La Fondazione per combattere l’ingiustizia di Evgueni Prigojine ha intervistato Thierry Meyssan sulle tensioni di questi giorni fra Nato e Russia. Secondo Meyssan però gli Stati Uniti, che sanno di non potersi opporre al ritiro ma di poterlo solo rinviare, utilizzano la pressione russa per mettere ordine tra gli alleati. Non si tratta quindi di uno scontro Oriente-Occidente, ma di un conflitto interno alla Nato.
(Domande in inglese, risposte in francese, sottotitoli in russo)
Meera Terada: Buongiorno! Oggi intervistiamo Thierry Meyssan, giornalista francese, presidente-fondatore di Réseau Voltaire. Sono felice di vederla, Thierry. Grazie di essersi collegato con noi. Nelle ultime settimane i media occidentali (europei e statunitensi) vogliono far credere che la Russia stia per mandare truppe in Ucraina. The Washington Post, The New York Times, CNN, Deutsche Welle, Le Figaro, Le Monde, The Daily Mail, Guardian e altri media dicono che tra alcuni giorni la Russia inizierà l’invasione militare dell’Ucraina. Lei crede che siano accuse fondate? Quale potrebbe essere lo scopo?
Thierry Meyssan: In realtà non si tratta affatto di questo: il problema è nato il 17 dicembre scorso, quando la Russia ha reso pubblica la proposta di trattato a garanzia della pace con gli Stati Uniti [1]. Siccome gli Stati Uniti non desiderano affatto rispondere positivamente, stanno creando un diversivo con la questione ucraina. Ma la Russia non ha mai avuto intenzione d’invadere l’Ucraina. È solo uno stratagemma per distogliere l’attenzione dal vero problema.
M.T.: Sappiamo che la missione dei dirigenti russi è convincere Stati Uniti e Nato a trovare un accordo sulle garanzie di sicurezza in Europa; in particolare a non installare missili a medio e corto raggio negli Stati dell’Europa dell’Est e a impegnarsi per iscritto a non estendere la Nato a Ucraina e Georgia. Si tratta di garantire la pace in Europa sul lungo periodo. Perché gli Stati Uniti e alcuni dei loro alleati cercano di presentare gli sforzi diplomatici della Russia come atto di aggressione?
T.M.: Si tratta di una vecchia storia: la Nato fu creata contro l’Unione Sovietica all’indomani della seconda guerra mondiale. L’Unione Sovietica rispose creando il Patto di Varsavia. Ma la Nato contrasta con la Carta delle Nazioni Unite perché, a differenza dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, non è una confederazione, bensì un’organizzazione diretta dagli Stati Uniti e gli alleati sono semplici vassalli.
La Carta delle Nazioni Unite sancisce invece che tutti gli Stati sono indipendenti e uguali fra loro.
Nella Nato non c’è parità. È un fatto molto importante perché per tutta la guerra fredda la Nato poté organizzare assassinii politici e colpi di Stato nelle nazioni alleate. In Grecia il colpo di Stato dei colonnelli fu organizzato dalla Nato. Checché se ne dica, oggi è ancora così. Pensiamo all’invasione della Libia. La Nato non ha rispettato i suoi stessi statuti: l’invasione della Libia avrebbe dovuto essere decisa dal Consiglio Atlantico, ma gli Stati Uniti sapevano che alcuni Stati alleati non approvavano la distruzione della Libia. Per questa ragione non hanno riunito il Consiglio Atlantico. Hanno fatto una riunione con membri selezionati a Napoli e hanno deciso d’invadere e distruggere la Libia. Oggi, quando la Nato strilla che la Russia invaderà l’Ucraina, è un pretesto per rafforzare il sistema d’ingerenza negli Stati membri. Del resto il Pentagono ha detto che stava riorganizzando le reti stay behind della Nato in Ucraina, Paese formalmente non membro dell’Alleanza Atlantica ma che già ubbidisce agli Stati Uniti.
Per l’operazione Ucraina sono state mobilitare reti di neonazisti, che ricevono direttamente o indirettamente aiuto della Nato e, comunque, sono inquadrati dalla CIA e dall’MI6 britannico.
Inglesi e statunitensi dominano congiuntamente la Nato sin da quando fu istituita. Ovviamente oggi i britannici sono molto meno forti. Quindi il problema posto dalla Russia mette in discussione l’esistenza stessa della Nato. Se gli Stati Uniti vogliono rispettare la Carta delle Nazioni Unite devono trasformare la Nato o scioglierla.
M.T.: Giorni fa la Casa Bianca ha trattato la Russia da aggressore e il presidente Joseph Biden ha ordinato l’invio di un contingente supplementare di truppe statunitensi in Europa. Significa che gli Stati Uniti intensificano deliberatamente il contrasto sull’Ucraina e sacrificano la sicurezza europea alle proprie ambizioni geopolitiche?
T.M.: Non credo. Gli Stati Uniti non hanno affatto intenzione di fare guerra a Russia e Cina. Sarebbe al disopra delle loro possibilità. Hanno mandato in Europa soldati mal addestrati, non in grado di combattere contro l’esercito russo.
Le forze armate statunitensi sono imponenti, ma nel complesso non sono in grado di combattere contro soldati ben addestrati di grandi Paesi. Si battono solo contro piccoli Stati del Terzo Mondo.
È stato facile distruggere Afghanistan, Iraq, Libia, Siria; Paesi che non avevano esercito e vivevano sotto embargo da almeno una decina d’anni. Non avevano alcuna speranza di fronteggiare l’esercito USA. È molto facile colpire nazioni indebolite dalle sanzioni. Oggi l’esercito russo è addestrato, in grado di misurarsi con nemici alla sua altezza.
Inoltre le forze armate russe hanno armamenti in larga misura superiori, sia sul piano convenzionale sia su quello nucleare; senz’altro superiori a quelli degli Stati Uniti. È noto che per quanto riguarda il nucleare la Russia possiede missili Zircon e Avangard, in grado distruggere la forza d’urto statunitense.
In Siria la Russia ha dimostrato di possedere materiale bellico per un conflitto convenzionale di altissima qualità, molto superiore a quello degli Stati Uniti. Ricordiamoci che all’inizio della guerra la Siria non aveva armi. Era sotto embargo da vent’anni. Gli jihadisti avevano invece armi moderne. L’esercito siriano si batteva contro jihadisti armati dagli Stati Uniti. All’arrivo dei russi le cose sono cambiate. C’è voluto più tempo del previsto, ma l’esercito russo ha potuto testare nuove armi. Per questo sono convinto che gli Stati Uniti non vogliano affatto l’escalation in Siria o in Ucraina. Il loro scopo è mobilitare gli alleati allarmandoli: «Attenti, siete in pericolo. I russi arrivano. Proteggetevi e noi, noi vi difenderemo». Un discorso abbastanza infantile.
M.T.: Informazioni provenienti da fonti diverse affermano che gli Stati Uniti stanno preparando provocazioni antirusse in Donbass e in altre parti dell’Ucraina. Per esempio, il 1° febbraio Réseau Voltaire ha pubblicato un articolo in cui sosteneva che agenti di compagnie militari private statunitensi s’infiltrano nel Donbass e che agenti dell’intelligence britannica e statunitense intendono usare gruppi neonazisti contro la Russia. Quanto sono reali le minacce di attacchi terroristici o di provocazioni a opera di gruppi paramilitari controllati dagli Stati Uniti, allo scopo di screditare la Russia o per trascinarla in guerra?
T.M.: Credo che il rischio di provocazioni sia molto alto, non per provocare una guerra, ma per mettere gli alleati in una posizione di debolezza. «I russi attaccano, è gravissimo. Dovete subito accettare quanto vi chiediamo-» Sì, gli Stati Uniti possono farlo. Sono abituati a farlo. In Medio Oriente manovrano con disinvoltura le organizzazioni islamiste. In Europa usano le organizzazioni naziste, sebbene abbiano pochi adepti. Gli aderenti a queste organizzazioni sono pochi, ma gli si può far fare assolutamente qualsiasi cosa.
M.T.: Non si può dire che le élite europee, e ancor meno i cittadini europei, sostengano incondizionatamente le dichiarazioni sull’inevitabile aggressione russa diffuse da Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna. Per esempio, il ministro francese degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, recentemente ha detto che al momento attuale non ci sono elementi per affermare che la Russia sia pronta a intraprendere azioni in Ucraina. Molti politici tedeschi si sono pronunciati in modo analogo, invitando al dialogo pacifico e condannando gli Stati Uniti. Gli statunitensi non ledono gli interessi degli europei?
T.M.: Gli Stati Uniti sicuramente non hanno alcun interesse ad aiutare gli europei. Al contrario. Nel 1991 Paul Wolfowitz redasse un rapporto per il presidente Bush padre in cui spiegava che bisognava impedire all’Unione Europea di svilupparsi fino a essere in grado di far concorrenza agli Stati Uniti. All’epoca la Russia era in frantumi: era il periodo di Eltsin, il momento del crollo della Russia. Ma l’Unione Europea era in fase espansiva e Wolfowitz scrisse che bisognava impedire alla UE di svilupparsi fino al punto di entrare in concorrenza con gli Stati Uniti. Nel 1991 Wolfowitz riteneva che il nemico principale degli Stati Uniti fosse l’Unione Europea. È ancora così. Gli Stati Uniti considerano l’Unione Europea la faccia civile della medaglia di cui la Nato è la faccia militare. Nato e UE devono camminare insieme. Per questa ragione la Commissione Europea non è elettiva. È un organismo che ha il compito semplicemente di trascrivere in diritto europeo le richieste normative della Nato. Per esempio, perché nell’Unione Europea quando si costruisce una strada lo si fa secondo criteri fissati dalla Nato? Perché occorre che per questa strada possano transitare i carrarmati della Nato.
Quindi oggi gli Stati Uniti ritengono di dover sfruttare le richieste russe per indebolire gli Stati europei, in particolare la prima potenza economica d’Europa, la Germania.
Per questo motivo gli attriti ruotano attorno al gasdotto Nord Stream II, che dovrebbe consentire di erogare energia a tutta l’Unione Europea, senza peraltro soppiantare il gasdotto che passa per l’Ucraina. In Europa il bisogno di energia è infatti in costante aumento. Inizialmente si temeva che Nord Stream II avrebbe sostituito il gasdotto ucraino, ma a lungo termine il timore si è dimostrato infondato. Gli Stati Uniti sono per esempio pronti a tagliare Nord Stream II affinché la Germania non possa più produrre automobili da vendere in Cina. Per lo stesso motivo chiedono a tutti gli Stati europei d’inviare armi e truppe in Ucraina: un modo di far loro spendere soldi inutilmente, di dissanguarli, di privarli di quanto possiedono per combattere un nemico immaginario.
M.T.: È noto, nonché riconosciuto, che nel 1991 la Nato e gli Stati Uniti promisero ai dirigenti dell’Unione Sovietica di non allargare il blocco militare occidentale a est. Tutti i presidenti USA hanno disatteso l’impegno. Nei trent’anni successivi alla caduta dell’URSS la Nato ha inglobato 14 nuovi Stati membri. Perché la Nato si è allargata? Dopo il crollo dell’URSS qual è secondo la Nato la principale minaccia?
T.M.: Nel 1991 c’era il problema della riunificazione delle due Germanie. All’epoca il cancelliere tedesco Helmut Kohl e il presidente francese François Mitterrand avevano la stessa posizione della Russia: non si può estendere la Nato a est senza minacciare a termine la Russia. Dunque, al momento della riunificazione tedesca fu redatto un trattato che firmarono tutti gli Stati della regione, naturalmente anche gli Stati che occupavano la Germania. Fu stabilito che la Nato potesse utilizzare il territorio della Germania dell’Est a condizione che non si estendesse ulteriormente. Lo firmarono tutti. Ma non finisce qui. Successivamente, nel 2010, i membri dell’OSCE firmarono un trattato, la Dichiarazione di Astana, in Kazakistan: tutti gli Stati sono liberi di allearsi militarmente, ogni Stato può aderire a qualsiasi alleanza militare. È ovvio che nessuno dei 57 Stati dell’OSCE può provvedere alla propria sicurezza a danno degli altri.
Lo ritengo molto importante perché nella risposta alla Russia [2] gli Stati Uniti fanno riferimento proprio alla Dichiarazione di Astana.
Se l’Ucraina firmasse il Trattato del Nord Atlantico ma non entrasse nel comando integrato della Nato, non ci sarebbero problemi. Ma Ucraina e Stati Uniti intendono fare entrare Ucraina e Georgia nel comando integrato, ossia porre le forze armate di Ucraina e Georgia sotto il comando di un ufficiale degli Stati Uniti. Ovviamente è inaccettabile.
Si ripropone la medesima situazione del 1962, quando gli Stati Uniti piazzarono missili in Turchia per minacciare l’Unione Sovietica, e l’Unione Sovietica piazzò missili a Cuba per minacciare gli Stati Uniti. È un equilibrio impossibile. Non si può fare senza provocare una guerra. Ebbene, gli Stati Uniti l’avevano già capito negli anni Sessanta: l’Unione Sovietica ritirò i missili da Cuba e gli Stati Uniti li ritirarono dalla Turchia.
E oggi non lo accettiamo? Ma che storia è questa?
M.T.: A lungo Ucraina e Russia sono state una sola nazione. Sono Paesi inestricabilmente legati culturalmente, storicamente e mentalmente. Negli anni Novanta l’unità si è spezzata. Da allora sul territorio ucraino hanno cominciato a nascere numerosi centri di lavaggio del cervello, di europeizzazione e occidentalizzazione della cultura slava. A distanza di alcuni decenni Ucraina e Russia sono diventate avversarie strategiche. Qual è lo scopo delle élite occidentali a proposito di relazioni tra Russia e Ucraina?
T.M.: La risposta è complicata perché i dirigenti politici a Washington, i membri del Congresso e dell’alta amministrazione non sono consapevoli della realtà. Sono convinti che gli Stati Uniti siano ancora la prima potenza economica e militare del pianeta. Non è più così. Sono convinti che gli Stati Uniti abbiano diritto di fare quel che fanno perché sono i più forti. Attorno al presidente Biden c’è un secondo gruppo, ma sono pochissime persone, che però guardano in faccia la realtà. Sanno che gli Stati Uniti non hanno più la forza d’imporre al mondo il proprio sistema. Capiscono che la Russia vuole che gli USA si ritraggano ma vogliono rallentare il processo. Malauguratamente c’è un terzo gruppo, i cosiddetti neoconservatori. Una definizione però non molto precisa. Questo terzo gruppo è composto da persone formatesi alla scuola del filosofo Leo Strauss, che viveva a Chicago. Strauss spiegò come e perché istituire una dittatura mondiale. Una dottrina che non si trova nei suoi testi filosofici, ma nel suo insegnamento orale. Non ci sono scritti, ma ci sono molte testimonianze. In ogni caso – doveva essere ottobre – questo gruppo ha inviato a Mosca uno dei propri membri, la sottosegretaria di Stato Victoria Nuland.
Nel 2014 Nuland organizzò il colpo di Stato di Piazza Maïdan. È la medesima persona che nel 2006 dichiarò la fine alla guerra d’Israele contro il Libano: Israele stava per essere schiacciato dallo Hezbollah, così Nuland organizzò un cessate-il-fuoco per consentire il ritiro israeliano senza che l’esercito fosse inseguito dallo Hezbollah. Nuland appartiene a una famiglia molto potente, i cui membri sono tutti altissimi esponenti dei think tank più duri di Washington. A ottobre scorso si è recata a Mosca per avvertire i russi, a nome del gruppo cui appartiene, che gli Stati Uniti esigevano il loro rientro nei ranghi. Evidentemente l’incontro non è andato bene. Anzi qualcuno sostiene che i diplomatici russi l’abbiano messa alla porta. Non so. In ogni caso, Nuland ha avuto in seguito altri due incontri, meno burrascosi. Avrebbe dovuto incontrare anche il presidente delle organizzazioni ebree russe, ma il colloquio non c’è stato: gli ebrei russi si sono rifiutati d’incontrarla. Nuland ha lasciato Mosca dopo aver suscitato un’allerta generale fra le autorità russe.
Quindici giorni dopo William Burns, direttore della CIA, si è recato a sua volta a Mosca per spiegare al ministro degli Esteri: «Scusate, negli Stati Uniti non sono tutti come la signora Nuland. Noi siamo più ragionevoli, possiamo discutere, e via dicendo».
Nell’amministrazione Biden ci sono due gruppi che cercano di contenersi l’un l’altro: è questa la vera guerra, non è fra Russia e Stati Uniti. Sì, la vera guerra è all’interno dell’amministrazione Biden, tra il gruppo che è stato formato da Leo Strauss e il resto dell’amministrazione.
Credo che occorra essere consapevoli che il contrasto in seno all’amministrazione americana non si risolverà con uno scontro armato con la Russia. Se ci sarà un regolamento di conti, esso avrà luogo a Washington. Può darsi che gli europei ne siano travolti. Possono esserci Stati europei che attraversano momenti molto difficili a causa di questo. Quando dico “Stati europei” intendo l’Unione Europea e gli Stati che vogliono aderire alla Nato, ovviamente non parlo della Russia o della Bielorussia. E siccome questi “Stati europei” hanno rinunciato all’indipendenza e i loro dirigenti sono abituati solo a obbedire senza mai prendere l’iniziativa, potrebbero essere duramente colpiti dagli avvenimenti. Potrebbero essere loro le prime vittime.
M.T.: Sono storia recente – degli anni Duemila – l’invasione da parte degli Stati Uniti dell’Iraq e dell’Afghanistan, i bombardamenti americani di Libia, Siria e Somalia, nonché i colpi di Stato da loro organizzati. Se a giudizio dell’establishment statunitense uno Stato indipendente cerca di agire autonomamente e persegue i propri interessi strategici, allora questo Stato subisce sanzioni, minacce e talvolta bombe. Come possono Paesi sovrani, o Paesi che ambiscono a diventare sovrani, unirsi contro i diktat e l’egemonia degli Stati Uniti?
T.M.: Come dicevo all’inizio dell’intervista, gli Stati Uniti sanno battersi solo contro Paesi che non hanno mezzi per reagire. È facile schiacciare l’Afghanistan. Se tutti vengono ammazzati, ci si riesce. Dagli attentati dell’11 settembre 2001, esattamente dall’indomani di questi attentati, gli Stati Uniti hanno adottato una dottrina militare che non hanno mai reso pubblica, ma che sappiamo essere stata adottata perché oggetto di articoli su riviste dell’esercito degli Stati Uniti, nonché di articoli di specialisti militari che, man mano che veniva sviluppata, ne spiegavano l’attuazione. Viene chiamata dottrina Rumsfeld/Cebrowski, dal nome di Donald Rumsfeld, segretario alla Difesa, e di quello dell’ammiraglio Arthur Cebrowski, suo consigliere strategico [3].
Gli Stati Uniti hanno preso la mappa del mondo. Vi hanno individuato le regioni integrate nell’economia globale: ovviamente i Paesi della Nato, ma anche Russia e Cina. Hanno preso atto che non potevano attaccarli. Hanno allora rivolto l’attenzione ai Paesi non integrati nell’economia globale: America Latina, Africa e quello che hanno chiamato “Medio Oriente Allargato”. Cosa vuol dire questa locuzione? Indica la regione che va dal Marocco fino al Pakistan, comprendendo il Corno d’Africa. Secondo lo stato-maggiore degli Stati Uniti, in tutte queste zone si devono distruggere gli Stati. Sia chiaro: non si tratta di distruggere Paesi e relativi popoli, ma di distruggere proprio gli Stati, le strutture politiche affinché i popoli non possano più difendersi e si possa depredarli a piacimento. Hanno applicato questa strategia innanzitutto nel Medio Oriente Allargato: in Afghanistan, poi in Iraq, in Libia, in Siria e nello Yemen. Hanno compiuto operazioni anche in altri Paesi, pur senza dichiarare loro guerra. Anche in Paesi grandi amici, per esempio in Arabia Saudita, dove una regione è stata praticamente rasa al suolo nel silenzio generale.
Più volte gli Stati Uniti hanno dichiarato che avrebbero abbandonato questa strategia. Doveva essere questo l’obiettivo della commissione Baker-Hamilton su quanto accaduto in Iraq. La commissione Baker-Hamilton ha detto: è triste, è spaventoso quel che abbiamo fatto, abbiamo ammazzato un mucchio di persone, abbiamo creato un caos insostenibile. Dobbiamo ritirarci dall’Iraq. Sì, dobbiamo ritirarci dall’Iraq, ma non per questo abbandoneremo questa strategia. Sicché gli Stati Uniti hanno ingaggiato truppe mercenarie che continuassero il lavoro iniziato dall’esercito regolare.
Guardi l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, la Siria: guerre che dovevano durare una o due settimane, al massimo un mese, ma che non sono mai finite, tranne il caso particolare della Siria, dove hanno perso. Quando arrivano in un Paese, gli Stati Uniti ne distruggono tutte le strutture politiche. È il loro obiettivo. Non vogliono vincere la guerra, vogliono distruggerne tutte le capacità difensive, sicché prolungano la guerra il più possibile.
Il presidente Putin ha recentemente detto che è molto strano che oggi non si vincano più le guerre. Gli Stati Uniti iniziano le guerre, ma non le finiscono. A mio parere, è questa la considerazione più importante: dal 2001 gli Stati Uniti non finiscono una guerra. Ne scatenano di nuove guerre, ma sono tutte «guerre senza fine». Proprio così le ha definite George Bush, «guerre senza fine».
È quanto accaduto in Medio Oriente. L’hanno fatto appoggiandosi agli jihadisti, che affermano di combattere ma in realtà formano e armano. Possono farlo anche in Europa, dove vanno a fare la guerra ai nazisti, ma allo stesso tempo li armano e li strutturano.
M.T.: Non è un segreto che non ci sono disaccordi inconciliabili tra Europa e Russia. Ci sono invece gravi contrasti tra Stati Uniti e Russia. L’Europa è estremamente importante per la Russia – economicamente, finanziariamente, politicamente – e la Russia è importantissima per l’Europa. I Paesi europei e la Russia sono in grado di regolare tutti i problemi diplomatici urgenti senza implicare Paesi terzi?
T.M.: La questione dell’Europa è un problema che si è sempre posto. L’Impero russo ha dovuto affrontare l’Impero britannico. Il XIX secolo è stato dominato da questo scontro. Ancora oggi sono i britannici a ispirare la politica degli Stati Uniti contro la Russia.
Personalmente non capisco perché la classe dirigente russa abbia tanta ammirazione per la Gran Bretagna, un Paese che è esattamente l’opposto della Russia. In Russia si cerca innanzitutto di essere responsabili di se stessi. In Inghilterra si cerca di dominare gli altri con ogni mezzo: due modi di concepire la vita opposti e totalmente incompatibili.
All’inizio dell’intervista dicevo che la Nato non ha mai combattuto prima l’Unione Sovietica, poi la Russia. La Nato però ha sempre combattuto i propri membri. Le sue uniche azioni ufficiali sono l’attacco alla Jugoslavia e alla Libia.
La Jugoslavia è territorio europeo. Gli Stati Uniti vi hanno creato uno Stato fittizio, il Kosovo, che altrimenti non esisterebbe; l’Unione Europea vi ha costruito un altro Stato fittizio, la Bosnia Erzegovina, facendone una propria colonia. Il fatto che l’Unione Europea possa avere una colonia e che gli Stati Uniti possano averne un’altra, entrambe create negli anni Novanta, è aberrante.
Oltre a questo, gli Stati Uniti hanno organizzato operazioni segrete di ogni tipo. Per esempio in Francia l’Organization de l’Armée Secrète (OAS), formata da persone che si opponevano all’indipendenza dell’Algeria. L’OAS ha avuto il sostegno diretto della CIA per assassinare il presidente Charles De Gaulle: una quarantina di tentativi di uccisione, tutti con l’appoggio degli Stati Uniti.
Quando il presidente De Gaulle decise di mettere alla porta la Nato (la sede della Nato era a Parigi) disse: «Ora dovete andarvene». Si sono trasferiti a Bruxelles. Ma con questa posizione De Gaulle si è esposto ancora di più, sicché gli Stati Uniti hanno organizzato il Maggio 68. Tutti sulle barricate. Nessuno sapeva bene perché si contestasse l’autorità. Qualcosa era organizzato, ma non si sapeva cosa fosse organizzato. All’epoca ero ragazzino, mio padre era responsabile del partito gollista e riceveva note di Charles Pasqua [ministro dell’Interno, ndt] che spiegavano come gli Stati Uniti organizzassero il Movimento. Queste note arrivavano durante le rivolte. Le ricordo, ho visto questi documenti. La Nato non esitò a tentare di rovesciare il presidente De Gaulle, che fu salvato dall’Unione Sovietica e dal Partito Comunista Francese che, con Charles Pasqua, organizzò manifestazioni di massa della popolazione di Parigi a sostegno del presidente.
Ma la Nato ha fatto molto altro. Per esempio in Italia ha fatto assassinare il presidente del Consiglio Aldo Moro, che stava per annodare relazioni con i Paesi dell’Est. E ha commesso questo genere di crimini in quasi tutti gli Stati membri.
Secondo me, le vere vittime della Nato sono innanzitutto gli europei dell’Europa occidentale e centrale.
Ma in Europa nessuno ne è consapevole. Nessuno conosce la Storia; per esempio, prima citavo la vicenda di Cuba: gli europei sanno che i sovietici hanno messo missili a Cuba, ma non sanno che c’erano missili USA in Turchia. Ignorano quello che ho raccontato sulle truppe segrete della Nato in Unione Europea. Ignorano i legami tra la Commissione europea e la Nato. Siamo in una regione del pianeta dove non si conosce la propria storia e dove nessuno vede gli avvenimenti per quel che sono. Vediamo solo la spuma delle onde.
M.T.: Un’ultima domanda. Secondo lei il mondo è preparato alla multipolarità e i Paesi del mondo sono pronti a diventare davvero indipendenti dall’unica superpotenza? Ma soprattutto ci si ricorda che questa superpotenza ha causato così tanti morti?
T.M.: Oggi le istituzioni in tutto il mondo sono sempre unipolari. Checché se ne dica, tutte le grandi organizzazioni internazionali soggiacciono all’autorità degli Stati Uniti. Russia e Cina hanno deciso che questo deve finire. Gli Stati Uniti reagiscono facendo credere agli alleati che la Russia chiede la divisione del mondo in zone d’influenza. I giornali europei non parlano che di zone d’influenza: l’Ucraina deve stare nel «campo della libertà»? Oppure l’Ucraina deve sottostare alla «dittatura russa»? Ma non sta qui il problema: Russia e Cina non propongono affatto di dividere il mondo in zone d’influenza.
Come ha detto lei, questi due Paesi auspicano un mondo dove ciascuno sia responsabile di se stesso e dove le alleanze militari consentano di mettere in sicurezza gli Stati. La Russia ne ha dato l’esempio con il Trattato di Sicurezza Collettiva: tutti gli Aderenti sono membri a pieno titolo. Ovviamente la Russia è la più forte, ma non può imporre la propria volontà all’Armenia o al Kazakistan. Il modello che oggi rappresenta la Russia è quello di un Paese completamente pacifico. Ma noi continuiamo a ragionare come durante la guerra fredda. È assai curioso che non si capisca che l’Unione Sovietica – che aveva adottato la dottrina Brežnev per imporre il potere di Mosca sugli Stati del Patto di Varsavia – è sparita. Non esiste più.
La Russia non ragiona come l’Unione Sovietica. La Russia ragiona come la Russia. Il problema delle zone d’influenza mette in discussione il modo di riflettere che usiamo da settant’anni e che probabilmente usavamo già con gli imperi coloniali del XVIII e XIX secolo. Non abbiamo mai considerato i popoli dell’America Latina, dell’Africa o dell’Asia come indipendenti. È vero che all’epoca vi erano popoli che non lo erano affatto. Ma c’erano Stati che comunque meritavano rispetto. È questo che non vediamo, che non comprendiamo; ancora oggi, quando i responsabili politici parlano non ne sono consapevoli.
Lei parlava prima di Jean-Yves Le Drian. Lo ritengo un uomo che ragiona come fossimo nel XIX secolo, a parte il fatto che secondo lui la Francia appartiene all’“Impero americano”: una docile discepola degli Stati Uniti, cui l’impero riserva alcuni privilegi. Trovo tutto questo estremamente triste.
Spero che voi russi continuiate a crescere preservando la vostra indipendenza e che noi europei ci decidiamo alla fine a seguire il vostro esempio.
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