Il Sudafrica ha denunciato Israele alla Corte Internazionale di Giustizia. Chiede ai magistrati di adottare misure cautelari per prevenire un genocidio a Gaza.

La Corte Internazionale di Giustizia (CIG) non va confusa con la Corte Penale Internazionale (CPI).
– La prima è l’esito degli incontri organizzati dallo zar Nicola II all’Aia, nel 1899 e nel 1907. In origine si chiamava Corte permanente di giustizia internazionale (CPGI) e fu la prima giurisdizione internazionale. Essa giudica le dispute tra Stati sulla base del Diritto internazionale, ossia degli impegni sottoscritti da ciascun Paese.
– La seconda è invece stata inventata dopo il crollo dell’Unione Sovietica dagli Stati Uniti (che peraltro non la riconoscono) e dall’Unione Europea. Essa giudica le persone ed è una sorta di tribunale di Norimberga permanente. Di fatto ha sentenziato solo su persone che oppongono resistenza all’imperialismo occidentale. Un suo procuratore si è comportato da agente della Nato, mentendo senza esitazioni per supportare l’Alleanza atlantica nella conquista della Libia.
– Esistono altre corti internazionali, contestabili al pari della CPI: il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (TPIJ), il Tribunale penale internazionale per il Rwanda (TPIR), il Tribunale speciale per la Sierra Leone (TSSL), infine le Camere straordinarie all’interno dei tribunali cambogiani (CSTC). Tutti applicano la Giustizia dei vincitori.
– Una menzione particolare merita il cosiddetto “Tribunale speciale delle Nazioni Unite per il Libano” che, contrariamente al nome, non è propriamente un tribunale, ma un arrangiamento tra l’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, e il primo ministro dimissionario del Libano, Fouad Siniora. Mirava a condannare i presidenti libanese e siriano, Émile Lahoud e Bashar al-Assad, ma è finita in modo grottesco in una vicenda di giudici corrotti, falsi testimoni, rifiuto di prendere in esame prove medico-legali e così via.

La Corte Internazionale di Giustizia che ci impensierisce è l’unica giurisdizione che rispetta il Diritto internazionale e che non s’inventa regole che rispondano ai bisogni di chi le finanzia.

È la prima volta che Israele viene denunciato alla CPI, sebbene questa si sia già occupata di un caso in cui era implicato: il parere richiesto dagli Stati arabi sulla legalità della Barriera di separazione tra lo Stato ebraico e i Territori palestinesi. All’epoca Tel Aviv si sottrasse al dibattimento e la Corte giudicò che la Barriera violava il Diritto internazionale. La decisione della Corte non ebbe alcun effetto.

Questa volta Israele è direttamente chiamato in causa. «L’istanza riguarda atti minacciati, adottati, tollerati, compiuti nonché in corso di realizzazione da parte del Governo e delle forze armate dello Stato d’Israele contro il popolo palestinese, una comunità nazionale e raziale distinta». «Gli atti e le omissioni di Israele denunciati dal Sudafrica rivestono carattere genocidario perché mirano a distruggere una parte sostanziale del gruppo nazionale, raziale ed etnico palestinese. Gli atti in questione includono l’uccisione di palestinesi a Gaza, il causar loro gravi danni corporali e mentali e l’infliggere condizioni di vita che potrebbero portare alla loro distruzione fisica».

Il Sudafrica invoca la Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio del 9 dicembre 1948 per il modo in cui vengono trattati i palestinesi da tre quarti di secolo. Secondo Pretoria, la maniera in cui Israele conduce la guerra deve essere valutata considerando i fatti che l’hanno preceduta. Sicché si può ritenere genocida perché condotta «con l’intento specifico (dolus specialis) di distruggere i palestinesi di Gaza in quanto parte del più ampio gruppo nazionale, razziale ed etnico palestinese».

Si tratta di un’accusa equilibrata perché non afferma che lo Stato di Israele sta compiendo un genocidio, ma che consente a determinati suoi elementi di commetterlo.

Molte commissioni delle Nazioni unite, tra cui il Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD), hanno «messo in guardia contro i discorsi di odio e di disumanizzazione verso i palestinesi, che suscitano gravi preoccupazioni rispetto all’obbligo di Israele e di altri Stati membri di prevenire crimini contro l’umanità e il genocidio».

Prima di avviare la procedura, il Sudafrica ha preso nove iniziative ufficiali presso Israele, a livello del suo ministero degli Esteri, del suo presidente, nonché dell’ambasciatore israeliano alle Nazioni unite. Da tutti ha ricevuto un rifiuto categorico.

Il Sudafrica è un Paese del “Sud globale” che, durante il periodo dell’apartheid, ha particolarmente sofferto a causa del “sionismo revisionista”. Furono gli israeliani a ideare e organizzare i bantustan per privare i neri dei diritti all’interno del loro stesso Paese. Furono gli israeliani a testare la loro bomba atomica nel deserto sudafricano. Furono gli israeliani a finanziare le sperimentazioni su armi biologiche alla ricerca di una malattia suscettibile di colpire solo i neri e gli arabi. Il passivo è così pesante che già nel 1953 l’Assemblea generale delle Nazioni unite condannò «l’alleanza tra il razzismo sudafricano e il sionismo». Il presidente Nelson Mandela dichiarò che i sudafricani non sarebbero mai stati completamente liberi finché i palestinesi avessero vissuto sotto l’apartheid israeliano.

L’11 aprile 1975, a Gerusalemme, nella residenza del primo ministro. Da sinistra a destra: Eschel Rhoodie (direttore del Dipartimento per la Propaganda del Sudafrica), Yitzhak Rabin (primo ministro israeliano e sionista revisionista), Henrik van den Bergh (direttore dei servizi segreti sudafricani) e Shimon Peres (ministro israeliano della Difesa).

Riassumo il testo della domanda di avvio del procedimento da parte del Sudafrica

I fatti

«In poco più di due mesi gli attacchi militari di Israele hanno “causato più distruzione dei combattimenti di Aleppo, in Siria, tra il 2012 e il 2016, di Mariupol in Ucraina o, in proporzione, dei bombardamenti alleati sulla Germania nella seconda guerra mondiale”».

Al momento della presentazione della denuncia più di 21.110 palestinesi, tra cui oltre 7.729 bambini e 4.700 donne, sono stati uccisi. Oltre 355.000 case palestinesi sono state distrutte, ossia il 60% delle abitazioni. 1,9 milioni di palestinesi, ossia l’85% della popolazione di Gaza, sono stati evacuati all’interno del Paese. Solo 13 dei 36 ospedali sono parzialmente funzionanti; nel nord di Gaza non c’è più nemmeno un ospedale pienamente operativo. Le malattie contagiose ed epidemiche sono ordinaria amministrazione tra gli sfollati. L’intera popolazione di Gaza è a rischio imminente di carestia, mentre la percentuale di famiglie colpite da insicurezza alimentare acuta è la più alta mai registrata, secondo la Classificazione Integrata delle Fasi della Sicurezza Alimentare della FAO.

Il conteso

Da anni Israele impone a Gaza un severo blocco, vietando la pesca e lasciando entrare nella Striscia solo il quantitativo di merci indispensabili all’alimentazione.

Tra il 29 settembre 2000 e il 7 ottobre 2023 sono stati uccisi circa 7.569 palestinesi, di cui 1.699 bambini, comprese le vittime delle “quattro guerre altamente asimmetriche”, nonché altri assalti militari di minore portata; i feriti si contano a decine di migliaia.

La Grande marcia del ritorno sotto i lanci di Israele

Inoltre, 214 palestinesi, tra cui 46 bambini, sono morti durante la “Grande marcia del ritorno”, una protesta pacifica su larga scala che si svolgeva lungo la barriera di separazione tra Gaza e Israele, alla quale parteciparono migliaia di palestinesi, ogni venerdì, per oltre 18 mesi, per chiedere «la rimozione del blocco imposto su Gaza e il rientro dei rifugiati palestinesi» alle loro case e villaggi in Israele, in applicazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite.
In totale 36.100 palestinesi, tra cui circa 8.800 bambini, sono stati feriti da Israele. 4.903 persone sono state colpite alle gambe da proiettili sparati da cecchini, «molti di loro erano in piedi, disarmati, a centinaia di metri di distanza». La Commissione ha rilevato che le menomazioni non erano accidentali: le regole d’ingaggio adottate da Israele consentivano ai tiratori scelti di colpire alle gambe “i principali agitatori”. indipendente
La «Commissione [delle Nazioni Unite] d’inchiesta internazionale sulle manifestazioni nel Territorio palestinese occupato» ha riscontrato che vi sono ragionevoli motivi per ritenere che i cecchini israeliani hanno «sparato intenzionalmente» a bambini e a persone visibilmente handicappate, pienamente consapevoli.

Il regime giuridico, politico e le pratiche discriminatorie adottati da Israele impongono ai palestinesi un regime di apartheid. I palestinesi di Cisgiordania sono contenuti dietro un muro di segregazione; sottoposti a politiche discriminatorie di zonizzazione e pianificazione del territorio; subiscono demolizioni punitive e amministrative; violente incursioni dell’esercito israeliano nei territori occupati, anche nella zona A; violente incursioni israeliane di routine nelle case; arresti arbitrari e detenzione amministrativa a tempo indeterminato (senza alcun processo); un doppio sistema legale in base al quale i palestinesi sono processati secondo la legislazione militare israeliana, mentre i coloni israeliani, che vivono nello stesso territorio, sono soggetti a un regime legale diverso e processati con procedura regolare in tribunali civili israeliani.

Prima del 7 ottobre 2023, tra il primo gennaio e il 6 ottobre 2023, 199 palestinesi sono stati uccisi da soldati o coloni israeliani in Cisgiordania e 9.000 sono stati feriti.

Dal 7 ottobre Israele ha arrestato più di 3.000 palestinesi di Cisgiordania e Gerusalemme Est, soprattutto per interventi sulla situazione di Gaza postati su social media.
Israele ha aumentato in modo significativo il numero di palestinesi detenuti in via amministrativa, senza accusa né processo, portandolo a 2070. Migliaia di palestinesi di Gaza che lavoravano in Israele sono stati arrestati e detenuti arbitrariamente; il 3 novembre 2023, 3.200 di loro sono stati rimpatriati con la forza a Gaza, dove imperversavano bombardamenti intensi su larga scala. Giungono notizie di lavoratori palestinesi maltrattati al momento dell’arresto e sottoposti a violenze fisiche. Molti detenuti palestinesi di Cisgiordania – adulti e bambini – rilasciati in cambio di ostaggi israeliani riferiscono anche di gravi maltrattamenti, nonché di restrizioni all’accesso a cibo, acqua, cure mediche ed elettricità subite nelle prigioni israeliane. Sei palestinesi di Cisgiordania sono morti in detenzione.

Anche gli attacchi armati dei coloni israeliani contro i palestinesi – apertamente sostenuti dai politici israeliani – hanno subito un’escalation spettacolare. I coloni – spesso accompagnati da soldati israeliani – hanno ucciso almeno otto palestinesi e ne hanno ferito altri 85, seminando il terrore, soprattutto nelle comunità agricole, e danneggiandone le proprietà. 2.186 palestinesi di Cisgiordania, tra cui 1.058 bambini, sono stati sfollati.

Gli atti genocidari

Israele starebbe sganciando su Gaza bombe “stupide” (cioè non guidate) e bombe pesanti fino a 900 chili, che hanno un raggio letale previsto «fino a 360 metri» e «che si prevede causino lesioni gravi e danni fino a 800 metri dal punto d’impatto».

Per i bambini palestinesi in particolare, «la morte è ovunque» e «nessun luogo è sicuro». A oggi, a Gaza, sono stati uccisi oltre 7.729 bambini palestinesi, ossia oltre 115 ogni giorno. Si stima che nelle prime tre settimane del conflitto, e solo a Gaza, siano stati uccisi più bambini palestinesi (per un totale di 3.195) del numero totale di bambini uccisi ogni anno dal 2019 nelle zone di conflitto del mondo. Il tasso senza precedenti di vittime infantili palestinesi ha spinto il portavoce dell’Unicef a definire gli attacchi israeliani a Gaza una «guerra ai bambini».

A oggi Israele ha ucciso: oltre 311 medici, infermieri e altri operatori sanitari, compresi medici e autisti di ambulanze in servizio; 103 giornalisti – più di uno al giorno – che rappresentano oltre il 73% del numero totale di giornalisti e operatori dei media uccisi a livello globale nel 2023; 40 operatori della protezione civile – incaricati di aiutare a estrarre le vittime dalle macerie – sono stati uccisi in servizio; sono stati uccisi anche più di 209 insegnanti e personale educativo; sono stati uccisi 144 dipendenti delle Nazioni unite, il «più alto numero di operatori umanitari uccisi nella storia dell’Onu in uno spazio di tempo così ristretto».

Dal 7 ottobre oltre 55.243 palestinesi sono stati feriti durante gli attacchi israeliani a Gaza, per la maggior parte donne e bambini. Ustioni e amputazioni sono le ferite ricorrenti; il numero di bambini che hanno perso una o entrambe le gambe è stimato in 1.000. Si ha notizia dell’uso di fosforo bianco da parte delle forze israeliane in aree densamente popolate di Gaza. Come afferma l’Organizzazione mondiale della sanità, anche piccole quantità di fosforo bianco possono causare ustioni profonde e gravi, penetrando anche attraverso le ossa, e possono estendersi anche dopo il trattamento iniziale. Nel nord di Gaza, in particolare, non ci sono ospedali funzionanti, per cui i feriti sono ridotti ad “aspettare di morire”: è impossibile sottoporli a interventi chirurgici o a cure mediche che vadano oltre il trattamento d’urgenza, sono quindi condannati a morire dopo lunga agonia a causa di ferite e infezioni che ne conseguono.

Anche prima dell’ultimo attacco i palestinesi di Gaza soffrivano di gravi traumi conseguenti agli attacchi precedenti: l’80% dei bambini palestinesi aveva già sperimentato bombardamenti d’intensità elevata. Soffrivano di disagio emotivo, di enuresi notturna (79%) e mutismo reattivo (59%), compivano atti di autolesionismo (59%) e avevano pensieri suicidi (55%). Undici settimane di bombardamenti incessanti, di sfollamenti avranno necessariamente portato a un ulteriore aumento di questi dati, in particolare per le decine di migliaia di bambini palestinesi che hanno perso almeno un genitore e per quelli che sono rimasti gli unici superstiti della loro famiglia.

I civili palestinesi, definiti «animali umani», fatti spogliare per essere “interrogati”.

Parallelamente alla campagna militare, Israele si è impegnato nella disumanizzazione e nel trattamento crudele, disumano e degradante degli abitanti palestinesi a Gaza. Un gran numero di civili palestinesi, compresi i bambini, è stato arrestato, bendato, costretto a spogliarsi e a rimanere all’aperto al freddo, prima di essere fatto salire su camion e portato in luoghi sconosciuti. Molti detenuti palestinesi che sono stati rilasciati riferiscono di essere stati sottoposti a torture e maltrattamenti, in particolare la privazione di cibo, di acqua, di riparo, di accesso ai servizi igienici. Immagini di cadaveri mutilati e bruciati – insieme a video di attacchi armati da parte di soldati israeliani – presentate come “contenuto esclusivo dalla Striscia di Gaza”, sono state diffuse in Israele attraverso un canale di Telegram, denominato 72 Virgins, senza essere censurate.

Il 1° dicembre 2023 – alla fine della tregua temporanea di otto giorni tra Israele e Hamas – Israele ha iniziato a lanciare volantini che esortavano i palestinesi a lasciare le aree del sud in cui era stato loro detto di fuggire. Come ha dichiarato il Relatore speciale delle Nazioni unite sui diritti umani degli sfollati interni, «Israele ha rinnegato le promesse di sicurezza fatte a coloro che hanno rispettato l’ordine di evacuare il nord di Gaza, emesso due mesi fa. Ora sono di nuovo sfollati con la forza, insieme alla popolazione di Gaza sud». Israele ha anche pubblicato online una mappa dettagliata che divide la Striscia di Gaza in centinaia di piccole aree. La mappa era apparentemente destinata a informare degli ordini israeliani di evacuazione. Tuttavia, come ha osservato l’OCHA [Ufficio per gli affari umanitari], «la pubblicazione non specifica dove le persone dovrebbero spostarsi».

Secondo António Guterres, segretario generale delle Nazioni unite, «Molti dei nostri veicoli e camion sono andati distrutti o abbandonati dopo la nostra evacuazione forzata e precipitosa dal nord, ma le autorità israeliane non hanno permesso l’uso di camion supplementari a Gaza. Questo ostacola enormemente le operazioni di aiuto. Mandare merci a nord è estremamente pericoloso a causa del conflitto in corso, degli ordigni inesplosi e delle strade gravemente danneggiate. Le frequenti interruzioni delle comunicazioni rendono ovunque impossibile coordinare la distribuzione degli aiuti e informare la gente su come accedervi», nonché riprendere le attività commerciali. «Gli scaffali sono vuoti, i portafogli sono vuoti, gli stomaci sono vuoti». In tutta Gaza è attiva una sola panetteria.

Il Commissario generale dell’UNRWA [Agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi] descrive «persone disperate, affamate e terrorizzate», che «fermano i camion degli aiuti, prendono il cibo e lo mangiano immediatamente».

Secondo il Programma alimentare mondiale sono disponibili solo da 1,5 a 1,8 litri di acqua pulita al giorno a persona, da usare per tutto: bere, lavarsi, preparare il cibo, igiene. Questo dato è ben al di sotto della “soglia di sopravvivenza” di 15 litri al giorno in “condizioni di guerra o carestia”, o della “soglia di sopravvivenza” di tre litri al giorno.

L’Organizzazione mondiale della sanità stima che in media ci sia «solo una doccia ogni 4.500 persone». Nei centri di accoglienza dell’UNRWA c’è un solo servizio igienico per 486 persone in media, mentre in altri luoghi dove le persone trovano rifugio spesso i servizi igienici non esistono.

A Gaza ci sono stati oltre 238 attacchi alle strutture sanitarie. Solo 13 ospedali su 36 e 18 centri sanitari su 72 sono ancora funzionanti – alcuni a malapena. L’esercito israeliano ha preso di mira i generatori degli ospedali, i pannelli solari degli ospedali, attrezzature come stazioni di ossigeno e serbatoi d’acqua. Ha preso di mira anche le ambulanze, i convogli di medici e soccorritori d’urgenza. 311 operatori sanitari sono stati uccisi (in media 4 al giorno), compresi almeno 22 operatori sanitari uccisi in servizio.

Israele ha ridotto la principale biblioteca pubblica della città di Gaza in macerie. Ha inoltre danneggiato o distrutto innumerevoli librerie, case editrici, biblioteche, nonché centinaia di strutture educative. Israele ha preso di mira tutte e quattro le università di Gaza, compresa l’Università islamica.

Israele ha danneggiato o distrutto 318 siti religiosi mussulmani e cristiani, demolendo i luoghi dove i palestinesi pregavano da generazioni. Tra questi, la Grande Moschea Omari, originariamente una chiesa bizantina del V secolo, un monumento iconico della storia, dell’architettura e del patrimonio culturale di Gaza, nonché luogo di culto per i cristiani e mussulmani da oltre mille anni. I bombardamenti israeliani hanno danneggiato anche la Chiesta di San Porfirio, fondata nel 425 d.C. e ritenuta la terza chiesta cristiana più antica al mondo.

Le ammissioni di personalità israeliane

Raramente chi perpetra un genocidio ne annuncia in anticipo l’intenzione. Eppure il Sudafrica ha raccolto sei pagine di citazioni. Durante l’udienza preliminare Israele ha sostenuto che si tratta solo di discorsi politici, di retorica, e che nessuno degli autori di queste dichiarazioni ha cercato di metterle in atto. Invito a giudicare sulla base dei fatti e dei dati sopra enunciati.

Davanti alla Knesset, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha descritto questa guerra «una lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre, tra umanità e legge della giungla». Successivamente ha dichiarato ai suoi soldati: «Dovete ricordarvi di quanto Amalek vi ha fatto, dice la nostra Santa Bibbia. E noi ce ne ricorderemo». Il passo biblico in questione dice testualmente: «Ora andate, attaccate Amalek e proscrivete tutto ciò che gli appartiene. Non risparmiate alcuno, uccidete uomini e donne, neonati e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini».

Il presidente Isaac Herzog ha dichiarato in una conferenza stampa: «È un’intera nazione a essere responsabile. Non è vera questa retorica sui civili non consapevoli e non coinvolti. Non è assolutamente vero… e noi ci batteremo finché spezzeremo la loro spina dorsale».

Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, in un «aggiornamento della situazione» delle forze armate israeliane, il 9 ottobre 2023 ha twittato: «ora abbiamo tutti un comune obiettivo: cancellare la Striscia di Gaza dalla faccia della terra».

Le conclusioni del Sudafrica

Il Sudafrica chiede misure cautelari che mettano immediatamente fine al massacro. In particolare:
1. Lo Stato di Israele sospenderà immediatamente le operazioni militari a Gaza e contro Gaza.
2. Lo Stato di Israele garantirà che qualsiasi unità armata militare o irregolare che possa essere da esso diretta, sostenuta o influenzata, nonché qualsiasi organizzazione e persona che potrebbe essere soggetta al suo controllo, alla sua direzione o alla sua influenza, non compia alcuna azione a favore delle operazioni militare di cui al punto (1).
3. La Repubblica del Sudafrica e lo Stato di Israele, in conformità ai loro obblighi ai sensi della Convenzione della prevenzione e punizione del crimine di genocidio, in relazione al popolo palestinese prenderanno tutte le misure ragionevoli in loro potere per prevenire il genocidio.
4. Lo Stato di Israele, in conformità agli obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, in relazione al popolo palestinese in quanto gruppo protetto dalla Convenzione e la punizione del crimine di genocidio, deve desistere dal commettere qualsiasi atto che rientri nel campo di applicazione dell’articolo II della Convenzione.
(…)
8. Lo Stato di Israele presenterà alla Corte una relazione su tutte le misure adottate per dare esecuzione alla presente ordinanza entro una settimana dalla data della stessa e, in seguito, a intervalli regolari stabiliti dalla Corte, fino a quando non avrà emesso una decisione definitiva sul caso.

Fino a oggi nessuno Stato ha manifestato l’intenzione di unirsi alla procedura; tuttavia la Turchia ha trasmesso molti video che confermano con le immagini le affermazioni del Sudafrica.

Traduzione
Rachele Marmetti