Gli Stati Uniti e la Turchia hanno incrementato il loro intervento diretto in Siria, per rafforzare il numero, gli equipaggiamenti e le prerogative dei centri di direzione delle operazioni militari. Le dichiarazioni degli ultimi giorni suggeriscono che si sta preparando una nuova fase dell’aggressione contro la Siria.
Le riunioni di consultazione tra i rappresentanti di Washington e Ankara si sono svolte dopo le dure perdite che l’esercito arabo siriano ha inflitto ai gruppi terroristici ad Aleppo e negli altri luoghi del paese in cui operano gli squadroni della morte, gli agenti della NATO e i mercenari finanziati dalle oscurantiste petro-monarchie del Golfo. Nelle discussioni svoltesi ad Ankara, gli statunitensi e i turchi hanno deciso l’intensificazione del contrabbando di armi e denaro, e i modi per migliorare i collegamenti e le comunicazioni crittografate tra i centri operativi militari installati in Turchia e i gruppi terroristici in Siria. L’obiettivo è migliorare la direzione, la struttura e il movimento dei gruppi armati, sulla base delle informazioni raccolte attraverso le immagini satellitari o le spie dispiegate sul terreno, dei movimenti delle truppe siriane e della loro organizzazione e dei loro metodi di combattimento, che restano un mistero impenetrabile per gli occidentali e i loro aiutanti turchi e del Golfo, soprattutto dopo i risultati delle battaglie di Damasco e Aleppo.

Il tono aspro dei funzionari statunitensi e turchi sugli sviluppi in Siria, non ha nulla a che vedere con quello che si sente nei corridoi e nelle aule diplomatiche. Citando alti funzionari di Washington e Ankara sulle questioni di sicurezza, diversi visitatori arabi segnalano che il piano per rovesciare il presidente Bashar al-Assad e negoziare le condizioni politiche per una transizione, cercando di prolungare la guerra attraverso gli squadroni della morte, trovano grandi ostacoli, non solo in Siria, ma anche per via delle posizioni di Russia e Cina.

I fatti dimostrano che la forza dell’esercito arabo siriano, la sua solidità e il suo supporto popolare aumentano, mentre i continui fallimenti delle bande armate, come i loro abusi e barbarie, sono sempre più evidenti, ed iniziano ad apparire anche nei media occidentali. La popolazione mostra segni di rigetto sempre più accentuato verso i terroristi, molti dei quali sono estremisti jihadisti stranieri che diffondono il terrore nelle città e località siriane, nei loro sforzi per distruggere lo Stato siriano e riportare il paese indietro di 100 anni. Il sentimento di appartenenza nazionale è aumentato in Siria, dove si può vedere una vasta mobilitazione a difesa della patria, evidente anche agli occhi di osservatori e giornalisti che sono lontani dai sostenitori del potere siriano. La battaglia mediatica è anch’essa praticamente persa dalle bande di estremisti che operano in Siria, e dove anche comincia ad apparire qualche cambiamento nell’opinione pubblica internazionale.

Alla luce di questa realtà, i paesi coinvolti nella guerra contro la Siria hanno lanciato una ampia operazione mediatico-psicologica, per cercare di sollevare il morale dei gruppi armati, decimati dalle enormi perdite inflitte dall’esercito nazionale siriano. I media ci inondano con le notizie di un’offensiva qui o là, dell’occupazione dell’80% di Aleppo, ecc. Le autorità siriane, nel frattempo, non si sono nemmeno prese la briga di rispondere a queste menzogne, tanto più che i giornalisti che conoscono il terreno, come il britannico Robert Fisk (le cui recensioni implacabili contro il regime siriano sono ben note), che è stato recentemente a Aleppo, conoscono anche la verità. Scrivono nei loro articoli che l’esercito nazionale siriano è al contrattacco su tutti i fronti e le milizie estremiste non riescono a resistere all’avanzata impetuosa delle truppe regolari, che colpiscono con pugno di ferro le basi, le linee di rifornimento e le zone in cui i jihadisti e i mercenari si raggruppano. Il sostegno della popolazione, appoggio che i giornalisti non riescono a nascondere, si esprime nella cooperazione instaurata tra militari e civili, dal momento che questi ultimi hanno abbandonato il loro timore iniziale e informano le truppe sui covi dei terroristi. Per non parlare anche del fatto che molti civili si sono uniti alle forze dell’esercito per combattere contro ciò che considerano un’invasione straniera contro il proprio paese.

Allo stesso tempo, le conseguenze del coinvolgimento in Siria del governo dell’”illusione ottomana”, hanno cominciato ad apparire in Turchia, nelle ultime settimane:
 Le dichiarazioni di carattere confessionale di Recep Tayyeb Erdogan, che sempre più spesso parla di “guerra civile” in Siria, minacciano la stabilità della Turchia stessa, in cui si sentono delle voci che denunciano il settarismo mostrato dal Primo Ministro.
 Con la sua goffaggine, Erdogan ha aperto il vaso di Pandora del problema curdo. La guerriglia curda, che era quasi scomparsa, ritorna ampiamente nella Turchia del sud-est.
 La Turchia, che aveva già beneficiato degli accordi economici con la Siria, ora perde il suo accesso all’entroterra arabo. Le perdite sostenute dagli uomini d’affari e dagli industriali turchi arrivano al miliardo di dollari.

In questo contesto, i progetti o la creazione di fasce di sicurezza e di corridoi protetti sul territorio siriano non sono altro che mere illusioni, tanto più che la Siria ha annunciato, in modo chiaro, attraverso il consigliere del presidente in visita a Pechino, che prenderebbe in considerazione tali misure come atti di guerra, e che avrebbe difeso la sovranità nazionale con tutte le forze a sua disposizione. Gli strateghi statunitensi temono che tali piani portino a una grande guerra regionale, cosa che metterebbe a rischio l’esistenza stessa d’Israele.

Il quotidiano britannico The Guardian riporta del fallimento degli incontri di conciliazione tra statunitensi e turchi, che non hanno raggiunto una visione comune nel creare una zona cuscinetto. Secondo The Guardian, gli Stati Uniti hanno messo in guardia i turchi contro il piano, e ovviamente hanno chiarito il loro rifiuto ad ogni tentativo di imporre con la forza, e al di fuori del quadro delle Nazioni Unite, una sorta di zona di sicurezza in Siria.

Coinvolti fino al collo nella guerra contro la Siria, Stati Uniti, Turchia e monarchie petrolifere del Golfo hanno ridotto i propri margini di manovra, in particolare, nella misura in cui hanno esaurito quasi tutte le risorse che la loro immaginazione poteva fornirgli per avviare un gioco che doveva danneggiare la Siria.

I gesti più recenti di questa coalizione non sono che gli ultimi tentativi di salvare un complotto fallito, richiedendo grossi sforzi e investimenti significativi. Ma i segni del loro fiasco inevitabile sono evidenti, anche se devono passare ancora dei mesi prima che i congiurati ammettano pubblicamente la sconfitta.

Fonte
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Traduzione di Alessandro Lattanzio (Aurora)