Nel 1986, Mordechai Vanunu, ingegnere presso il centro di Dimona, rivelò al Sunday Times, l’esistenza del programma nucleare militare israeliano. Rapito in Italia dal Mossad subito dopo aver preso contatto con giornalisti britannici e prima che il loro articolo fosse pubblicato, fu processato a porte chiuse (in Israele) e condannato a 18 anni di prigione. Sebbene gli sia vietato di contattare la stampa, ha risposto alle domande di Silvia Cattori che lo ha intervistato per il Réseau Voltaire.
Silvia Cattori: Quale era il suo lavoro in Israele prima che agenti del Mossad la rapissero a Roma nell’ottobre 1986?
Mordechai Vanunu: Da nove anni lavoravo al centro di ricerche in armamenti di Dimona, nella regione di Beer Sheva. Poco prima di lasciare quel lavoro, nel 1986, avevo scattato delle fotografie all’interno dell’impianto per mostrare al mondo che Israele nascondeva un segreto nucleare. Il mio lavoro a Dimona consisteva nel produrre elementi radioattivi utilizzabili per fabbricare bombe atomiche. Sapevo esattamente quali quantità di materia fissile venivano prodotte, quali materiali erano utilizzati e quali tipi di bombe venivano fabbricate.
Silvia Cattori: Rivelare al mondo – da solo – che il suo paese deteneva segretamente l’arma nucleare..., non significava correre un grandissimo rischio?
Mordechai Vanunu: Se decisi di farlo, fu perchè le autorità israeliane mentivano. Si profondevano, ripetendo che i responsabili politici israeliani non avevano nessuna intenzione di dotarsi di armi nucleari. In realtà, producevano molte sostanze radioattive che potevano servire a un solo fine: fabbricare bombe nucleari. Si trattava di quantità importanti: ho calcolato che all’epoca – nel 1986! - avevano già 200 bombe atomiche. Avevano anche cominciato a produrre bombe all’idrogeno, molto potenti. Per questo decisi di far sapere al mondo intero ciò che tramavano nel più grande segreto. E inoltre, volevo anche impedire che gli israeliani utilizzassero le bombe atomiche, al fine di evitare una guerra nucleare in Medioriente. Volevo dare un contributo per portare la pace in questa regione. Dal momento che Israele deteneva già armi superpotenti, esso poteva fare la pace: non doveva più temere una qualche minaccia palestinese, nè araba, perchè possedeva tutto l’armamento necessario alla propria sopravvivenza.
Silvia Cattori: Lei era preoccupato della sicurezza dell’intera regione?
Mordechai Vanunu: Si, assolutamente. Certo, non è per il popolo israeliano che ho fatto ciò che ho fatto. Gli israeliani avevano eletto quel governo e quel governo aveva deciso di dotarli di armi nucleari. Lei sa, tutti gli israeliani seguono molto da vicino la politica del governo israeliano.... Ma, per quanto mi riguarda, io ragionavo dal punto di vista dell’umanità, dal punto di vista di un essere umano, di tutti gli esseri umani che vivono in Medioriente, ed anche, di tutti gli esseri umani che vivono nel mondo intero. Perchè ciò che Israele aveva fatto, anche molti altri paesi avrebbero potuto fare.
Per questo decisi, nell’interesse dell’umanità, di far conoscere al mondo intero il pericolo che rappresentavano le armi nucleari segrete di Israele. Nel 1986, si era in piena guerra fredda e le armi nucleari proliferavano. Si stavano diffondendo in diversi paesi ancora non nucleari, come l’Africa del Sud, ed altri. Il pericolo rappresentato dalle armi nucleari era reale. Oggi questo pericolo è diminuito.
Silvia Cattori: Era consapevole del pericolo a cui lei si esponeva? Perchè proprio lei, in particolare, doveva correre un così grande rischio, e nessun altro?
Mordechai Vanunu: Certo, sapevo cosa rischiavo. Ma quello che io potevo fare, nessun altro avrebbe potuto farlo. Sapevo che avrei dovuto vedermela con il governo israeliano. Non è come se io fossi stato uno che se la prendeva con interessi privati; sapevo che me la prendevo direttamente con il governo israeliano e con lo stato ebraico israeliano. Sapevo quindi che potevano punirmi, che potevano uccidermi, fare di me assolutamente tutto ciò che volevano. Ma sentivo la responsabilità di dire la verità al mondo. Nessun altro all’infuori di me era in grado di farlo: era dunque mio dovere farlo. Qualunque fosse stato il rischio.
Silvia Cattori: La sua famiglia, in quel momento, l’ha sostenuta?
Morechai Vanunu: I membri della mia famiglia sono stati incapaci di capire la mia decisione. Per loro, la cosa più sconvolgente fu scoprire che mi ero convertito al cristianesimo. Per loro: questo era più dannoso, più doloroso dell’aver rivelato i segreti nucleari d’Israele... Io li rispetto, essi a loro volta rispettano la mia vita. Siamo rimasti in buoni termini, ma non ci frequentiamo più.
Silvia Cattori: Lei si sente solo?
Mordechai Vanunu: Si. Certo, sono solo, qui nella cattedrale di San Giorgio. Ma ho molti amici che mi sostengono.
Silvia Cattori: In quali condizioni lei è stato processato e imprigionato?
Mordechai Vanunu: Il mio processo si è tenuto nel segreto più assoluto. Ero solo, col mio avvocato. Sono stato condannato per spionaggio e tradimento. Le autorità israeliane si sono vendicate di me tenendomi isolato in cella durante tutta la durata del processo. Non autorizzavano nessuno a vedermi o a parlarmi, e mi proibivano di rivolgermi ai media. Hanno pubblicato molta disinformazione a mio riguardo. Il governo israeliano ha utilizzato tutto il suo potere mediatico per fare un lavaggio di cervello all’opinione pubblica. Per fare un lavaggio di cervello anche ai giudici, al punto di convincerli della necessità di mettermi in prigione. Così il mio processo è stato tenuto segreto e i media non hanno potuto accedere alla verità; non hanno potuto ascoltarmi. La gente era convinta che io fossi un traditore, una spia, un criminale. Non ci fu nemmeno un atomo di giustizia in quel processo. Ma non c’è stato solo il processo: la cosa più crudele fu l’isolamento, in prigione. Non mi hanno punito solo con la prigione, ma anche isolandomi totalmente, spiandomi in permanenza, per mezzo di cattivi trattamenti particolarmente malvagi e crudeli: hanno tentato di farmi perdere la calma, hanno tentato di farmi pentire di ciò che avevo fatto. Sono stato segregato, per 18 anni, di cui 11 e mezzo in isolamento totale. Il primo anno, hanno collocato delle videocamere nella mia cella. Hanno lasciato la luce accesa tre anni di fila! Le loro spie mi picchiavano di continuo, mi impedivano di dormire. Sono stato sottomesso ad un trattamento barbaro; hanno tentato di spezzarmi. Il mio obiettivo era di tenere duro, di sopravvivere. E ci sono riuscito! ....
Silvia Cattori: Per fortuna, lei non è stato impiccato alto e corto, come pure avrebbe voluto l’allora Ministro della Giustizia, Tommy Lapid. Lei ha tenuto duro, ed è stato rilasciato il 21 aprile 2004. Aveva da poco compiuto 50 anni.
Mordechai Vanunu: Se mi hanno rilasciato, è solo perchè avevo scontato i 18 anni di prigione a cui mi avevano condannato. Volevano uccidermi. Ma, in fin dei conti, il governo israeliano ha deciso di non farne nulla.
Silvia Cattori: Nell’aprile 2004, le televisioni hanno mostrato la sua uscita dalla prigione. Il mondo ha allora scoperto quello che le era successo. Lei è apparso davanti alle telecamere felice, determinato, combattivo: l’opposto di un uomo spezzato...
Mordechai Vanunu: Uscire dalla prigione, andare a parlare al mondo intero, festeggiare tutto ciò... dopo 18 anni di prigionia, di interdizione di tutto: ... fu un grande momento...
Silvia Cattori: I suoi carcerieri non sono dunque riusciti a spezzarla mentalmente?
Modechai Vanunu: No; assolutamente. Il mio obiettivo era uscire, e parlare al mondo intero, di far capire alle autorità israeliane che avevano fallito. Il mio scopo era sopravvivere, e questa è stata la mia vittoria contro tutte queste organizzazioni di spionaggio. Sono riusciti a rapirmi, a trascinarmi davanti al loro tribunale, a tenermi in prigione, in segregazione, per 18 anni... ma io sono sopravvissuto a tutto ciò. Ho sofferto, certo; ma sono sopravvissuto. Malgrado tutti i loro crimini, sono sempre vivo, e godo addirittura di ottima salute! Sono forte di costituzione; è senz’altro grazie a ciò che ho superato la prova.
Silvia Cattori: Cosa l’ha aiutata a tenere duro?
Mordechai Vanunu: La mia fermezza. La convinzione che avevo avuto ragione di fare quello che avevo fatto. La volontà di far loro capire che, qualunque cosa facessero per punirmi, io avrei continuato a restare in vita.
Silvia Cattori: Qual’è il più grande ostacolo che lei deve affrontare, attualmente?
Mordechai Vanunu: Mi si proibisce di lasciare Israele. Sono stato liberato dalla prigione, ma qui in Israele, sono in una grande prigione. Vorrei lasciare questo paese, andarmene a godere della libertà nel vasto mondo. Ne ho abbastanza del potere israeliano. L’esercito può venirmi ad arrestare in ogni momento, può punirmi. Sento di essere alla loro mercé. Vorrei tanto vivere lontano da qui, molto lontano da qui...
Silvia Cattori: Quando Israele le permetterà di lasciare il paese?
Mordechai Vanunu: Non ne so nulla. Mi hanno proibito di lasciare Israele per un anno. L’anno è trascorso, hanno rinnovato l’interdizione per un altro anno, che terminerà il prossimo aprile. Possono ancora prolungare l’interdizione tanto quanto gli farà piacere....
Silvia Cattori: Come vede lei il Trattato di non proliferazione nucleare nel momento in cui, nel caso di Israele, si tollera “l’ambiguità nucleare”, mentre si mette costantemente sotto torchio l’Iran – un paese che, da parte sua, si sottomette alle ispezioni?
Mordechai Vanunu: Tutti i paesi dovrebbero aprire le porte alle ispezioni internazionali e dire la verità su quello che stanno facendo, segretamente, in tutti gli impianti nucleari di cui dispongono. Israele non ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare. Circa 180 paesi l’hanno fatto, tra cui tutti i paesi arabi. L’Egitto, la Siria, il Libano, l’Irak, la Giordania...: tutti i paesi vicini di Israele hanno aperto le frontiere alle ispezioni dell’AIEA. Israele è il peggiore esempio. E’ l’unico paese che si è rifiutato di firmare il Trattato di non proliferazione nucleare. Gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero cominciare per risolvere il caso di Israele; Israele deve essere considerato alla pari di qualsiasi altro paese. Dobbiamo farla finita con l’ipocrisia, e costringere Israele a firmare il Trattato di non proliferazione nucleare. Bisogna imporre a Israele che lasci libero accesso agli ispettori dell’AIEA al centro di Dimona.
Silvia Cattori: L’Iran, che pure tiene fede ai suoi obblighi e accetta le ispezioni dell’ONU, viene tuttavia minacciato di sanzioni. Israele, che si è dotato dell’arma nucleare e rifiuta qualsiasi ispezione dell’AIEA, non è oggetto di alcuna azione penale. Perchè questi “due pesi e due misure” da parte degli Stati Uniti, ma anche dell’Europa?
Mordechai Vanunu: Certo; ma è ancora peggio di quello che dite: non solo non se la si prende con Israele, ma lo si aiuta in segreto. C’è una cooperazione segreta tra Israele e la Gran Bretagna, la Francia e gli Stati Uniti. Questi paesi hanno deciso di contribuire alla potenza nucleare d’Israele per fare di questo paese uno stato coloniale nel mondo arabo. Aiutano Israele, perchè vogliono che questo paese sia al loro servizio, in quanto paese colonialista che controlli in Medioriente, il che permette loro di impossessarsi delle ricchezze petrolifere e tenere gli arabi nel sottosviluppo e coinvolgerli in conflitti fratricidi. Questa è la ragione principale di una simile cooperazione.
Silvia Cattori: L’Iran non è allora una minaccia, come affermano Israele e gli Stati Uniti?
Mordechai Vanunu: Essendo sottoposto al controllo degli ispettori dell’AIEA, l’Iran non rappresenta alcun pericolo. Gli esperti occidentali sanno perfettamente quale è la natura del programma nucleare iraniano. Al contrario di Israele, che non lascia nessuno accedere alle sue istallazioni nucleari. Questa è la ragione per cui l’Iran ha deciso di proseguire nel suo programma e dire al mondo intero: “Non potete esigere da noi più trasparenza, mentre continuate a chiudere gli occhi su quanto succede in Israele!” Tutti gli arabi vedono, da quarant’anni, che Israele ha delle bombe atomiche e che nessuno fa nulla contro questa situazione. Fintantoché il mondo continuerà ad ignorare le armi atomiche di Israele, non si potrà permettere di dire alcunché all’Iran. Se il mondo è veramente preoccupato, e vuole sinceramente mettere un termine alla proliferazione nucleare, che cominci dall’inizio, vale a dire: da Israele!...
Silvia Cattori: Lei deve sentirsi irritato, quando sente dire a Israele, il quale non è in regola, che è pronto a bombardare l’Iran, che, da parte sua, fino a questo momento, non è assolutamente contravvenuto a nessuna regola!
Mordechai Vanunu: Si; questo mi fa perdere la calma. Non abbiamo nulla da rimproverare all’Iran: prima di fare alcunché contro un qualsiasi altro paese, ci si deve occupare del caso israeliano. Se qualcuno vuole prendersela con l’Iran, deve preliminarmente prendersela con Israele. Il mondo non può ignorare ciò che fa Israele, in questo campo, da più di quarant’anni. Gli Stati Uniti dovrebbero obbligare Israele a firmare il Trattato di non proliferazione nucleare. Ed è anche l’ora per l’Europa di riconoscere ufficialmente che Israele possiede bombe atomiche. L’insieme del mondo arabo dovrebbe essere estremamente preoccupato sentendo tutti questi discorsi che incriminano l’Iran, privo di armi atomiche, e che continuano ad ignorare Israele.
Silvia Cattori: Quali stati hanno cooperato con Israele?
Mordechai Vanunu: Israele ha aiutato la Francia e la Gran Bretagna nella loro campagna contro l’Egitto, nel 1956. Dopo l’operazione di Suez, la Francia e la Gran Bretagna hanno iniziato a cooperare al programma nucleare israeliano, per ringraziare Israele del sostegno ricevuto da esso, durante quella guerra.
Silvia Cattori: L’Africa del Sud non ha forse aiutato Israele, fino al 1991?
Mordechai Vanunu: Effettivamente è in Africa del Sud, nel deserto, che Israele ha effettuato i suoi test nucleari...
Silvia Cattori: Negli anni sessanta, il presidente Kennedy avrebbe richiesto, sembra, che ci fossero delle ispezioni a Dimona, in Israele. Lei vede qualche legame tra questa richiesta e il suo assassinio?
Mordechai Vanunu: Ritengo che all’epoca di Kennedy, gli Stati Uniti si opponessero al programma nucleare israeliano. Kennedy ha cercato di fermare Israele, in questo campo, ma il suo assassinio non gli ha lasciato il tempo... Secondo me, il movente dell’assassinio di Kennedy è legato alla diffusione di armi nucleari in Israele e in altri paesi. Coloro che lo hanno assassinato erano favorevoli alla disseminazione nucleare. Grazie all’eliminazione dell’importuno Kennedy, la proliferazione ha potuto continuare. Di fatto, i presidenti Johnson e Nixon [succeduti a Kennedy, ndt] non ci vedevano alcun inconveniente: hanno lasciato fare Israele. Constatiamo semplicemente che, dopo l’assassinio di Kennedy, c’è stato effettivamente un cambiamento in questo senso....
Silvia Cattori: La sua denuncia non ha impedito a Israele di fare un tabù su questo punto: è riuscito a non inimicarsi le grandi potenze. La sua strategia dell’opacità si sarebbe dunque dimostrata efficace?
Mordechai Vanunu: Bisogna ben riconoscere che è così. Israele è un caso da manuale. Come può un piccolo paese sfidare il mondo intero e portare avanti una politica aggressiva senza minimamente preoccuparsi degli altri? Gli israeliani sono riusciti a farlo nel passato, certo.... Ma oggi il mondo è cambiato. La guerra fredda è finita, il comunismo è stato sconfitto, il mondo si orienta verso la pace: lo si vede, le armi nucleari non aiuteranno in nulla Israele. Ora che Israele deve mostrare che desidera la pace, e in quale modo intende contribuirvi, per questo paese, quale utilità potrebbero avere le armi nucleari? La politica nucleare israeliana era possibile nel contesto della guerra fredda. Ma oggi dobbiamo ottenere da Israele che adotti una nuova politica, che dimostri al mondo intero che vuole la pace e riconosca che nonha nessun bisogno di armi atomiche.
Silvia Cattori: Negli anni Cinquanta, Israele disponeva già di un armamento considerevole. Che ragione aveva allora di dotarsi di armi nucleari?
Mordechai Vanunu: Un paese piccolo come Israele non ha alcuna ragione valida di possedere un numero così enorme di armi atomiche. E’ come se il programma di armamento nucleare d’Israele gli avesse montato la testa. Non è possibile assolutamente utilizzare l’arma atomica nella regione: una bomba atomica usata contro la Siria, l’Egitto o la Giordania avrebbe effetti radioattivi e renderebbe la vita impossibile anche in Israele. Una bomba danneggerebbe lo stesso Israele. Fin qui, gli israeliani non hanno nemmeno il diritto di discutere di questa questione solo tra di loro. Eppure questo problema occupa tutti quanti. Aspettiamo la risposta di Israele su questo punto.
Silvia Cattori: Per Israele, non si tratta forse di un’arma che gli permette di mantenere lo Statu quo? Di uno strumento di ricatto politico? Per poter discutere da pari a pari con i grandi – Stati Uniti in testa – e non concedere nulla agli arabi, che Israele ha spoliato e che sono deboli militarmente?
Mordechai Vanunu: Si. E’ proprio così. Israele utilizza la potenza delle sue armi nucleari per imporre le sue politiche. Israele ha molto potere, schiaccia l’insieme dei suoi vicini con la sua arroganza. Gli Stati Uniti – nemmeno loro! - sono in grado di dire agli Israeliani quello che devono fare. Oggi l’Europa vede fino a che punto Israele è potente. Anche senza utilizzare la bomba atomica, anche senza brandire la minaccia di farlo, gli israeliani possono imporre il loro potere, possono fare assolutamente ciò che vogliono: possono erigere la loro muraglia, possono costruire colonie in Palestina..., nessuno è in grado di dir loro che non hanno il diritto di farlo, perchè sono estremamente potenti.
Ecco il risultato dell’uso che loro fanno delle armi atomiche per ricattare politicamente. Possono utilizzare les bombe atomiche contro qualsiasi paese che si impegnasse a fermare la loro politica aggressiva nei riguardi dei palestinesi. Questa è la situazione oggi. Il mondo intero lo sa, tutti lo sanno. E c’è un’altra ragione per cui né gli Stati Uniti, né l’Europa fanno assolutamente nulla: è perchè sanno a che punto Israele è potente. Di conseguenza, il miglior modo di contrastare Israele consiste nel far sapere al mondo la verità e nello studiare quello che succede riguardo al suo armamento atomico, finchè non sarà costretto a rinunciarci.
Silvia Cattori: Nel 1973, Israele pensò di ricorrere all’arma nucleare contro i suoi vicini arabi?
Mordechai Vanunu: Si. Nel 1973, Israele era pronto ad usare l’arma atomica contro la Siria. E contro l’Egitto.
Silvia Cattori: Lei ha sofferto enormemente per aver rivelato un segreto di stato. In fin dei conti, per quale risultato?
Mordechai Vanunu: Prima di tutto, il mondo ha ora la prova che Israele possiede bombe atomiche. D’ora in avanti, nessuno può ignorare la verità riguardante il progetto nucleare di Israele. In seguito, Israele si è venuto a trovare nell’impossibilità totale di ricorrere a queste armi. Un altro risultato della mia azione è che il mondo ha preso coscienza di ciò che questo piccolo stato ebraico ha fatto, nel più grande segreto. E così il mondo ha scoperto, anche, su quali menzogne e su quale disinformazione questo stato è stato edificato. Sapere che uno stato così piccolo è stato capace di costruire segretamente 200 bombe atomiche ha messo in allerta l’opinione pubblica mondiale sul suo comportamento. La paura che un altro piccolo paese possa fare la stessa cosa e fabbricarsi delle armi atomiche ha incitato il mondo a riflettere al modo di fermare la proliferazione nucleare e impedire a Israele di aiutare altri paesi a utilizzare queste armi in avvenire. Quando il mondo ha scoperto quello che Israele è riuscito a fare nel più grande segreto, la paura della proliferazione nucleare si è manifestata. Il mondo ha preso coscienza del potere di Israele e ha cominciato a esercitare pressioni su questo paese per costringerlo a fare la pace con i palestinesi e gli arabi. Israele non aveva più alcuna ragione di affermare che temeva i suoi vicini arabi, dal momento che disponeva, dalla fine degli anni Cinquanta, di armi sufficienti per garantirsi la sicurezza.
Silvia Cattori: Per quali ragioni Israele continua a perseguitarla?
Mordechai Vanunu: Quello che io ho fatto è esattamente il contrario di ogni atteggiamento politico israeliano! Gli israeliani hanno dovuto cambiare i loro piani. La politica nucleare segreta di Israele è l’opera di Shimon Peres. Ed ecco che questa politica consistente a fabbricare clandestinamente delle armi atomiche è crollata! A causa di questa rivelazione, Israele ha dovuto prendere un’altra direzione, definire nuovi piani e quello a cui assistiamo oggi è la conseguenza delle mie rivelazioni. Hanno dovuto inventare nuovi tipi di armi. Oggi, costruiscono la loro muraglia, i loro posti di blocco, le loro colonie e si sono dati da fare per rendere la loro società ebrea più religiosa, più nazionalista, più razzista. Tutto ciò, invece di andare nell’altra direzione, invece di capire che non c’è altra soluzione che la pace, invece di riconoscere uguali diritti ai palestinesi e invece di mettere fine al conflitto. Israele non vuole mettere fine al conflitto. Ciò che Israele vuole è continuare a costruire la sua muraglia e le sue colonie!...
Silvia Cattori: Lei ha realizzato un’impresa notevole!
Mordechai Vanunu: Come essere umano ho fatto qualcosa per la sicurezza e il rispetto dell’umanità. Qualsiasi paese ha il dovere di rispettarci, tutti noi, in quanto esseri umani, quale sia la nostra religione, che si sia ebrei, cristiani, musulmani, buddisti... Israele ha un grosso problema: questo paese non rispetta gli esseri umani. Ciò che questo paese ha potuto fare, perchè non considera gli altri esseri umani come uguali, è assolutamente terribile. Il risultato è devastante, per l’immagine di Israele; lo stato di Israele non è assolutamente una democrazia. Lo stato ebraico è razzista. Il mondo dovrebbe sapere che Israele mette in pratica una politica di apartheid: se siete ebreo, avete il diritto di andare dove volete e di fare ciò che vi pare; se non siete ebreo, non avete alcun diritto. Questo razzismo è il vero problema di Israele. Israele è del tutto incapace di dimostrare che è una democrazia. Nessuno può accettare questo stato razzista; Nè gli Stati Uniti, nè i paesi europei. Le armi nucleari israeliane, quelle, potrebbero, al limite, accettarle.... Ma come potrebbero giustificare questo stato di apartheid fascista?
Silvia Cattori: Si direbbe che lei si rifiuta di riconoscere la legittimità di questo stato.
Mordechai Vanunu: Certamente. É proprio quello che ho detto, quando sono uscito di prigione: non dobbiamo accettare questo stato ebraico. Lo stato ebraico di Israele è esattamente il contrario della democrazia; abbiamo bisogno di uno stato per tutti i suoi cittadini, senza riguardo alla loro fede religiosa. La soluzione è uno stato unico, per tutti i suoi abitanti, di qualsiasi religione siano, come avviene nelle democrazie quali la Francia o la Svizzera, e non uno stato solo per gli ebrei. Uno stato ebraico non ha nessuna ragione di esistere. Gli ebrei non hanno bisogno di un regime fondamentalista come quello che regna in Iran. Le persone hanno bisogno di una vera democrazia che rispetta gli esseri umani. Oggi in Medioriente, abbiamo due stati fondamentalisti: l’Iran e Israele. Ma Israele è molto avanti, in materia di fondamentalismo, anche rispetto all’Iran!...
Silvia Cattori: Secondo lei, Israele è dunque una minaccia più grande dell’Iran? ...
Mordechai Vanunu: Certamente: sappiamo quello che gli israeliani fanno subire ai palestinesi, da più di 50 anni! E’ di gran lunga il momento, per il mondo, di ricordarsene e di preoccuparsi dell’olocausto palestinese. I palestinesi hanno sofferto tanto, e da tanto tempo, a causa di tutta questa oppressione! Gli ebrei non li rispettano assolutamente, non li considerano come esseri umani; non riconoscono loro nessun diritto, e continuano a perseguitarli, a mettere in pericolo la loro vita attuale, e di conseguenza anche il loro avvenire.
Silvia Cattori: Cosa dice, lei, al mio paese, la Svizzera, che è depositario delle Convenzioni di Ginevra?
Mordechai Vanunu: La Svizzera dovrebbe condannare con molta chiarezza e a voce molto alta la politica razzista di Israele; vale a dire tutte le violazioni dei diritti dei palestinesi, siano essi musulmani, siano essi cristiani. Tutti i paesi dovrebbero esigere dal governo israeliano il rispetto dei non-ebrei, in quanto esseri umani. Di fatto, io non ho il diritto di parlarvi, non sono autorizzato a parlare con stranieri; se lo faccio lo stesso, ciò avviene a mio rischio e pericolo. Israele ha utilizzato i risarcimenti dell’Olocausto per fabbricare armi, per distruggere le case e i beni dei palestinesi. Sarei molto contento se il vostro paese mi desse un passaporto e mi aiutasse a lasciare questo paese, Israele. La vita è molto dura, qui. Se siete ebreo, non avete nessun problema; se invece non lo siete [o non lo siete più], venite trattato senza il minimo rispetto.
Intervista a cura di Silvia Cattori, giornalista svizzera.
Ottobre 2005.
Traduttore Mauro Manno
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