Fonte
Megachip-Globalist (Italia)

Le organizzazioni intergovernative sarebbero tenute a unire gli sforzi degli Stati membri per raggiungere i risultati che non potrebbero ottenere da sole. Si dovrebbe poter concludere che l’ONU e la UE coordinino la lotta contro Daesh. Invece, queste due organizzazioni mettono i bastoni fra le ruote agli attori sul campo e mascherano i sostegni statali al terrorismo internazionale.

Le riunioni del G7, che in origine erano semplici conversazioni senza schemi tra leader occidentali, hanno aspirato a trasformarsi in un governo mondiale, prima di affondare e di diventare un training di comunicazione. Il vertice di Ise-Shima ha passato in rassegna i principali problemi del mondo definendo - per ciascuno di essi - gli elementi del linguaggio da utilizzare.

Washington e Mosca sono riusciti a mantenere il loro accordo sulla Siria dopo che John Kerry ha assicurato al suo omologo russo che le armi fornite dal Pentagono ad Al-Qa’ida e Daesh (ISIS) lo scorso aprile lo erano state in forza di un vecchio programma oggi abbandonato. Si va verso l’interruzione dei negoziati di Ginevra e la ripresa dei colloqui intrasiriani, senza filosauditi e con dentro i curdi.

La politica estera USA è oggi spesso contraddittoria, come si vede in Siria, dove le truppe addestrate dal Pentagono si battono contro quelle addestrate dalla CIA. Eppure è perfettamente coerente su due punti: dividere l’Europa con da un lato l’Unione europea e dall’altro la Russia; dividere l’Estremo Oriente con da un lato l’ASEAN e dall’altro la Cina. Perché, e la si può prevedere in anticipo?

La crisi dei profughi che ha colpito l’Unione europea durante il secondo semestre 2015 è stata orchestrata artificialmente. Tuttavia, parecchi gruppi hanno tentato di strumentalizzarla, sia per distruggere le culture nazionali, sia per reclutare lavoratori a basso prezzo o ancora per giustificare il finanziamento della guerra contro la Siria. In definitiva, una volta passata la tempesta e i danni da essa causati, il problema resta soprattutto africano.

Le biografie dei tre principali organizzatori della crisi migratoria e della risposta che le rivolge l’Unione europea attestano i loro legami con l’amministrazione statunitense e la loro anteriore volontà di abolire i confini. Per loro, la migrazione corrente non è un problema umanitario, bensì l’occasione per mettere in pratica le loro teorie.

Da cinque anni la storia dell’Egitto − come quella di molti altri Stati arabi − è una serie di complotti, violenze, annunci e smentite. Tutto ciò che in un certo momento l’opinione pubblica internazionale credeva fosse un dato acquisito è stato rimesso in dubbio da nuovi elementi. Thierry Meyssan prova qui a districare il vero dal falso, interrogandosi al contempo su ciò che ancora nasconde l’attuale presidente al-Sisi.
Il presidente Erdoğan arriverà a privare 5 milioni di turchi della loro nazionalità?
di
Thierry Meyssan

Pian piano, le dichiarazioni del presidente Erdoğan si allontanano sempre di più dai valori universali. Mentre in Occidente si cominciano ad emettere delle flebili critiche nei confronti di quella che si è deciso di definire come "deriva autoritaria" di Ankara, Thierry Meyssan continua a descrivere l’instaurazione di una dittatura basata sulla supremazia dell’etnia turca e dei "valori islamisti".

Non sappiamo ancora chi sia stato il mandante degli attentati di Parigi e Bruxelles. Diverse piste sono state esposte. Tuttavia, solo l’ipotesi di un’operazione decisa dalla Turchia riesce oggi a reggere. Thierry Meyssan racconta il conflitto segreto che tormenta le relazioni tra l’Unione europea, la Francia e la Turchia da cinque anni in qua.

Nel firmare un accordo - peraltro illegale nel diritto internazionale - con la Turchia per rallentare l’afflusso di migranti, i leader dell’Unione europea si sono impegnati più a fondo in un patto con il diavolo. Gran parte dei 3 miliardi di euro all’anno assegnati ad Ankara servirà a finanziare il sostegno ai jihadisti e, di conseguenza, ad aumentare il numero di migranti in fuga dalla guerra. In particolare nell’abrogare il visto nei prossimi mesi con la Turchia, gli europei stabiliscono la libera circolazione tra i campi di al-Qa’ida in Turchia e Bruxelles. Nello schiacciare i popoli iracheno e siriano sotto l’oppressione dei jihadisti che finanziano indirettamente e nell’abbandonare il popolo turco alla dittatura del presidente Erdoğan, si preparano le basi di un vasto confronto di cui saranno le (...)

Dal maggio 2008, il Libano non rispetta più la propria costituzione e non ha più un bilancio. Il paese, oggi alla deriva, è ridiventato una facile preda per Israele. Il fallimento dell’operazione contro la Siria ha portato il partito coloniale a cercarsi un nuovo obiettivo. Sebbene una seconda guerra civile possa ancora essere evitata, sarà difficile evitare una nuova invasione.

Mentre l’Occidente faceva pressioni sull’Iran affinché abbandonasse il suo programma nucleare civile, i Saud acquistavano la bomba atomica da Israele o dal Pakistan. Ora, con sorpresa generale, il Vicino Oriente è diventato una zona nuclearizzata, dominata da Israele e dall’Arabia Saudita.

Dal 2012, Mosca cerca di portare l’Occidente alla sua causa: difendere la civiltà contro il jihadismo, così come una volta il mondo si unì contro il nazismo. Per questo, in primo luogo si è dissociata della Casa Bianca sui combattenti, che essa considera "jihadisti", e che gli Stati Uniti designano invece come "ribelli". Ora sta cercando di isolare la Turchia. Lungi dall’essere un epifenomeno diplomatico, la cessazione delle ostilità in Siria segna un’inversione di tendenza. Washington ha appena ammesso che non ci sono — o non più — gruppi armati "moderati".
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