Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, subito seguito da Reporter senza frontiere, ha denunciato gli attacchi alla libertà di stampa in Venezuela. In realtà, i tribunali amministrativi hanno rifiutato di rinnovare la concessione delle frequenze ad una televisione che aveva partecipato al tentativo di colpo di stato e aveva moltiplicato le violazioni ai suoi impegni contrattuali. Salim Lamrani analizza questa nuova campagna di disinformazione della “ONG” parigina.
Il mancato rinnovo della concessione di durata ventennale alla rete privata venezuelana RCTV, arrivata a scadenza il 27 maggio 2007, ha suscitato una straordinaria isteria mediatica a livello internazionale. Per numerose settimane la stampa del mondo intero si è concentrata su un avvenimento banale che abitualmente passa inosservato quando accade negli altri paesi del mondo. Essa ha trasformato una decisione amministrativa del tutto regolare e legittima in un attentato alla libertà di stampa. Reporter senza frontiere ha evidentemente partecipato a questa campagna internazionale di disinformazione pubblicando, il 5 giugno 2007, un rapporto altamente tendenzioso su RCTV [1].
Chiusura di RCTV ed egemonia mediatica?
RSF [Reporter senza frontiere] intitola il suo dossier “Chiusura di Radio Caracas Television: il consolidamento di un’egemonia mediatica”. L’organizzazione dà immediatamente il tono distillando due menzogne in una sola frase. Per prima cosa, RCTV non è stata chiusa e può continuare a trasmettere via cavo o via satellite. Essendo lo spettro delle frequenze limitato per definizione, il governo venezuelano ha deciso di non rinnovare il contratto alla rete e di concedere lo spazio così liberato ad un’altra catena allo scopo di democratizzare i media. Dunque, contrariamente a quanto afferma RSF, RCTV non “cessa le sue emissioni” [2].
La seconda contro-verità si trova nell’espressione “egemonia mediatica”. Con questo titolo RSF vorrebbe fare credere al lettore che le autorità venezuelane controllano i media e dispongono quasi di un monopolio nel settore. Per convincere l’opinione pubblica, Robert Ménard, segretario generale dell’organizzazione, ripete instancabilmente alla stampa la stessa frase: “Chavez detiene una posizione egemonica sui mezzi di comunicazione” [3]. Ora, la realtà è completamente diversa. In Venezuela, l’80% delle reti televisive e delle radio appartiene al settore privato. Per quanto riguarda la televisione via cavo o via satellite, che è un settore relativamente ben sviluppato nel paese, esso è quasi interamente controllato da fondi privati. A livello di carta stampata, i 118 giornali nazionali e regionali che circolano nel paese sono ugualmente controllati dal settore privato. Esiste effettivamente una “egemonia mediatica”, ma è interamente il prodotto dei gruppi economici e finanziari privati [4].
Decisione arbitraria del Presidente Hugo Chavez?
RSF dichiara che la decisione è stata presa “per ordine del presidente Hugo Chavez” e assicura che è illegale perché, secondo lei, è necessaria “una condanna giudiziaria … per rifiutare alla rete il diritto di trasmettere per i prossimi venti anni”. Qui ancora RSF ricorre ad una doppia bugia. In realtà la decisione è perfettamente legale, rispettosa delle norme internazionali e legittima. Come nella maggior parte del mondo, lo spettro delle onde hertziane appartiene allo Stato ed è destinato a promuovere l’interesse pubblico. Inoltre, l’articolo 156 della Costituzione venezuelana, così come l’articolo 108 della Legge sulle telecomunicazioni, danno al governo il potere di regolare l’accesso a questo spazio. Non è assolutamente questione di “condanna giudiziaria” come pretende RSF. Infine, RCTV conserva sempre il “diritto a trasmettere” via cavo o satellite [5].
Peraltro, non è Hugo Chavez che ha deciso di non rinnovare la concessione ma la Commissione nazionale delle telecomunicazioni del Venezuela. La concessione a RCTV non è stata rinnovata per diverse ben precise ragioni. Innanzitutto, il governo desidera procedere ad un riequilibrio tra reti pubbliche e reti private. In secondo luogo, RCTV non ha rispettato i suoi impegni ed il capitolato di concessione. Un unico esempio edificante: tra giugno e dicembre 2006, le autorità hanno accertato almeno 652 infrazioni da parte di RCTV. La rete ha inoltre denigrato in maniera sistematica la politica del governo ed incitato a più riprese la popolazione alla violenza ed alla rottura dell’ordine costituzionale. La partecipazione dimostrata di RCTV al colpo di stato del 11 aprile 2002 [6], così come il suo comportamento golpista, sono stati fattori non trascurabili nella decisione. In particolare, RCTV aveva partecipato al sabotaggio petrolifero del dicembre 2002 che costò quasi 20 miliardi di dollari all’economia nazionale [7].
RSF afferma al riguardo che RCTV è semplicemente “accusata” di aver partecipato al colpo di stato, mentre le prove e le testimonianze sono schiaccianti. Il giornale francese estremamente conservatore Le Figaro ricorda che “per anni la rete ha apertamente cospirato contro il presidente in carica lanciando appelli per rovesciare il regime”. Le Figaro sottolinea inoltre che al momento del colpo di stato la rete “annunciava che Hugo Chavez si era dimesso”, seguendo così il piano dei golpisti, ed aveva riconosciuto Pedro Carmona come presidente ad interim. [8].
In seguito al ritorno del presidente Chavez, RCTV aveva vietato ai suoi giornalisti di diffondere qualsiasi informazione al proposito e si limitava a trasmettere cartoni animati. Il responsabile di produzione della catena, Andrés Izarra, contrario al putsch, aveva immediatamente dato le dimissioni per non rendersi complice della prova di forza. In occasione di una audizione di fronte all’Assemblea nazionale, Izarra ha dichiarato che il giorno del colpo di stato ed i giorni successivi aveva ricevuto l’ordine formale da parte di Marcel Granier, presidente di RCTV, di “non trasmettere alcuna informazione su Chavez, i suoi sostenitori, i suoi ministri o qualunque altra persona che potesse essere messa in relazione con lui” [9].
Anche il conservatore Los Angeles Times traccia il percorso di RCTV dopo l’elezione di Hugo Chavez alla presidenza della repubblica nel 1998 e sottolinea che essa si era data come obiettivo di “rovesciare il presidente eletto democraticamente”. Dopo il colpo di stato, “RCTV è apertamente precipitata nella sedizione ed ha mostrato immagini truccate per fare credere che i sostenitori di Chavez fossero all’origine dei morti e dei feriti”. Il giornale ricorda che Marcel Granier si era recato al Palazzo presidenziale per allearsi con “il dittatore Pedro Carmona che aveva appena abolito la Corte Suprema, l’Assemblea Nazionale e la Costituzione”. Poi il LA Times conclude: “Granier e gli altri non devono essere considerati martiri della libertà di espressione” ma golpisti [10]. D’altronde, Granier ha rilasciato una eloquente dichiarazione a RSF a proposito del colpo di stato: “Devo ammettere che non mi dispiaceva affatto di vedere andare via Hugo Chavez” [11]. Come poteva “dispiacergli” visto che aveva attivamente partecipato al suo rovesciamento?
Evidentemente, sostenendo e partecipando apertamente alla rottura dell’ordine costituzionale nell’aprile 2002, RCTV non si preoccupava dell’interesse pubblico. Non è certo necessario ricordare che se una rete televisiva francese o di qualunque altro paese al mondo si azzardasse a tenere un comportamento come quello di RCTV, non durerebbe 24 ore ed i suoi dirigenti si ritroverebbero immediatamente in galera. Da parte sua, il giornale statunitense Houston Chronicle ha notato che “le azioni di RCTV non sarebbero durate più di qualche minuto “ negli Stati Uniti [12].
Perchè RSF vuole fare credere all’opinione pubblica che la colpevolezza di RCTV è ancora soggetta a discussione? Semplicemente perché Robert Ménard e la sua organizzazione avevano essi stessi sostenuto il colpo di stato dell’aprile 2002. C’è bisogno di ricordare la dichiarazione pubblicata da RSF il 12 aprile 2002?:
“Chiuso nel palazzo presidenziale, Hugo Chavez ha firmato in nottata le sue dimissioni, sotto la pressione dell’esercito. In seguito è stato condotto al forte di Tiuna, la principale base militare di Caracas, dove è detenuto. Immediatamente dopo, Pedro Carmona, presidente di Fedecàmaras , ha annunciato che presiederà un nuovo governo di transizione. Egli ha affermato che sul suo nome convergeva il consenso della società civile venezuelana e del comando delle forze armate” [13].
Decisione impopolare?
L’ente parigino dichiara anche che gli “oppositori (numerosi) e i sostenitori (pochi)” avevano nello stesso tempo sfilato a Caracas per ripudiare o appoggiare la decisione del governo. Qui RSF non esita affatto a mentire spudoratamente. Le manifestazioni di oppositori che hanno avuto luogo in segno di protesta non hanno riunito che qualche migliaio di persone. Al contrario, le manifestazioni di sostegno che hanno sfilato nella capitale, in analogia a quelle del 27 maggio e del 2 giugno 2007, sono state impressionanti. In effetti centinaia di migliaia di cittadini hanno sfilato per le vie di Caracas mostrando il loro sostegno a Hugo Chavez [14]. A quale scopo RSF manipola la realtà?
RSF riprende anche i sondaggi realizzati da RCTV e dall’opposizione per dimostrare l’impopolarità della decisione, accordando loro ampio credito e adottando così una posizione palesemente partigiana. Il ministro dell’Interno, Pedro Carreño, ha risposto in maniera pungente a questa affermazione: “la libertà d’espressione non è quella dell’impero, né quella di Reporters sans frontières, né quella della Società della stampa interamericana (SIP), né quella dell’oligarchia, ma quella del popolo che oggi è uscito per strada” [15].
RSF evoca una “chiusura sconfessata dall’opinione [pubblica] e dalla comunità internazionale” e cita alla rinfusa una risoluzione del Parlamento europeo adottata il 24 maggio 2007 e “numerosi governi latino-americani, dal Brasile al Messico passando per il Cile, ed anche il suo omologo e alleato boliviano Evo Morales”. RSF vuole dare l’impressione di una unanimità mondiale contro Hugo Chavez quando la realtà è totalmente differente. Di tutto il continente americano, sarebbe a dire su circa 25 nazioni, solo tre parlamenti (Brasile, Cile, Nicaragua) si sono pronunciati contro il mancato rinnovo della concessione e solamente il presidente costaricano Oscar Arias ha rilasciato una dichiarazione sfavorevole. Il resto del continente, a cominciare da Evo Morales, si è sia pronunciato a favore del governo di Chavez (Bolivia, Cuba, Nicaragua), sia ha segnalato che si trattava di una misura amministrativa che non riguardava che il Venezuela e che non era auspicabile immischiarsi negli affari interni della nazione. Come si vede, RSF è esperta nel campo della disinformazione [16].
Per quanto riguarda la risoluzione del Parlamento europeo, essa è stata effettivamente adottata il 24 maggio 2007, ma solamente da parte di 43 dei 784 deputati europei, ossia a malapena dal 5,4% dei parlamentari. Tale risoluzione è stata unanimemente rigettata da 741 deputati per il suo carattere politicizzato e soprattutto perché essa rappresentava una inaccettabile ingerenza negli affari interni di un paese sovrano. La maggior parte dei deputati si sono rifiutati di partecipare al voto ed hanno lasciato l’emiciclo. Quanto all’OSA [Organizzazione degli Stati Americani, ndT] e alla Commissione interamericana dei diritti dell’uomo, esse non hanno emesso alcuna condanna, contrariamente a quanto suggerisce RSF, ma semplicemente raccomandazioni di ordine generale sulla libertà di stampa [17].
Le altre manipolazioni di RSF
RSF assicura ugualmente che “le richieste di incontri con i membri del governo e di rappresentanti dei media pubblici o filogovernativi sono rimaste senza risposta. Questo eloquente silenzio, così come i propositi delle persone incontrate, tende a confermare che l’affare RCTV non si limita ad una semplice misura amministrativa”. Peraltro, il governo ha ripetuto a più riprese di non aver ricevuto alcuna richiesta di appuntamento da parte di RCTV. Nel promuovere il punto di vista di Marcel Granier RSF fa mostra ancora una volta della sua tendenza partigiana e stigmatizza il governo democratico di Hugo Chavez qualificandolo come “regime politico particolare chiamato «chavismo»”. Qui siamo lontani dal tema della “libertà di espressione”. Ménard si pone in una situazione di opposizione politica ed ideologica nel fare deliberatamente la caricatura del governo venezuelano. Il termine «chavismo» è in effetti utilizzato spesso in senso peggiorativo da parte dell’opposizione [18].
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RSF conclude il suo rapporto con una palese contro-verità, mettendo in guardia verso “l’egemonia mediatica” del presidente. E’ necessario essere precisi al riguardo. Per la banda VHF, nel 2000, vi erano 19 reti televisive private ed 1 pubblica. Nel 2006 la cifra è passata a 20 reti private contro una sola pubblica. Dopo il 27 maggio 2007, vi sono 19 reti private e due reti pubbliche, Venezolana de Televisiòn e TVes che sostituisce RCTV nelle frequenze hertziane. Per la banda UHF, nel 2000, vi erano 28 reti private e due reti pubbliche. Nel 2006 vi erano 44 reti private e 6 pubbliche. Nelle radio, per le onde AM, nel 2000 e nel 2006, vi erano 36 radio pubbliche a fronte di 143 radio private. Per le onde FM, vi erano 3 radio pubbliche contro 365 radio private nel 2000. Nel 2006, le cifre passano a 440 radio private e 10 radio pubbliche. Come si vede, RSF inventa storie [19].
“RCTV trasmetterebbe pornografia”, dichiara RSF utilizzando il condizionale per suggerire che sussiste un dubbio riguardo questa accusa. Eppure le rete è stata condannata a più riprese dal Tribunale Supremo nel 1981 e nel 2006 per aver trasmesso scene pornografiche in orari di grande ascolto. Adesso RSF rimette in discussione le decisioni della più alta autorità giudiziaria del paese [20]. Inoltre, conviene ricordare che RCTV è la rete maggiormente sanzionata (sei volte) nella storia del Venezuela per violazioni di legge, e una sola volta sotto il governo di Chavez [21].
RSF accusa anche il Tribunale Supremo, che ha ordinato la messa a disposizione delle apparecchiature di RCTV alla nuova rete TVes, di voler “compromettere la presenza della rete del leone sul cavo”. Qui la goffaggine di Ménard lo spinge persino a rivelare all’opinione pubblica che RCTV non sparirà. In effetti il Tribunale Supremo ha semplicemente ordinato la cessione temporanea dei trasmettitori allo scopo di assicurare la continuità del servizio pubblico. In più, questa decisione non compromette affatto le possibilità della rete di trasmettere via cavo, come è stato affermato pubblicamente da parte delle principali imprese del settore [22].
Secondo RSF, Televen e Venevisiòn, due delle principali rete private, che hanno adottato una posizione più razionale nei confronti del governo e che a partire dal 2004 hanno smesso di lanciare appelli alla sovversione e al rovesciamento del governo – restando tuttavia all’opposizione come dimostra facilmente la loro programmazione – sono nelle mani del presidente Chavez. La stessa cosa per il quotidiano nazionale privato Ultimas Noticias. Perché, secondo RSF, siano qualificati come d’opposizione bisognerebbe senza dubbio che questi media continuassero a denigrare il governo, a manipolare l’informazione, a destabilizzare la nazione e a lanciare appelli omicidi verso Chavez come hanno fatto RCTV e Globovisiòn nel maggio 2007. RSF da prova di una visione manichea: o i media sono contro Chavez o sono al suo servizio [23].
RSF afferma che “Hugo Chavez non si cura del diritto internazionale”. Tale accusa è completamente gratuita. In effetti RSF non è capace di citare un solo caso di violazione del diritto internazionale commesso dal governo bolivariano. L’organizzazione dichiara altresì che “numerosi ricorsi [di RCTV sono stati] accolti favorevolmente dalla [...] Corte interamericana dei diritti dell’uomo”. In realtà la Corte suddetta ha accettato di studiare un solo ricorso il 25 maggio 2007 e non si è ancora pronunciata al riguardo [24].
“Hugo Chavez vuole per il 2008 una riforma costituzionale che gli permetterà di essere rieletto indefinitamente”, segnala il rapporto, presentando tale volontà come un grave pericolo per la democrazia. RSF ha forse dimenticato che nella maggior parte dei paesi occidentali, tra cui la Francia, la rieliggibilità illimitata è una realtà costituzionale? Perché RSF si pronuncia su degli aspetti della politica interna mentre afferma di essere unicamente interessata dalla “libertà di stampa” e di essere “apolitica”? [25].
“Un controllo totale dello Stato, del governo, delle forze armate. Nessun avversario in Parlamento, avendo l’opposizione boicottato lo scrutinio elettorale del 2005. Un partito dominante, quasi unico. Ventidue governatori [su ventiquattro] completamente devoti. E ben presto una società civile praticamente sotto controllo”. Ecco le allarmistiche constatazioni di RSF. “Un partito dominante, quasi unico”, inveisce RSF quando esistono oltre una decina di partiti politici in Venezuela. Senza dubbio in Francia lo Stato, il governo e le forze armate sono controllati dall’opposizione. Quanto al Parlamento e alle cariche di governatore, RSF rimetterebbe in discussione la scelta democratica degli elettori venezuelani? E la società civile si limita forse all’opposizione sempre più marginale? O riguarda l’insieme della popolazione? Riprendendo la retorica dell’opposizione, che ha subito più di 10 sconfitte elettorali consecutive dal 1998, RSF pretende falsamente che Chavez controlli tutte le istituzioni del paese, allo scopo di fare passare il governo più democratico dell’America latina per un regime autoritario. De resto, queste considerazioni non hanno nulla a che vedere con la “libertà di stampa” [26].
L’organizzazione parigina se la prende anche con l’avvocato Eva Golinger. La sua colpa? Aver rivelato alla luce del sole i nomi di tutti i giornalisti venezuelani prezzolati dagli Stati Uniti con l’espediente dell’USAID [Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale, ndT] e dove “figura specificatamente il corrispondente di Reporters senza frontiere” come riconosce il rapporto redatto da Ménard [27].
RSF assicura analogamente che Chavez è consigliato da numerose personalità mondiali per la riforma costituzionale e cita, tra gli altri, l’argentino Norberto Ceresole. Il solo problema è che Ceresole è deceduto nel 2003 per infarto del miocardio. Questi grossolani errori materiali mostrano quanto poco credito meriti il rapporto [28].
RSF si è forgiata la sua opinione sulla realtà mediatica venezuelana dopo soli cinque giorni di presenza nel paese, “dal 24 al 28 maggio 2007”, e dopo essersi intrattenuta unicamente con giornalisti ed editori dell’opposizione. Il suo obiettivo di partenza era chiaro: trasformare una decisione amministrativa comune a tutti i paesi del mondo in un atto di censura e di attacco alla libertà di stampa. Come può l’organizzazione parigina pretendere di fare prova d’imparzialità e di serietà d’intenti mediante pratiche di tale genere? [29].
Come mai RSF non si è indignata di fronte al mancato rinnovo della concessione alla rete televisiva spagnola TV Laciana nel 2004, alla rete TV Catòlica nel 2005 e alla rete Tele-Asturias nel 2006? Perché RSF non si è mobilitata contro il mancato rinnovo della concessione allle reti britanniche One TV, Actioworld e StarDate TV 24 nel 2006, o di Look for Love 2 nel 2007? Perché Robert Ménard non è andato in Perù per indagare sulla chiusura di due reti televisive nel 2007, o nel Salvador quando il governo ha deciso di revocare la concessione alla rete Salvador Network nel 2003? Perché RSF è rimasta impassibile quando il Canada non ha proceduto al rinnovo della concessione alla rete Country Music Television (CMT) nel 1999? Perché RSF ha passato sotto silenzio la revoca della concessione alle reti statunitensi Daily Digest nel 1998 e FCC Yanks Trinity License nel 1999? [30].
Questa indignazione a geometria variabile dimostra chiaramente che il caso ordinario di RCTV non è che un pretesto per RSF allo scopo di stigmatizzare Hugo Chavez e continuare la guerra di disinformazione contro un governo democratico e popolare. Quanto alla libertà di espressione, chiunque abbia passato 24 ore in Venezuela non può non stupirsi del tono aspro e fanatico delle reti di opposizione nei confronti del governo. Affermare il contrario sarebbe uno straordinario atto di malafede.
Il vero ruolo di RSF non è quello difendere la libertà di stampa come pretende di fare, ma di promuovere gli interessi politici e finanziari degli organismi che la finanziano. Tra di essi si trova il governo degli Stati Uniti che annaffia generosamente l’organizzazione parigina con l’espediente della Fondazione nazionale per la democrazia [National Endowment for Democracy], organizzazione che il giornale più importante del mondo, il New York Times, definisce un paravento della CIA [31].
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da Matteo Bovis.
[1] Reporters sans frontières, “Fermeture de Radio Caracas Television: la consolidation d’une hégémonie médiatique”, 5 giugno 2007. www.rsf.org/img/doc/rapport_rctv_fr.doc (sito consultato il 6 giugno 2007)
[2] Ibid. ; Libro Blanco de RCTV, “Mitos y hechos sobre Radio Caracas Television”, Cuba Debate, 30 maggio 2007
[3] L’Express, “Chavez bâilonne la dernière chaîne d’opposition”, 29 maggio 2007
[4] Ibid
[5] Ibid
[6] “Opération manquée au Venezuela”, di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 18 maggio 2002.
[7] Ibid. Per le 652 infrazioni vedere Jean-Luc Mélanchon, “Où va la bonne conscience anti-chaviste”, 26 maggio 2007, www.jean-luc-melanchon.fr (sito consultato il 30 maggio 2007). Per il sabotaggio petrolifero vedere Agencia Bolivariana de Noticias, “No aceptaremos comportamientos antidemocraticos de la oposiciòn”, 3 novembre 2006.
[8] Lamia Oulalou, “Chavez bâilonne la télé d’opposition”, Le Figaro, 26 maggio 2007.
[9] Eva Golinger, El còdigo Chavez (La Havane: Editorial de Ciencias Sociales, 2005), p. 125.
[10] Bart Jones, “Hugo Chavez Versus RCTV”, Los Angeles Times, 30 maggio 2007.
[11] Reporters sans frontières, “Fermeture de Radio Caracas Television: la consolidation d’une hégémonie médiatique”, op. cit.
[12] Bart Jones, “Chavez As Castro? It’s Not That Simple In Venezuela”, Houston Chronicle, 7 febbraio 2007.
[13] Reporters sans frontières, “Un journaliste a été tué, trois autres on été blessés et cinq chaînes de télévision brièvement suspendues”, 12 aprile 2002. www.rsf.org/article.php3?id_article=1109 (sito consultato il 13 novembre 2006).
[14] Reporters sans frontières, “Fermeture de Radio Caracas Television: la consolidation d’une hégémonie médiatique”, op. cit.; Agencia Bolivariana de Noticias, “Hoy el pueblo demostrò que està mobilizado en apoyo a la revoluciòn”, 2 giugno 2007.
[15] Ibid
[16] Reporters sans frontières, “Fermeture de Radio Caracas Television: la consolidation d’une hégémonie médiatique”, op. cit.
[17] El Nuevo Herald, “Legisladores de EEUU y Europa condenan cierre de RCTV”, 25 maggio 2007
[18] Reporters sans frontières, “Fermeture de Radio Caracas Television: la consolidation d’une hégémonie médiatique”, op. cit
[19] Ibid. ; Telesur, “Informe RSF Cierre de Radio Caracas Television. La consolidatiòn de una mentira mediatica a través de 39 embustes”, 7 giugno 2007.
[20] Telesur, “Informe RSF Cierre de Radio Caracas Television. La consolidatiòn de una mentira mediatica a través de 39 embustes”, op. cit.
[21] Agencia Bolivariana de Noticias, “RCTV ha sido el canal màs sancionado en Venezuela”, 29 marzo 2007.
[22] Reporters sans frontières, “Fermeture de Radio Caracas Television: la consolidation d’une hégémonie médiatique”, op. cit.
[23] Ibid
[24] Ibid. ; Néstor Ikeda, “CIDH pide a Chavez proteger libertad de expresiòn”, Associated Press, 25 maggio 2007.
[25] Reporters sans frontières, “Fermeture de Radio Caracas Television: la consolidation d’une hégémonie médiatique”, op. cit.
[26] Ibid
[27] Ibid
[28] Ibid. ; Telesur, “Informe RSF Cierre de Radio Caracas Television. La consolidatiòn de una mentira mediatica a través de 39 embustes”, op. cit.
[29] Reporters sans frontières, “Fermeture de Radio Caracas Television: la consolidation d’une hégémonie médiatique”, op. cit
[30] Jean-Luc Mélanchon, “Où va la bonne conscience anti-chaviste”, op. cit.
[31] Robert Ménard, “Forum de discussion avec Robert Ménard”, Le Nouvel Observateur, 18 aprile 2005. www.nouvelobs.com/forum/archives/fo...(sito consultato il 22 aprile 2005); John M. Broder, “Political Medding by Outsiders: Not New for U.S.”, The New York Times, 31 marzo 1997, p.1.
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