con la Cina rinvia a tempi più remoti, ossia al tragico periodo coloniale.

Per respingere le argomentazioni di Beijing, il dipartimento di Stato si basa su una decisione della Corte d’arbitrato dell’Aia del 2016, che dà torto alla Cina riguardo a una disputa territoriale con le Filippine [6]. Ma una corte d’arbitrato non è un tribunale; per di più, non essendo riconosciuta dalla Cina, questa Corte non ha arbitrato un bel nulla, ha soltanto ratificato l’interpretazione filippina della controversia. L’episodio, lungi dall’avere una qualche valenza giuridica, dimostra come gli Stati Uniti interpretino il diritto internazionale in generale e la Carta delle Nazioni Unite in particolare.

La Cina rivendica, a ragione, le isole che governava nel XVIII secolo e che ha abbandonato dopo essere crollata sotto i colpi di maglio della colonizzazione. La maggior parte di queste isole è rimasta disabitata fino a trent’anni fa, ossia fino al crollo dell’Unione Sovietica. Pretendendo assegnarle ai propri alleati della regione, gli Stati Uniti danno ulteriore prova dell’imperialismo conquistatore che li ha indotti a portare l’Europa centrale e orientale sotto il comando della Nato.

Inoltre, nella stessa settimana Washington ha proseguito nell’operazione di destabilizzazione del Kazakistan e di sostegno agli appelli a rovesciare il regime, lanciati da Parigi da Mukhtar Ablyazov. Infine ha incoraggiato l’Unione Europea a organizzare il blocco della Transnistria, Stato non riconosciuto incastrato tra Ucraina e Moldavia [7]. Sembra che gli Stati Uniti abbiano perso in Kazakistan, ma che stiano già preparando in Transnistria la successiva fase della loro strategia.

Gli Stati Uniti si trincerano nel rifiuto e inviano emissari a tutti i vassalli per avvertirli di un imminente attacco russo all’Ucraina, preceduto da una provocazione sotto falsa bandiera.

Conclusione provvisoria

La settimana appena trascorsa ha dimostrato, come c’era d’aspettarsi, che gli Stati Uniti non intendono rispettare né la Carta delle Nazioni Unite né la parola data. Non arretreranno da nessuna parte di propria iniziativa. Le loro proposte mirano, nella migliore delle ipotesi, a preservare lo status quo.

La loro strategia sembra basata sulla convinzione che russi e cinesi non oseranno mai andare allo scontro. È la teoria dell’“uomo folle” (madman theory) usata a suo tempo dal presidente Richard Nixon contro l’Unione Sovietica: certo ho torto e forse non sono il più forte, ma sono pazzo e ho reazioni irrazionali e imprevedibili. Me ne infischio di vincere, sono comunque in grado di spaccare tutto. Un atteggiamento da giocatore di poker che non ha permesso agli Stati Uniti di vincere la guerra del Vietnam.

Quando la Russia ha pubblicato la proposta di Trattato di garanzia della pace aveva ovviamente previsto la successiva mossa. Ora però è costretta ad adattarla perché Washington è riuscita a radunare attorno a sé tutti i vassalli impauriti. Se scontro ci sarà, sarà nucleare e si chiuderà con un bilancio di centinaia di milioni di vittime.

Se Washington pianifica la prossima scaramuccia in Transnistria, Mosca s’appresta a compiere la nuova mossa, probabilmente nel bacino dei Caraibi, sul modello della crisi dei missili cubani del 1962. Si tratterebbe di provocare uno choc per far prendere coscienza alla classe dirigente statunitense che non ha più la superiorità di cui ha tanto fatto uso e abuso.

Traduzione
Rachele Marmetti

[1Riabkov mette gli USA di fronte alle loro responsabilità”, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 10 gennaio 2022.

[2« La gouvernance unipolaire est illégitime et immorale », par Vladimir Poutine, Réseau Voltaire, 11 février 2007.

[3Fact Sheet on the Ted Cruz bill on Nord Stream 2, Voltaire Network, January 12, 2022

[4Document send by Naftogaz to the US Congress, Voltaire Network, January 12, 2022

[5Biden-Putin, una Yalta II piuttosto che un nuovo Berlino”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 22 giugno 2021.

[6Propaganda mediatica: I cinesi sono espansionisti”, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 13 luglio 2016.

[7Josep Borrell organizza l’assedio del Donbass e della Transnistria”, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 10 gennaio 2022.