Con il trascorrere degli anni la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco è diventata il più importante convegno a livello mondiale sul tema. Istituita nella cornice della Guerra Fredda da un nobile ultra-conservatore nonché eroe della Resistenza contro il nazismo, Ewald-Heinrich von Kleist-Schmenzin, l’MSC è da sempre orientata in senso atlantista e anti-comunista. Cionondimeno l’evento continua a essere un’iniziativa tedesca, non statunitense.

Quando fu fondata, nel 1963, vi parteciparono una sessantina di personalità, tra cui Henry Kissinger, allora semplice spia e universitario, e Helmut Schmidt, all’epoca semplice deputato federale. Dal 2009, per impulso del nuovo presidente, il diplomatico Wolfgang Ischinger, la conferenza non è più semplicemente un seminario strategico tedesco-statunitense, e nemmeno un forum europeo, bensì un avvenimento mondiale in materia di Relazioni Internazionali e Difesa.

La Conferenza 2018

L’edizione 2018 ha riunito 682 alte personalità, tra cui una trentina di capi di Stato e di governo, una quarantina di ministri degli Esteri, un’altra quarantina di ministri della Difesa e quasi tutti i titolari dei servizi segreti occidentali, senza contare direttori di think tank e di ONG umanitarie atlantiche, e giornalisti benpensanti [1]. A margine della conferenza, da tre anni si tiene, con molta discrezione, un vertice dei servizi segreti.

Un siffatto alto livello, senza precedenti, si spiega con l’attuale disordine internazionale. È sotto gli occhi di tutti che il sistema unipolare, imposto dagli Stati Uniti dal 1995, non è più in essere. Tuttavia, nessuno sa con certezza cosa seguirà.

Dell’avvenimento la stampa ha colto lo show puerile di Benjamin Netanyahu, una frase di uno e una dell’altro, nulla più. Le vere sfide erano altrove.

Un’affermazione della Germania come potenza militare è ora possibile?

La potenza ospitante, ossia tedeschi a titolo privato e non lo Stato federale, avrebbe voluto utilizzare i partecipanti per portare avanti i propri obiettivi. Un documento distribuito all’ingresso esordiva con due articoli. Quello di sinistra, firmato dal ministro degli Esteri, Sigmar Gabriel, riportava quanto segue: «Non è imprudente e nemmeno anti-americano immaginare un’Europa senza gli Stati Uniti» [2]. Quello di destra, redatto dalla giurista Constanze Stelzenmüller, faceva un’analisi delle divergenze tra il presidente Trump e i suoi principali consiglieri, concludendo col mettere in guardia sui possibili sviluppi [3].

Appena prima della paralisi per assenza di maggioranza parlamentare, il governo federale tedesco stava riflettendo sull’eventualità d’investimenti massicci nelle forze armate e sulla possibilità di assumere il controllo dell’insieme degli eserciti europei, incluso quello francese [4]. Obiettivo: sfruttare il momento di crisi degli Stati Uniti, utilizzando l’Unione Europea per affermare la potenza economica tedesca sul piano politico. Ma, come fare a meno, dopo Brexit, del potente esercito britannico? Come gestire la forza nucleare francese? Quale margine di manovra gli Stati Uniti potrebbero essere disposti a concedere alla Germania?

Il primo ministro britannico, Theresa May, ha risposto che il Regno Unito intende negoziare, dopo che sarà uscito dall’Unione Europea, un Trattato di Difesa; il che rinvia la Germania alla visione che Winston Churchill aveva della difesa europea: l’Unione Europa deve mantenere la stabilità nell’Occidente europeo, Londra sarà sempre un solido alleato, ma sarà il governo di Sua Maestà a fissare gli obiettivi, non certo Berlino o Parigi.

Il primo ministro francese, Édouard Philippe, ha tessuto le lodi dell’Europa della Difesa e affermato che nel 2025 la Francia destinerà il 2% del PIL alle spese militari. Mettendo a frutto l’eccellente capacità comunicativa del presidente Emmanuel Macron, Philippe ha dichiarato che la Francia sosterrà le ambizioni tedesche, astenendosi tuttavia dal fornire una risposta alla questione concreta della forza nucleare. Quindi nessun passo avanti: il tandem Macron-Philippe si compiace per il nuovo meccanismo di concertazione europea in tema d’industria della Difesa (Permanent Structured Cooperation, PESCO), ma ha firmato impegni concreti solo con Londra.

La gigantesca delegazione statunitense si è comportata come già aveva suggerito il documento preparatorio: Washington riconosce la grande importanza degli alleati per rafforzare la propria credibilità. Come dire che l’affermazione della potenza militare tedesca sarà possibile solo se tenuta al guinzaglio dal Pentagono.

L’Ucraina e la Crimea

Mentre la Germania ha votato le sanzioni europee contro la Russia, i membri dell’MSC non hanno rimesso in questione la riunificazione della Crimea con la Russia. Non si appoggiano all’esempio della riunificazione tedesca, che non è stata fatta a danno di un altro Stato, bensì alla propria iniziativa di riconoscere l’indipendenza di Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina contro la volontà della Federazione Jugoslava (l’attuale Serbia) [5]. Analizzano la crisi ucraina in termini di tettonica a placche. Secondo loro, le forze che lì si sono affrontate per una ventina d’anni hanno portato al divorzio. Perciò, il problema del Donbass è la delimitazione delle placche. La risposta varia a seconda se si consideri la storia del lungo o del breve periodo.

Comunque sia, l’MSC considera gli accordi di Minsk l’unica possibilità per conseguire la pace; tuttavia, poiché il testo è particolarmente approssimativo, non li interpreta allo stesso modo di Mosca.

I tedeschi sono stati sorpresi dalla proposta del presidente Vladimir Putin di dispiegare una forza delle Nazioni Unite per stabilizzare il Donbass. Loro la intendono incaricata di far rispettare l’ordine di Kiev, dunque di disarmare la regione, mentre nel frattempo il governo ucraino potrebbe prepararsi a un nuovo scontro. Con ogni evidenza il punto di vista tedesco diverge da quello russo.

A Monaco era presente una decina di personalità ucraine, fra le quali il presidente Petro Poroschenko e i suoi alleati, come il ministro degli Esteri Pavlo Klimkin (ex ambasciatore a Berlino) o il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko (ex campione del mondo di boxe, pesi massimi WBO & WBC, “eroe” del Maidan). E anche leader economici come Natalie Jaresco (ex dipendente del dipartimento di Stato USA, insediata da Washington come ministro delle Finanze) o il padrone di Naftogaz, Andriy Kobolyev, e gli oligarchi Viktor Pinchuk e Sherhiy Taruta. Ma, avendo poca fiducia nel gruppo ora al potere, l’MSC aveva anche invitato Yulia Timoschenko, i deputati Mustafa Nayyem (che ha dato inizio al Maïdan) e Svitlana Zalishchuk (US National Endowment for Democracy).

In una sala separata, lontano da sguardi indiscreti, i rappresentanti di Francia, Germania, Unione Europea e Russia hanno incontrato quelli di Ucraina. Niente di concreto e soprattutto che a nessuno venga l’idea di schierare i Caschi Blu.

Il Medio Oriente visto da Berlino

La Germania si è investita in modo cospicuo nel progetto USA per il Medio Oriente (strategia di distruzione di società e Stati, concepita dall’ammiraglio Arthur Cebrowski [6]), ma poco nel progetto statunitense-britannico delle “primavere arabe”. Dai tempi della Guerra fredda ospita e sostiene diversi quartieri-generali dei Fratelli Mussulmani, fra cui quello dei siriani ad Aquisgrana. Ha preso parte all’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafic Hariri [7]. Nel 2012 ha co-redatto il piano Feltman di capitolazione totale e incondizionata della Siria [8]. Attualmente, Volker Perthes, direttore della Stiftung Wissenschaft und Politik, think tank statale, è consigliere all’ONU di Jeffrey Feltman.

Da diversi anni i documenti interni del Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) sono, per quanto riguarda il governo tedesco, il copia-incolla delle note di Volker Perthes.

Volker Perthes ovviamente era a Monaco [9], insieme a Feltman e ai loro amici, Lakdhar Brahimi, Ramzi Ramzi, Staffan de Mistura, i generali Petraeus (il fondo KKP era rappresentato da Christian Ollig) e John Allen (Brookings Institution), e anche Nasser al-Hariri, presidente dell’Alta Autorità per i negoziati (opposizione siriana pro-saudita), Raed al-Saleh, direttore dei Caschi Bianchi (Al Qaeda) e i loro sponsor del Qatar, tra cui l’emiro Thamim.

In un articolo del documento preparatorio della Conferenza [10], Volker Perthes asserisce che l’equilibrio del Medio Oriente si è ormai rotto, ragionando però su quel che vorrebbe, non su quel che vede. Afferma che il governo di Damasco è sfinito dalla guerra, mentre invece è appena riuscito a tendere una sapiente trappola agli israeliani distruggendo un loro aereo. Valuta la rivalità saudita-iraniana partendo dal presupposto che Riad sia in posizione di forza, invece all’estero si sta organizzando il contro-golpe di Palazzo. Immagina che gli Emirati Arabi aiuteranno l’Arabia Saudita contro Teheran, quando invece sono riusciti a imporre a Riad la spartizione dello Yemen e traggono la ricchezza di Dubai dall’embargo contro l’Iran.

Agli errori di Volker Perthes sono seguiti quelli, volontari, dei tre padroni dei servizi segreti, Bruno Khal del BND tedesco, Alex Younger dell’MI6 britannico e Bernard Émié della DGSE francese, i quali in una sala separata, davanti a un pubblico selezionato per dabbenaggine, hanno esposto le loro preoccupazioni per l’operazione turca in Siria. I tre uomini hanno finto di credere che i combattenti dello YPG siano i migliori baluardi contro Daesh, quando invece avrebbero dovuto formare, insieme a ex membri di Daesh, la Forza di Sicurezza delle Frontiere e mentre, questa settimana, diversi ufficiali jihadisti sono stati arrestati dall’esercito arabo siriano quando stavano raggiungendo Afrin, mescolati a combattenti kurdi [11]. Certamente fa parte del mestiere di questi tre capi-spia distinguere tra coloro ai quali occorre dire la verità e coloro cui occorre mentire. Proseguendo nello slancio argomentativo, approfittando dell’assenza in sala del segretario statunitense della Difesa, Jim Mattis, che solo pochi giorni prima aveva dichiarato l’assenza di prove [12], hanno lasciato intendere che l’esercito arabo siriano utilizza armi chimiche.

In conclusione, prima di un massiccio riarmo, la Germania dovrebbe scegliersi con più cura i propri analisti di politica estera.

Traduzione
Rachele Marmetti

[2“Power boost. The EU must win the conflicts of the future”, Sigmar Gabriel, Security Times, February 2018.

[3“Power outage. "America first" means America alone”, Constanze Stelzenmüller, Security Times, February 2018.

[4« Ambitionierte Rahmennation : Deutschland in der Nato », Rainer L. Glatz, Martin Zapfe, SWP-Aktuell #62, août 2017.

[5“Chain of secession”, Andreas Zumach, Security Times, February 2018.

[6The Pentagon’s New Map, Thomas P. M. Barnett, Putnam Publishing Group, 2004. “Gli Stati Uniti e il loro progetto militare mondiale”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 24 agosto 2017.

[7Rivelazioni sull’assassinio di Rafiq Hariri”, di Thierry Meyssan, Оdnako (Russia) , Rete Voltaire, 29 novembre 2010.

[8La Germania e l’ONU contro la Siria”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Al-Watan (Siria) , Rete Voltaire, 28 gennaio 2016.

[9Sugli interventi di Volker Perthes alla Conferenza 2017, si legga : «Il traviamento della Conferenza di Monaco sulla sicurezza», di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 23 febbraio 2017, traduzione di Matzu Yagi.

[10“Bismarck would blush. The political geometry of the Middle East has been redrawn in the last year”, Volker Perthes, Security Times, February 2018.

[11Lo YPG e le autorità siriani hanno concluso un accordo. I combattenti kurdi sono stati autorizzati ad attraversare le zone controllate dall’esercito arabo siriano per ricongiungersi ai loro “fratelli” ad Afrin e lottare contro l’esercito turco. L’accordo però vale solo per gli anarchici kurdi, non per gli jihadisti stranieri.

[12Jim Mattis contesta le “Fake News” di Israele e NATO”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 14 febbraio 2018.