Il Comitato di controllo delle denunce contro la polizia militare canadese (MPCC), ha finalmente sentito Richard Colvin, per sei ore, il 13 aprile 2010. Il partito conservatore ha invano intensificato le imboscate per impedire che il diplomatico uscisse dalla riservatezza richiesta dal suo status.

Il signor Colvin, che è stato 18 mesi a Kandahar nel 2006-07, ha confermato la testimonianza che ha consegnato alla Commissione parlamentare sulla missione in Afghanistan, il 5 Ottobre 2009. Secondo lui, tutti i prigionieri consegnati dalle forze canadesi alle autorità afgane sono stati torturati da queste ultime. Il trasferimento dei prigionieri a terzi, sapendo che possono essere torturati, è un crimine di guerra ai sensi della Convenzione di Ginevra.
Durante il suo servizio in Afghanistan, Richard Colvin aveva trasmesso 17 relazioni dettagliate ai suoi superiori a Ottawa, non esitando a distribuirne fino a 75 copie a vari funzionari responsabili, sia al ministero degli Esteri che alla Difesa.

Il signor Colvin si era già illustrato durante la sua visita a Ramallah, dopo la morte del presidente Yasser Arafat, avvisando i suoi superiori sulle circostanze dell’avvelenamento e dell’evoluzione interna di Fatah. Attualmente è Primo Segretario dell’Ambasciata del Canada a Washington e ufficiale di collegamento dell’intelligence.

La Commissione ha anche ricevuto segnalazioni dal diplomatico canadese Chris Alexander, nel frattempo distaccato presso l’ONU. Secondo questo funzionario, l’ex governatore di Kandahar, Asadullah Khalil, aveva ordinato l’assassinio di cinque dipendenti delle Nazioni Unite e disporrebbe di una prigione nascosta, sotto la sua residenza privata. Sempre secondo Alexander, la maggior parte degli attacchi contro gli stranieri non sono attuati dai ribelli, ma dagli spacciatori di droga legati al governo afgano, che hanno tutto l’interesse a prolungare l’insicurezza.

Traduzione di Alessandro Lattanzio