I 370 membri del Comitato centrale del Partito comunista cinese hanno tenuto la loro riunione annuale dal 15 al 18 ottobre 2011. Poco è filtrato sulle discussioni, se non l’enfasi sulla guerra culturale avuta su iniziativa di Li Changchun.

 "Sicurezza Culturale"
La Cina è ormai pronta a proteggersi dall’americanizzazione facendo leva sulla sua storia millenaria, la propria diversità culturale e le nuove tecnologie (oltre 500 milioni di utenti Internet e 200 milioni di blogger). "La rinascita della nazione cinese deve essere accompagnata dalla prosperità culturale della nazione. Il PCC deve unire e guidare il popolo cinese di tutti i gruppi etnici, nella loro ricerca di completamento culturale in piena fiducia", dice la direttiva adottata.
 "Potenza culturale"
Pechino ha anche aumentato le sue esportazioni culturali per respingere l’egemonia degli Stati Uniti. La sua industria cinematografica, che si è ampliata notevolmente in nove anni, fino al punto di raggiungere un fatturato di 1,5 miliardi all’anno, dovrebbe esserne la punta di diamante.

La nuova dottrina della guerra culturale è il risultato del lavoro del professor Wang Yuechuan della Peking University (autore di Globalizzazione e cultura cinese e de Il Grande respiro cinese).

Secondo le nostre informazioni, il Comitato ha anche discusso del primo veto cinese al Consiglio di Sicurezza. Si sarebbe deciso di investire pesantemente sul Medio Oriente, sia per far valere gli interessi della Cina che per per controbilanciare l’influenza degli Stati Uniti.

Questo incontro è stato anche l’occasione per avviare la campagna elettorale alla fine del 2012 dei 25 membri del Politburo. Elezione tanto più importante poiché sette posti su nove del Comitato permanente dell’Ufficio politico saranno rinnovati.

Traduzione di Alessandro Lattanzio