L’università di Tel Aviv ha condotto un’importante ricerca sull’opinione pubblica israeliana nel periodo dall’8 al 15 gennaio 2024. I risultati sono sorprendenti.

Dal di fuori non si può capire come la popolazione israeliana ha vissuto l’attacco del 7 ottobre e come il suo pensiero è evoluto. Gli ebrei israeliani erano convinti che il Paese fosse un santuario inviolabile che garantiva loro sicurezza assoluta; che la sola esistenza dello Stato di Israele bastasse a proteggerli da una nuova shoah. L’attacco del 7 ottobre ha smentito questa certezza, scatenando un panico che non può essere placato.

Per ritrovare sicurezza, gli ebrei israeliani si sono affidati al loro governo, che però non ha voluto stringerli attorno a un governo di unità nazionale. Dopo lunghe esitazioni il governo ha istituito un gabinetto di guerra, rivelatosi solo un luogo di discordia. In tutte le riunioni, i ministri s’insultano e sbattono porte. La sua impotenza è lampante. Il mito dell’ideale sionista non funziona più. Il panico della popolazione si è trasformato in rabbia; una rabbia che chiama sangue e ancora sangue.

I primi giorni di guerra gli israeliani denunciavano la spirale di violenza ed esortavano a una reazione controllata. La coalizione di Benjamin Netanyahu esitava a mandare i soldati a combattere sul suolo di Gaza.

Ora invece l’88% degli ebrei israeliani ritengono giustificate le 25.000 vittime civili palestinesi. Solo la metà degli arabi israeliani sono mossi da solidarietà umana e piangono i morti di entrambe le parti.

Nella loro mancanza di lucidità, gli ebrei israeliani si dividono secondo le loro antecedenti convinzioni. Chi ritiene di appartenere a un popolo superiore, quindi sosteneva la coalizione di Benjamin Netanyahu, vuole innanzitutto sterminare Hamas; chi invece desiderava vivere in pace accanto ai palestinesi, quindi si opponeva alla coalizione governativa, vuole la liberazione degli ostaggi.

Per quanto riguarda il dopoguerra, il 61% dei sostenitori della coalizione pensa che a Gaza non ci sarà una vera pace. Per questo motivo il 90% di loro esige che la sicurezza di Gaza sia garantita da Israele. Gli oppositori della coalizione preferiscono invece un controllo su Gaza internazionale, non israeliano. Se la metà degli arabi israeliani pensa che una pace a Gaza sia possibile, solo il 9% degli ebrei israeliani la auspicano. Alla fine, se i tre quarti dell’insieme degli israeliani sono contrari allo status quo, solo il 37% degli arabi israeliani si augura uno Stato binazionale dove ebrei e palestinesi convivano su un piano di uguaglianza, come quello immaginato dalle Nazioni unite sin dal 1948; solo il 6% degli israeliani la pensa allo stesso modo.

Per quanto riguarda l’istallazione di colonie israeliane nel Territorio palestinese di Gaza, il 79% di chi sostiene la coalizione di governo l’approva, mentre il 74% degli oppositori la rifiuta.

Dalla lettura di questi dati emerge che solo un terzo della popolazione israeliana vuole il rispetto del Diritto internazionale.

Fonte: questo articolo è tratto da Voltaire, attualità internazionale, n° 72.

Traduzione
Rachele Marmetti

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