Jean-Bertrand Aristide, président constitutionnel d’Haïti
Photo : Agnès Caporal

"Dopo un lungo periplo che, da Port-au-prince, lo ha condotto a Bangui, poi in Giamaica, ed infine qui, a Pretoria, Jean-Bertrand Aristide è stato accolto come capo di Stato con tutta la sua famiglia, sia dalla repubblica Sudafricana che dai 53 paesi membri dell’Unione Africana.
Nonostante sia stato rovesciato da un colpo di Stato ad Haiti, il 29 febbraio 2004, il suo mandato non terminerà che il 7 febbraio 2006 e sono in corso delle trattative, sia con Port-au-Prince che con l’ONU.
Sotto l’alta protezione dei servizi di sicurezza sudafricani e accompagnato dal sua moglie, Mildred, Jean-Bertand Aristide ci ha ricevuti ed ha accettato volentieri di rispondere alle nostre domande."

GLI EMISSARI

Domanda : - Signor Jean-Bertrand Aristide, è esatto che degli emissari francesi le hanno chiesto di dimettersi diverse settimane prima della vostra partenza da Haiti?

JBA - E’ noto, io non faccio che ripeterlo!
Si trattava del signor Régis Debray. Lo accompagnava la signora Véronique de Villepin. Si trattava di due personalità francesi venute al palazzo nazionale per chiedermelo. Dunque è noto! Le minacce non erano nascoste, erano chiare e dirette. Poiché siamo – da buoni Haitiani – rispettosi, ma assolutamente esigenti che ci si rispetti, gli abbiamo risposto con molto rispetto e dignità. Ma le minacce erano chiare e dirette: "O rassegnate le dimissioni, o potreste essere eliminato!"

D. – La signora Véronique Albanel, sorella di Dominique de Villepin, allora ministro degli Affari esteri, ed il signor Régis Debray le hanno davvero fatto questo discorso?

JBA – Entrambi! Il predecessore dell’Ambasciatore di Francia aveva detto che ci sarebbe stata una "tempesta" ad Haiti. Il suo successore non ha fatto che seguire la traccia del predecessore e, in questo senso, si poteva sentire arrivare la "tempesta". Io sono ancora vivo, questo non era il loro obiettivo, poiché tutto ciò che è accaduto non fa che provare che il peggio sarebbe potuto accadere.

D. – Lei ha detto di essere stato vittima di un rapimento: cos’è successo esattamente?

JBA – Ho descritto dettagliatamente quella notte macabra, le storie di quella notte, attraverso un libro che è già stato scritto. Si tratta di pubblicarlo. E, al momento opportuno, sarà pubblicato. I lettori verranno a conoscenza di ciò che è successo e apprenderanno come ciò sia successo, durante quella notte che non vorrei mai rivivere. Quindi, certo, si trattò di un rapimento. Per quanto riguarda i dettagli, questi saranno pubblicati e ciascuno potrà averli sotto gli occhi.

INFORMAZIONE, DISINFORMAZIONE

D. – Si è detto che i "ribelli" non erano, infatti, che un pugno di mercenari…

JBA – Non c’era ribellione, c’era qualcosa di costruito! Il denaro ha finanziato un rapimento preceduto da disinformazione, omicidi, assassini sistematici. Dopo il rapimento, la disinformazione è continuata… Se oggi, un anno dopo il rapimento, si vede il popolo haitiano, nel suo insieme, pacificamente, esigere il nostro ritorno, ciò prova un fedeltà. Non una fedeltà alla mia persona, ma una fedeltà alla persona che hanno eletto.

LE ACCUSE

D. – Qual è la sua reazione quando la stampa l’accusa di essere un trafficante di droga, un delinquente, perfino un criminale?

JBA – E’ assolutamente falso! Si è abituati al genere di manovra in cui i colpevoli brandiscono la menzogna sistematica per provare a nascondersi, come se un albero potesse nascondere una foresta! Dunque lo sappiamo. Ciò non ci distrae dal fatto che è falso! …Haiti.

JBA (segue) … E’ con la pena nel cuore che seguiamo ciò che accade da noi, ad Haiti. Ogni giorno, delle persone sono assassinate. Altre sono incarcerate. Altre in esilio. Secondo alcune organizzazioni che difendono i diritti umani, è veramente il caso di dirlo, si tratta di un genocidio! Per più di uno, ci sarebbero già 10.000 persone assassinate in meno di un anno.

D. – Ogni volta che ci sono ad Haiti dei disordini o delle manifestazioni, si dice che ci sia lei a manovrare i fili… JBA – E’ assolutamente falso! Lo stesso linguaggio pacifico che abbiamo avuto prima delle elezioni del 2000, dopo le elezioni, prima del rapimento del 29 febbraio scorso, dopo il rapimento, è lo stesso linguaggio che teniamo ogni giorno. E’ un linguaggio pacifico che si riferisce ad una mobilitazione pacifica perché i diritti umani siano rispettati…

Claude Ribbe, Jean-Bertrand Aristide et Mildred Aristide
Photo : Agnès Caporal

1804-2004

JBA (segue) - Certamente, il Bicentenario ha fatto paura, malgrado tutto i nostri sforzi per rassicurare ciascuno: che non si trattasse di vendetta, perché siamo contro la vendetta, né di violenza, perché siamo sempre stati contro la violenza. Bisognerebbe celebrare la libertà come un valore universale. Malgrado tutto, dal loro punto di visto, non si è vista né la buona fede né la volontà politica né uno sforzo di comprensione.

D. – Duecento anni dopo, la Francia ha inviato dei soldati ad Haiti…

JBA. – Come Napoleone, nel 1802, ha voluto ristabilire la schiavitù, oggi è come se ci fosse un neo-colonialismo. Ma non sta in piedi! E’ una politica patologica e una patologia politica nello stesso tempo! Non sta in piedi! A causa della dimensione irreversibile, a conoscere questa volontà collettiva del popolo haitiani… Siamo stati liberi nel 1804? Noi ci teniamo a restarlo! Volete rimetterci le catene ai piedi? Forse perché le avete al cervello? Noialtri, non le abbiamo al cervello e non le avremo nemmeno ai piedi! Potete ucciderci, ma non farci inginocchiare se fossimo degli schiavi che accettano la schiavitù.

LE ACCUSE

D. - Dietro questi avvenimenti, c’è secondo lei una volontà nascosta di mettere Haiti sotto tutela?

JBA – Lo hanno detto! Non l’hanno nascosto! Anche quando avevo provato a fargli capire che era anacronistico, un progetto di questo tipo, e che non reggeva al rigore del pensiero, loro hanno voluto procedere. Perché talvolta, quando si è razzisti, si pensa che il negro non può vedere più lontano di un bianco. Ed in questo senso, ci si sbaglia. Gli si è fatto vedere la verità. Se diventano ragionevoli, sono capaci di vederlo. Ma non hanno voluto vederlo!

D. – Chi sono coloro che la sostengono, oggi?

JBA – Gli stati dei Carabi non riconoscono il governo de facto che è stato imposto malgrado la volontà e la sovranità popolare, malgrado il voto democratico del popolo haitiano. Secondo: al fianco del blocco caraibico, ci sono 53 stati africani. Si tratta di 53 stati, che hanno risposto positivamente alla richiesta formulata dal Caricom per accoglierci qui, che hanno espresso una posizione netta e chiara.Sono dal lato della democrazia. Sono dal lato del rispetto della sovranità popolare espressa dal voto del popolo haitiano. Quindi non c’è che il popolo haitiano, non c’è che il Caricom: ci sono il paesi africani. Possiamo dire : "No, non è che un continente"? In questo caso, sarebbe una reazione razzista. Bisognerebbe forse dire: "E’ il continente nero, è il continente dei negri!" per lasciare vedere così il razzismo più chiaramente.

D. – Si candiderebbe nuovamente per le elezioni presidenziali di Haiti?

JBA – La Costituzione è chiara al riguardo. Secondo la Costituzione della repubblica di Haiti, un presidente ha un mandato di 5 anni. Poi, deve ritirarsi: io l’ho fatto nel 1996. Mi sono ritirato democraticamente. In seguito, si può ritornare: io sono democraticamente ritornato nel 2000. Dunque finisco il mio mandato quest’anno, nel 2005, per passare la responsabilità, il 7 febbraio 2006, al prossimo presidente eletto con libere elezioni, oneste e democratiche. Sfortunatamente, mi sono ritrovato in esilio dopo circa un anno, anche se qui…
Ne approfitto per ringraziare la repubblica sudafricana, poiché ci ha accolto come invitati d’onore, non come esiliati. E’ il loro contributo alle Nazioni unite che dovrebbe lavorare per la pace e la restaurazione dell’ordine democratico. Al momento opportuno, sarò ad Haiti, nel quadro di questo accordo. Ma, se ci sono forse delle elezioni domani mattina in cui io mi presenterò? No! Se si resta nella linea costituzionale, io sono il presidente della repubblica di Haiti, anche se non sono ad Haiti. Termino il mio mandato. Spero di essere a casa mia fra non molto , nel quadro di un accordo negoziato o nel quadro del dialogo, perché si dia luogo a libere elezioni, oneste e democratiche, così come previste dalla costituzione.

Claude Ribbe

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Durée : 11 minutes Format : (Windows Media, 15.2 Mo)

Traduzione de Ernesto Carmona, http://www.comedonchisciotte.org