Fonte
Megachip-Globalist (Italia)

Il discorso di Donald Trump a Riad ha scatenato un’ondata di prese di posizione contro il terrorismo e contro l’Islam politico. Il mondo arabo esprime la sua sete di laicità quando quest’ultima viene snaturata in Europa e utilizzata contro le religioni. Di fronte a questo soffio di libertà, i britannici organizzano il campo dell’Islam politico intorno al Qatar, all’Iran, alla Turchia e ai Fratelli Musulmani.

Mentre il presidente Trump sembra aver più o meno risolto i suoi problemi di autorità interna, il conflitto ormai si manifesta in seno alla NATO. Washington sta parlando attualmente contro la manipolazione del terrorismo, mentre Londra non ha intenzione di rinunciare a uno strumento così utile per estendere la propria influenza. Il gruppo Bilderberg, inizialmente organizzato come una cassa di risonanza dell’Alleanza, è appena stato teatro di un difficile dibattito tra i partigiani e gli avversari dell’imperialismo in Medio Oriente.

Thierry Meyssan osserva le azioni del presidente Trump volte a convincere i suoi alleati e partner a lasciar perdere i jihadisti da loro sostenuti, armati e inquadrati. Contrariamente a quanto rappresentato dalla stampa internazionale e dai suoi avversari politici, la Casa Bianca continua senza sosta da quattro mesi una politica anti-imperialista che comincia a dare i suoi frutti: il processo di cessazione del sostegno saudita ai Fratelli musulmani, la fine del coordinamento dei jihadisti da parte della NATO e il processo di cessazione del finanziamento occidentale ai Fratelli musulmani.

Cresce la preoccupazione in America Latina: gli Stati Uniti e il Regno Unito stanno preparando una "primavera", sul modello delle "primavere arabe". Certo, stavolta non si tratterà di diffondere la guerra dividendo le popolazioni lungo linee religiose - i Latinos sono quasi tutti cristiani - ma di utilizzare elementi di identità locali. L’obiettivo sarebbe comunque lo stesso: non tanto rimpiazzare dei governi con degli altri, bensì distruggere gli Stati per sradicare qualsiasi possibilità di resistenza all’imperialismo.

Dopo aver eletto come Presidente della Repubblica in successione un agente della CIA e un impiegato degli emiri del Golfo, i francesi si son fatti truffare una terza volta, ora da un prodotto israeliano. Credono di avere allontanato lo spettro del fascismo votando per un candidato sostenuto dalla NATO, dai Rothschild, da tutte le società quotate dell’indice CAC40 e dalla stampa unanime. Lungi dal misurare il loro errore, sono ancora sotto ipnosi e non dovrebbero svegliarsi prima della fine delle elezioni legislative.

Contrariamente alle apparenze, l’amministrazione statunitense, lungi dal comportarsi in modo irregolare, tenta di fissare il profilo della sua politica estera. Il presidente Donald Trump sta negoziando con un portavoce di quello Stato profondo che governa il suo paese dall’11 settembre 2001. Sembra che abbiano trovato un accordo quadro, i cui dettagli sono ancora da precisare. I membri dell’amministrazione dovrebbero chiarire la nuova politica estera della Casa Bianca a fine maggio, davanti a una commissione del Congresso.

Mentre la stampa internazionale descrive la grande giravolta di Donald Trump, Thierry Meyssan dimostra che non è proprio così: lungi dall’aver abbandonato il suo ideale di pace, il presidente degli Stati Uniti urla e bombarda, facendo però attenzione a non commettere nulla di irreversibile.

Le cancellerie e la stampa assicurano che il presidente Trump ha cambiato la sua politica e tradito i suoi elettori, nell’accettare le dimissioni del generale Flynn e nel bombardare Chayrat. Thierry Meyssan, da parte sua, rileva incongruenze che suggeriscono il contrario: l’aggressione militare statunitense contro la Siria potrebbe in realtà essere diretta alla fine contro gli alleati di Washington.

Un passo significativo è stato appena intrapreso dall’amministrazione Trump: i suoi principali diplomatici hanno annunciato di riconoscere il diritto dei siriani alla democrazia. Ammettono che questi hanno scelto sovranamente Assad come presidente. È finita la retorica della "democratizzazione" che ha accompagnato tutte le avventure militari delle amministrazioni precedenti.

Mentre Washington moltiplica i segnali che confermano la sua intenzione di distruggere Daesh, i britannici e i francesi, seguiti dall’insieme degli europei, stanno pensando di andare da soli. Londra e Parigi hanno coordinato l’attacco a Damasco e Hama per costringere l’esercito arabo siriano ad andare a difenderle e quindi a indebolire la sua presenza intorno a Raqqa. Gli europei sperano di organizzare la fuga dei jihadisti verso il confine turco.

La volontà del presidente Trump di combattere Daesh e porre fine al terrorismo internazionale è estremamente difficile da attuare. Infatti, danneggia gli Stati che l’hanno organizzato e comporta un riorientamento della politica internazionale. Il nuovo presidente statunitense non sembra in grado di dare ordini di passare all’attacco alle sue truppe fino a quando non avrà trovato e sigillato delle nuove alleanze.

Due mesi dopo il suo ingresso alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dovrebbe chiarire la sua posizione rispetto al piano dei suoi predecessori di rimodellamento del Medio Oriente allargato. Se auspica davvero di mettere fine al jihadismo, dovrà riconoscere la resilienza della Siria e riposizionare sia il Regno Unito, sia l’Arabia Saudita e la Turchia.

In pochi mesi, il contenuto dei media nazionali e internazionali è profondamente cambiato in Occidente. Stiamo assistendo alla nascita di un Patto di cui non conosciamo i veri iniziatori né gli obiettivi reali, ma di cui da subito osserviamo le conseguenze dirette contro la democrazia.

Questo articolo è un avvertimento: nel novembre 2016, un vasto sistema di agitazione e di propaganda è stato messo in campo al fine di distruggere la reputazione e l’autorità del presidente Donald Trump, non appena sarebbe arrivato alla Casa Bianca. È la prima volta che una tale campagna è scientificamente organizzata contro un Presidente degli Stati Uniti, e con tale dovizia di mezzi. Sì, stiamo davvero entrando in una era di post-verità, ma i ruoli non sono quelli che vi aspettereste.
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