Il 17 aprile scorso Benjamin Netanyahu ha sfidato la comunità internazionale organizzando un consiglio dei ministri sulle alture del Golan e dichiarando che mai restituirà questo territorio alla Siria.

Prossimamente il Consiglio di sicurezza dovrebbe adottare una risoluzione, redatta congiuntamente da Stati Uniti e Russia, concernente la FNUOD (Forza di disimpegno delle Nazioni Unite, United Nations Disengagement Observer Force, nella denominazione originale inglese, ndt), i Caschi blu incaricati di controllare la zona demilitarizzata che, sulle alture del Golan, separa le truppe israeliane da quelle siriane.

45 Caschi blu delle Isole Figi vengono fatti prigionieri da al-Qaida e liberati dopo il versamento del riscatto su un conto bancario.

Il 28 agosto 2014 il Fronte al-Nusra (al-Qaida) riusciva a introdursi nella zona cuscinetto e a prendere in ostaggio 45 Caschi blu delle Isole Figi. Disobbedendo agli ordini delle Nazioni Unite, Caschi blu filippini tentavano [invano] di salvarli. Finché i Caschi blu irlandesi, accompagnati da soldati israeliani, riuscivano a stabilire un contatto con gli jihadisti. A conclusione di lunghi negoziati, l’ONU rifiutava di depennare al-Nusra dalla lista delle organizzazioni terroristiche, ma decideva di versare un riscatto su un conto bancario (!). La liberazione degli ostaggi non è stata annunciata dall’ONU, bensì, da Londra, dall’Osservatorio Siriano per i Diritti dell’Uomo, un’ONG che serve da copertura all’MI6. Mai le Nazioni Unite hanno motivato il loro ordine di abbandonare i Caschi blu delle Isole Figi, né hanno mai aperto un’inchiesta sul conto bancario di al-Qaida.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si felicita con gli jihadisti di al-Qaida ospedalizzati in Israele.

Da allora, non ci sono più Caschi blu a garantire l’applicazione della risoluzione 338, giacché questo ruolo è stato attribuito ad al-Qaida. Quando gli jihadisti sono attaccati e feriti dall’esercito arabo siriano, ripiegano in territorio israeliano, dove vengono curati allo Ziv Medical Centre, indi riaccompagnati alla frontiera dall’esercito israeliano, affinché possano ricominciare a combattere.

Il 17 aprile 2016 Israele si è lasciato andare a una provocazione, organizzando un consiglio dei ministri sulle alture del Golan. Nell’occasione il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il suo Paese non applicherà mai la risoluzione 338 né mai restituirà il Golan.
Il 14 giugno 2016 l’ex primo ministro Ehud Barak ha denunciato la politica irresponsabile di Netanyahu e ha esortato i dirigenti israeliani a spodestarlo con ogni mezzo.

I soldati israeliani hanno consegnato la zona cuscinetto ad al-Qaida invece di riaffidarla alla FNUOD.

Il progetto di risoluzione stabilisce principalmente:
  «Il Consiglio di sicurezza sottolinea che non dovrebbe esserci alcuna attività militare di gruppi di opposizione armati nella zona di separazione e nel contempo esorta gli Stati membri ad ammonire chiaramente i gruppi di opposizione armati siriani presenti nella zona operativa della FNUOD a cessare ogni attività che rischi di mettere in pericolo i soldati della pace e a consentire ai soldati delle Nazioni Unite la libertà di manovra necessaria per compiere il loro mandato in tutta sicurezza;
  Chiede a ogni gruppo presente oltre la FNUOD di abbandonare tutte le posizioni di pertinenza della Forza dell’ONU nonché il punto di transito di Quneitra (il “capoluogo” della zona cuscinetto, ndt), e di restituire i veicoli, le armi e ogni altro materiale appartenente ai Caschi blu.
»

Per sessant’anni Israele ha denunciato il pericolo del terrorismo arabo e musulmano. Eppure sul Golan ha contribuito all’espulsione della FNUOD e ha affidato la zona cuscinetto ad al-Qaida.

Dopo due anni di violazione del diritto internazionale, il Consiglio di sicurezza dovrebbe dunque dispiegare nuovamente la FNOUD e intimare a Israele di cessare ogni sostegno all’organizzazione terrorista.

Lo Stato d’Israele, a tutt’oggi, ha violato quasi tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che lo riguardano.

Traduzione
Rachele Marmetti