F. William Engdahl
Giornalista statunitense, specialista in questioni energetiche e geopolitiche. Ultimo libro pubblicato: Gods of Money: Wall Street and the Death of the American Century (2010). Recente libro tradotto in italiano: Agri-business. I semi della distruzione. Dal controllo del cibo al controllo del mondo (Arianna Editrice, 2010).
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Negli ultimi mesi l’India ha bruscamente cambiato posizione su diverse questioni. Tutto sembra indicare che il primo ministro Narendra Modi stia cercando di sabotare il riavvicinamento a Cina e Pakistan e creare conflitti artificiosi. Secondo William Engdhal, dietro questo voltafaccia ci sarebbero Washington e Tel Aviv.

Se non fosse per il fatto che la vita di circa 45 milioni di persone è in gioco, la politica nazionale ucraina potrebbe fare ridere come scherzo pessimo. Le eventuali pretese che le elezioni nazionali di ottobre abbiano comportato la parvenza della vera democrazia per la quale migliaia di ucraini dimostrarono a piazza Majdan un anno fa, si dissolvono con l’annuncio del primo ministro beniamino di Victoria Nuland, “Yat” Jatsenjuk, del suo nuovo gabinetto.

L’Ungheria e il suo primo ministro nazional-populista Viktor Orban sono nel mirino delle élite politiche di Washington. Il loro peccato? Non sottostare ai diktat distruttivi della commissione dell’Unione europea di Bruxelles e il tentativo di definire un’identità nazionale ungherese. Ma il peccato capitale è il rapporto profondo con la Russia e la sfida a Washington firmando l’accordo con Gazprom per il passaggio del gasdotto South Stream russo attraverso l’Ungheria.
Orban avviava subito il (...)

Uno dei meno commentati aspetti del spodestamento dell’egiziano Mursi, è la sfida della casa reale saudita nel sostenere l’estromissione della Confraternita e la restaurazione militare. La mossa saudita non ha precedenti per la sua aperta sfida alla Casa Bianca, che ha dichiarato appoggio ai Fratelli musulmani. Le implicazioni della rottura sono enormi.

La rapida azione dei militari egiziani che hanno arrestato Mohamed Morsi e i leader dell’organizzazione dei Fratelli musulmani, il 3 luglio, segna una battuta d’arresto importante per la strategia della “Primavera araba” di Washington, che utilizza l’Islam politico per diffondere il caos dalla Cina alla Russia attraverso il Medio Oriente petrolifero.

Parte I: La nuova guerra dei trent’anni in Africa?
Il Mali a prima vista sembra il luogo più improbabile per le potenze della NATO, guidata dal governo neo-colonialista francese del presidente socialista Francois Hollande (e silenziosamente sostenuto fino in fondo dall’amministrazione Obama), per lanciare quello che viene chiamata da alcuni una nuova Guerra dei Trent’anni contro il terrorismo. Il Mali, con una popolazione di circa 12 milioni di abitanti, e una superficie tre e mezzo volte (...)

Parte I: la Siria arriva nel Caucaso russo
Il 28 agosto Sheikh Said Afandi, noto leader spirituale della Repubblica autonoma russa del Daghestan, veniva assassinato. Un’attentatrice suicida jihadista era riuscita ad entrare in casa sua e a far esplodere un ordigno esplosivo. L’obiettivo dell’omicidio era stato accuratamente selezionato. Sheikh Afandi, 75enne leader musulmano Sufi, aveva svolto un ruolo critico nel tentativo di giungere ad una riconciliazione in Daghestan, tra i salafiti (...)

Dal crollo dell’Unione Sovietica e la fine nominale della guerra fredda, una ventina di anni fa, invece di ridurre la dimensione della loro mastodontica spesa per la difesa, il Congresso e tutti i presidenti degli Stati Uniti hanno ampliato enormemente la spesa per nuovi sistemi di armamenti, l’aumento delle basi militari permanenti in tutto il mondo e l’espansione della NATO non solo ai paesi del Patto di Varsavia, nell’immediata periferia della Russia, ma ha anche ampliato la NATO e la (...)
Dietro l’aumento del prezzo del petrolio: picco del petrolio o speculazione di Wall Street?
di
F. William Engdahl

Mentre la caduta nella domanda di petrolio e l’aumento della produzione dovrebbero abbassare i prezzi, il carburante non è mai stato tanto costoso. Engdahl non ritiene soddisfacenti le spiegazioni che chiamano in causa il timore d’interventi militari e la teoria del picco del petrolio. Punta invece il dito contro la speculazione e la manipolazione delle banche di Wall Street, in collusione con l’Agenzia Governativa che dovrebbe regolare le loro attività, ma il cui presidente – un “ex” azionista della Goldman Sachs – dorme opportunamente sugli allori.

l recente importante ritrovamento di petrolio e gas è destinato a cambiare radicalmente l’equazione geopolitica nella regione del Mediterraneo orientale e oltre. Per cominciare, ha trasferito Israele dalle stalle alle stelle, in termini di indipendenza energetica e di sicurezza. Il Libano contende la parte di giacimenti che si trova all’interno delle sue acque territoriali e si ritrova Washington dalla propria parte. Engdahl esamina le implicazioni di questo sviluppo chiave, che ha già increspato la scena elettorale statunitense, con Netanyahu che scommette sull’avanzata repubblicana contro Obama.
Valutare la situazione prima dell’insurrezione
I progetti segreti per lo Yemendi
F. William Engdahl

Il 25 dicembre 2009, le autorità statunitensi hanno arrestato un nigeriano, Abdulmutallab, a bordo del volo della Northwest Airlines del volo Amsterdam - Detroit, è stato accusato di aver tentato di far saltare l’aereo con una bomba che aveva nascosto all’imbarco. I giorni seguenti, molte notizie si succedevano su CNN, The New York Times e altri media, secondo sui era "sospettato" di essersi addestrato nello Yemen per la missione terroristica. Così il mondo ha visto emergere un nuovo obiettivo della guerra contro il terrorismo degli Stati Uniti, uno stato isolato e impoverito della penisola arabica: lo Yemen. Osservando più da vicino il contesto dell’insorgenza di questa presunta minaccia, l’agenda segreta del Pentagono e dei servizi segreti statunitensi in Yemen, appare più (...)
Chi trae vantaggio dalla rivoluzione in Kirghizistan? (4/4)
Washington e il futuro del Kirghizistan: assicurare un perno geostrategicodi
F. William Engdahl

Nella quarta e ultima parte del suo studio, F. William Engdahl spiega l’importanza geopolitica cruciale per gli Stati Uniti dei fatti di sangue in Kirghizistan. Per Washington, l’Asia centrale è una posizione chiave nella propria strategia di dominio globale, che si basa sulla militarizzazione di tutta la regione. Questo obiettivo è servito dalla tattica provata del conflitto a bassa intensità: essa permette l’espansione della presenza permanente della NATO con il pretesto della "guerra contro il terrorismo", finanziato dalla produzione assai redditizia dell’eroina. In Asia centrale, come suggerito da William Engdahl, dell’impero statunitense si gioca la propria sopravvivenza.

La politica estera tedesca esita tra i legami intrecciati con il vecchio occupante statunitense del XX secolo da una parte e, dall’altra, i suoi interessi economici comuni con il suo partner storico, la Russia. Gerhard Schröder incarna questo dilemma. Vecchio cancelliere atlantista, è oggi padrone di un consorzio russo. Sul piano geopolitico, questa contraddizione si concentra a Lubmin (vicino a Rostock), terminale del gasdotto russo-tedesco.
Chi trae vantaggio dalla rivoluzione in Kirghizistan? (3/4)
La Russia e il futuro del Kirghizistandi
F. William Engdahl

Nella terza parte del suo studio, F. William Engdahl esamina le questioni geopolitiche rappresentate dal Kirghizistan per la Russia, il secondo concorrente per il controllo dello spazio eurasiatico. Dato il blocco militare stabilito dalla NATO e gli Stati Uniti, un regime di neutro del Kirghizistan potrebbe contribuire alla stabilizzazione delle regioni confinanti con la Russia, e le darebbe una mano in Asia centrale. Sospettata di aver provocato i disordini in Kirghizistan, la Russia li ha di recente qualificati come "incostituzionali".
Chi trae vantaggio dalla rivoluzione in Kirghizistan? (2/4)
La Cina e il futuro geopolitico del Kirghizistandi
F. William Engdahl

Continuando con l’analisi di F. William Engdhal di cosa è in gioco in questa preziosa regione, la seconda parte esamina gli interessi geopolitici della Cina in Kyrgyzstan. Fra i fattori che hanno scatenato la "rivoluzione dei tulipani" nel 2005, c’erano i crescenti legami economici fra i due paesi, mal visti da Washington. Oggi, il peso economico della Cina continua a rappresentare la sua arma più potente non soltanto per riconquistare un punto d’appoggio in Kyrgyzstan, cruciale per la sua espansione verso l’Asia Centrale, ma anche per controbilanciare gli effetti destabilizzanti della presenza militare USA in quel paese e nella regione.
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